Lama Martina-Cupa acqua pubblica? Risposta negativa, se si legge con superficialità il Regio Decreto del 15 maggio 1902 (Elenco delle acque pubbliche della Provincia di Bari): al numero d’ordine 32 compare la formula «Lama Marcianise e La Lama». Cosa dovrebbe indicare la denominazione «La Lama»? Secondo alcuni, ancora Lama Marcinase, considerando la seconda dicitura «Lama Marcinase o La Lama». Dunque, Lama Martina-Cupa, esclusa dall’elenco, non sarebbe tutelata da una serie di leggi, come l’art.142 del Codice dei Beni Culturali (D.Lgs. n.42/04) secondo cui sono aree d’interesse paesaggistico (escluse dell’edificazione) «i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna». Questo avrebbe favorito il dissequestro di alcuni immobili sequestrati dalla Procura di Trani nel corso dell’operazione “Mani sulla città” del 23 giugno 2011. Esaminando, invece, con attenzione la toponomastica locale e il corpus normativo di riferimento si scopre che Lama Martina-Cupa è proprio «La Lama». Per questo motivo, Quindici ha intervistato il dott. Guglielmo Facchini, medico ricercatore e portavoce dei proprietari dei suoli attraversati dalle lame ad alta pericolosità idraulica del Comune di Molfetta. Dott. Facchini, di recente sono stati dissequestrati alcuni immobili sequestrati nell’operazione “Mani sulla città”. A quanto pare, il dissequestro sarebbe stato favorito dalla presunta non inclusione di Lama Martina- Cupa nell’elenco delle acque pubbliche. «Assolutamente errato. Lama Martina o Cupa o La Lama è riportata negli elenchi delle acque pubbliche sin dagli inizi dell’Ottocento, anche con altre denominazioni. Oltre che nell’Elenco delle acque pubbliche, è indicata come acqua pubblica in tutte le cartografie borboniche e del Regno d’Italia. Con Lama Marcianise e La Lama, che è poi Lama Cupa, tra le acque pubbliche era anche segnalata Lama Le Sedelle, poi derubricata». Il riferimento normativo è il Regio Decreto del 15 maggio 1902, in cui compaiono due diciture: «Lama Marcianise e La Lama» e «Lama Marcinase o La Lama». Come interpretare questa differenza? «Al numero d’ordine 32 del Regio Decreto del 15 maggio 1902, che deriva da Regi Decreti precedenti e da cui derivano l’elenco delle acque pubbliche e le leggi successive, si legge appunto “Lama Marcianise e La Lama”. La Lama, nella toponomastica molfettese, indicava Lama Martina-Cupa che lungo il suo corso ha diverse denominazioni, come Lama Puttana per indicarne la pericolosità. Inoltre, nella cartografia araba le coste di Molfetta sono disegnate con una serie di approdi ben marcati, tra cui la Prima Cala che è la foce di Lama Martina-Cupa. Stessa cosa per le cartografie italiane del secondo Ottocento, che confermavano come detto quelle del Regno di Napoli. Per quanto concerne la dicitura “Lama Marcinase o La Lama” è molto probabile che nelle trasmissioni dal Ministero dei Lavori Pubblici alle tipografie locali per la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia ci sia stato un errore materiale di battitura». Dott. Facchini, il corpus normativo in vigore non si riduce solo a questo regio decreto. «Certamente. Bisogna considerarlo in toto, con i suoi 29 regi decreti, decreti ministeriali della Repubblica Italiana, decreti del Consiglio dei Ministri, decreti leggi della Repubblica o semplicemente leggi emanate ultimamente. Lo stesso elenco delle acque pubbliche è stato ripubblicato nel 1962 e nel 2003, con la dicitura “Lama Marcianise e La Lama”. Quest’ultimo pone come limite paesaggistico il divieto assoluto di edificare a 160 metri dall’alveo, ossia dall’asta fluviale, perché non si può costruire a 150 metri, tra i 150 e i 154 si possono effettuare solo scavi. Inoltre, a 160 metri si può edificare se le ripe delle lame sono ben definite. Il limite sale a ben 300 metri se le ripe sono a rimodellamento attivo o a rapido rimodellamento attivo, situazione tipica di alcuni tratti dell’alveo di diverse lame molfettesi, tra cui la Scorbeto, dove, per disgrazia, si vuole imprudentemente edificare il Pip3. Il Regio Decreto del 21 marzo 1929 e la Legge ministeriale del 27 ottobre 1976 riportano anche i due elenchi