Lama Martina salviamola dalla riqualificazione selvaggia voluta dal Comune
È un bene comune che solo la partecipazione può valorizzare
Domenica 25 giugno ho partecipato ad un interessante dibattito a Lama Martina, nell’ambito della Fiera delle Autoproduzioni, su “Quale futuro per lama Martina? Corridoio ecologico o speculazione edilizia?”. Il dibattito, assai interessante e partecipato non solo da singoli cittadini ma anche da numerose formazioni collettive, ha sollevato alcune preoccupazioni rispetto al futuro di lama Martina, che è interessata da un progetto di riqualificazione approvato in consiglio comunale lo scorso 8 giugno. Il progetto, che sarà finanziato coi fondi del Pnrr per un ammontare di circa 4 milioni di euro, non è stato pubblicato sull’Albo pretorio, ma il vicesindaco e assessore ai lavori pubblici Nicola Piergiovanni, presente all’incontro, ha assicurato che esso sarà inserito a breve sul sito del Comune. La maggior parte delle preoccupazioni riguardava il modello di riqualificazione contenuto nel progetto, che sembrerebbe aderire all’idea del parco urbano (sulla falsariga, per intenderci, del Parco Baden Powell). La lama costituisce un’oasi naturalistica da preservare. L’eccessiva antropizzazione ha già minacciato, negli ultimi anni, le specificità faunistiche e floreali presenti, dunque secondo molti un modello naturalistico di parco sarebbe stato maggiormente aderente alla particolarità del luogo. Oltretutto, trattandosi di una lama, esso rappresenta il percorso naturale di un alveo fluviale che durante eventi metereologici di notevole intensità convoglia le acque del bacino ad essa afferente verso il mare. Difatti il territorio oggetto di riqualificazione, ad oggi, risulta perimetrato secondo il PAI (Piano di Assetto Idrogeologico) come area ad Alta Pericolosità Idraulica, e interventi di questo tipo stimolerebbero la fruizione della lama aumentandone il rischio. Ciò su cui mi interessa qui soffermarmi è, in ogni caso, il valore politico della vicenda. Da più parti è stata invocata una maggiore partecipazione della comunità alle decisioni politiche che investono un luogo di valore ambientale e sociale così elevato. Alcune realtà locali (Legambiente, WWF, LIPU, Archeoclub, Università popolare, Centro Studi Molfettesi, Melphicta Kalipè, Magna Grecia e Comitato di quartiere Madonna della Rosa) hanno anche presentato delle note al Comune e alla Città metropolitana di Bari, suggerendo di considerare alcune particolarità ambientali della lama. Piergiovanni ha assicurato che il coinvolgimento della cittadinanza avverrà quando il progetto entrerà nella fase esecutiva. Eppure, è forse il caso di ricordare la missione in cui si inserisce il progetto: la missione 5 su coesione e inclusione. Nello specifico, il finanziamento avverrà grazie all’investimento sui piani urbani integrati. Come è possibile leggere nel Pnrr, tale intervento è diretto alle periferie delle Città Metropolitane e prevede una pianificazione urbanistica partecipata, con l’obiettivo di trasformare territori vulnerabili in città sostenibili. Al fine di favorire la partecipazione della comunità, il Pnrr dice che gli interventi potranno avvenire in co-progettazione con il Terzo settore. La co-progettazione è un istituto partecipativo introdotto nel 2017, con il nuovo Codice del Terzo settore, che prevede la possibilità per pubbliche amministrazioni e Terzo settore di collaborare alla realizzazione di progetti e interventi di interesse generale. Tale istituto, insieme a quello della co-programmazione, descrive un canale di “amministrazione condivisa”, come definito dalla Corte Costituzionale, alternativo ai procedimenti competitivi. Si tratta di una delle tante possibilità che le amministrazioni hanno per coinvolgere i cittadini nelle decisioni. Si tratta di procedure fondamentali soprattutto per quegli interventi che coinvolgono interessi diffusi e collettivi, per i quali si rende necessario applicare logiche di tipo collaborativo, finalizzare alla cura e alla gestione del bene comune. Queste procedure avrebbero potuto forse essere attivate sin dalla fase progettuale che ha interessato l ripensamento di Lama Martina, in modo da rendere la comunità parte attiva di questo processo. Sarebbe stato, tra l’altro, un modo per sottrarre Lama Martina all’uso privatistico che alcuni abitanti continuano a fare del luogo da anni, per rimetterlo alla discussione pubblica. Se la Lama è un bene comune, che va valorizzato in modo da renderlo una parte fondamentale del tessuto comunitario – in linea con gli obiettivi della missione 5 del Pnrr – esso non può che essere al centro di un processo collettivo in cui la città venga chiamata ad esprimersi sulle modalità migliori per garantire questa valorizzazione. Tutto ciò a partire, ovviamente, dalle indicazioni scientifiche provenienti dagli enti deputati alla tutela dell’ambiente e del territorio. È in questo passaggio, però, che era necessaria una visione politica, che partisse dall’idea della lama come bene comune per poter dare seguito ad un processo di decisione partecipativo, aperto alle associazioni, al Terzo settore, alle formazioni collettive e alla cittadinanza attiva. Questa visione è mancata, e l’iter del progetto è stato caratterizzato, piuttosto, da estrema opacità. Anche questa è una scelta politica, di cui bisogna assumersi la piena responsabilità. © Riproduzione riservata
Autore: Giacomo Pisani