suppletivi per le acque pubbliche della Provincia di Bari, in cui non sono citate Lama Martina-Cupa e Lama Marcinase, solo perché riportate nell’elenco principale, altrimenti i due elenchi non sarebbero stati suppletivi. Del resto, le interrogazioni parlamentari al presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro del Tesoro e dei Lavori Pubblici per le inondazioni del 1956 che provocarono a Molfetta ingenti danni materiali e numerose vittime, tragedia che potrebbe anche ripetersi, hanno portato alla stesura e all’approvazione nel luglio 1957 del D.M. n.2583 per la sistemazione dei corsi d’acqua e delle acque pubbliche, in cui compare la dicitura Lama Cupa e Lama Marcinase. Dunque, quando l’amministrazione e il sindaco Antonio Azzollini affermano che tutto è un errore giudiziario, dicono solo delle bugie. La stessa operazione “Mani sulla città”, non riguarda solo questo aspetto controverso e poco chiaro, sopratutto per quelli che sono in malafede». E se non si riuscisse a dimostrare l’inclusione della lama nell’elenco? «Difficile che non si riesca. Nel caso resterebbe il rischio idraulico per quelle abitazioni collocate nelle aree a differente pericolosità idraulica, secondo quanto fissato dalla perimetrazione Piano di Assetto Idro-geologico del 2009, redatto dall’Autorità di Bacino e contestato dal Comune di Molfetta. A queste si aggiungono gli immobili situati nella fascia di rispetto di 75 metri dall’asta fluviale, prevista dalla legge, che perimetra in alcuni punti aree diverse da quelle del Pai, in cui è assolutamente proibito edificare anche in assenza di pericolosità idraulica. Lo stesso accadrebbe anche se volessimo ritenere valide le perimetrazioni dei professori Giugni e Giustolisi, consulenti del Comune e del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, secondo cui nelle lame di Molfetta scorre l’acqua, a differenza di quanto affermato dall’amministrazione e da Azzollini». Un’altra questione irrisolta è quella degli affluenti delle lame, in particolare di Lama Marcinase. Infatti, secondo il Comune di Molfetta questi non dovrebbero essere considerati acque pubbliche. Cosa si legge nella normativa vigente a riguardo? «Il Regio Decreto n.523 del 25 luglio 1904 agli articoli 93 e 94 definisce acque pubbliche tutti gli affluenti di un corso d’ acqua pubblica e non solo l’asta principale, come ha ritenuto erroneamente la Regione Puglia che considera acqua pubblica solo l’asta principale fluviale. Nello stesso compare la dicitura “Lama Marcinase e La Lama” e, nel paragrafo in cui è specificato che tratto si deve ritenere acqua pubblica, si legge “tutto il suo percorso, ossia compresi tutti gli affluenti come specificato dai citati articoli del testo legge”. Nel caso di Molfetta sono da considerarsi acque pubbliche a norma di legge in vigore tutti gli affluenti di Lama Martina-Cupa e quelli di Lama Marcinase, dunque Scorbeto, Savorello o Vincenza e dell’Aglio, entro la cui fascia di rispetto e dentro l’alveo stesso l’amministrazione comunale ha costruito numerosi immobili ed edifici industriali. La stessa Basilica della Madonna dei Martiri si trova sulla foce di Lama Pulo che, non inclusa negli elenchi delle acque pubbliche, benché piccola e insignificante, è pericolosa come tutte le lame. Ad esempio, la pavimentazione a piano terra della palazzina più vicina a questa lama, di fronte la Basilica, è sprofondata più di una volta da quando è stata edificata». Per quanto concerne il rischio idrogeologico, quasi mai si parla delle lame edificate Le Sedelle e Scotella. La prima attraversa tutta la periferia della vecchia 167, scorre sotto via Corrado Salvemini e sfocia alla Secca dei Pali. La seconda è individuata dall’ospedale fino alla Banchina san Domenico e i piani terra delle palazzine edificate lungo il suo percorso si allagano quando piove. «Lama Sedelle è stata perimetrata dall’Autorità di Bacino, ma, essendo edificata, rientra tra le competenze della protezione civile. Il Comune di Molfetta, che continua a pavoneggiarsi di essere il migliore di tutta Italia, non ha nemmeno un piano di protezione civile idoneo alla situazione vigente. Infatti, si basa ancora sul vecchio Pai e sulla perimetrazione del Giustolisi che appare del tutto insufficiente, se non addirittura assurda, rispetto alla situazione reale che si rende manifesta puntualmente in caso di pioggia zenitale mostrando la sua estrema pericolosità, come ha fatto due estati or sono. Figurarsi cosa accadrebbe se arrivasse acqua dall’interno». La costruzione del cosiddetto “canalone” sul Gurgo, l’opera di mitigazione idraulica programmata dal Comune di Molfetta, quanto può influire sul rischio idrogeologico? Secondo lei, migliora o peggiora la situazione? «Accentua il rischio, perché la dolina del Gurgo è insufficiente a contenere l’onda di piena. Una volta riempita la dolina, l’acqua sarebbe indirizzata verso l’abitato. Inoltre, la declassificazione della dolina del Gurgo, funzionale alla costruzione del “canalone”, è illegittima perché violerebbe una serie di leggi europee, nazionali e regionali relative alle acque pubbliche e non solo. A questo punto, dott. Facchini, cosa sarebbe opportuno realizzare rispetto al progetto dagli ingegneri Eligio Romanazzi e Rocco Altomare se si volesse veramente fermare l’onda di piena? «Sarebbe necessario realizzare più di una diga di protezione a valle della dolina del Gurgo verso l’abitato, con delle aree che dovrebbero essere allagate dall’onda di piena una volta che la dolina si sia riempita. Inoltre, il canale del Gurgo progettato è privo di opere d’intercettazione delle acque ed effettua dei repentini cambi di direzione con angoli e gomiti. Non bisogna nemmeno dimenticare che il Gurgo è in comunicazione con altre sette doline del territorio urbano, di cui due edificate negli anni ’70. Nel caso in cui il Gurgo riprendesse la sua funzione idraulica, sarebbe coinvolto in primis il Pulo, area protetta come lo stesso Gurgo, ma poi anche le altre doline e, quindi, il possibile crollo delle palazzine qui incautamente edificate». La Procura di Trani, che conduce l’inchiesta “Mani sulla città”, ha programmato delle procedure per la protezione delle aree a rischio idrogeologico, ma edificate? «La Procura di Trani, da quanto si è potuto apprendere durante la conferenza stampa del 23 giugno 2011, si è attivata per realizzare vere ed efficaci opere di protezione e di regimentazione su tutto l’agro molfettese, differenti da quelle proposte dal Consorzio Asi per la zona industriale e dal Comune di Molfetta per la zona artigianale. Entrambe appaiono insufficienti a differenza della progettazione della Procura di Trani, perché lasciano Lama Marcinase senza alcuna opera di mitigazione del rischio, con tutte le costruzioni realizzate dall’amministrazione Azzollini e dalle precedenti nel suo alveo e nelle sue ripe e in quelle dei suoi affluenti. Quante persone moriranno in caso di piena? Ma per Azzollini e per il consorzio ASI è più importante la speculazione edilizia ed economica, che non la tutela della vita dei cittadini e del paesaggio». Ma è vero che l’AdB ha approvato il progetto del Comune, come vorrebbe far credere l’amministrazione Azzollini? «L’AdB non ha approvato il progetto del Comune, considerato insufficiente, approssimativo e superficiale. Gli ingegneri idraulici e i geologi ingaggiati per la progettazione di Città della Scienza “San Corrado di Baviera” sono giunti alle medesime conclusioni dell’AdB. L’AdB ha richiesto delle opere aggiuntive, come le dighe di protezione a valle della dolina per evitare che l’acqua devi verso l’abitato, la correzione dei gomiti del percorso del canale, l’individuazione delle aree da allagare, la realizzazione delle vasche di compensazione per intercettare le acque all’altezza dello sbarramento, e così via. Ma per ora il Comune non ha fatto assolutamente niente. Inoltre, di fronte alle violazioni di leggi paesaggistiche e non solo, l’AdB ha inoltrato al Comune di Molfetta più di un documento in cui afferma, oltre all’incompetenza idraulica che mostra nel suo insieme progettuale l’opera da realizzare, di tenersi ben al di fuori ed alla larga dalle diverse violazioni di legge che quella attuazione progettuale concretizza, declinando qualsiasi responsabilità in merito».