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La scoperta archeologica del 1877: un'occasione mancata
15 novembre 2007

A Molfetta, quando vogliamo parlare di archeologia locale la nostra memoria fa subito riferimento alla stazione neolitica del Pulo, certamente la piu nota, la piu visibile e la piu ricca di reperti archeologici. Di altri siti archeologici locali, poco noti, per diversi motivi non si parla affatto se non in particolari ambienti culturali sensibili a tale argomento. In questa sede vogliamo ricordare una fortuita scoperta archeologica avvenuta nel nostro agro nel 1877. Seguiamo quellfavvenimento attraverso la lettera inviata a dicembre del 1877 dallfIspettore ai Monumenti di Molfetta, Vito Fontana, al Ministero della Pubblica Istruzione: Oggetti trovati dal sig. Giuseppe Attanasio in un suo fondo nel territorio di Molfetta. a tre chilometri circa allfoccidente di Molfetta vi e una contrada denominata Macchia di Bitonto forse dallfessere stata un tempo di proprieta dellfestinta famiglia molfettese de Bitonto. Tale contrada e pur chiamata Corcione dai nostri contadini, e siffatto nome volgare ne apprende che essa e il locus Curtionis menzionato in un apprezzo dei beni posseduti dai nobili di molfetta, compilato nei primi venticinque anni del XV secolo, e che si conserva nellfarchivio di questa citta. La maggior parte della detta contrada e composta da un fondo di ettare nove gia di proprieta di questo Seminario, ed ora della signora Maria Attanasio, alla quale fu assegnato in dote da suo padre, il sig. Giuseppe Attanasio che lfacquisto dal Demanio dello Stato, in seguito alle ultime leggi sui beni ecclesiastici. Il detto fondo e situato vicino la contrada San Chirico, ove un tempo sorgeva un casale omonimo che era tuttora in piedi nel 1152 come si ricava da un istrumento che si conserva nella canonica di S.Aniello di Napoli. Nel detto fondo a Macchia di Bitonto oltre non pochi ruderi di antiche costruzioni rurali, si osserva tuttora un piccolo fabbricato piuttosto conservato, che a me sembra sia stato anticamente una cappella. E sono di avviso che quel luogo fosse stato un antico villaggio detto Curtionis quasi magna curtis, a meno che non si voglia ritenere che fosse stata la curtis del limitrofo villaggio di S.Chirico. Nei primi giorni di novembre scorso il sig. Giuseppe Attanasio fece cavare varie fosse intorno al fabbricato che a me sembra sia stato una cappella, e cio per piantarvi alcuni olivi. In tale occasione fu discoperta una tomba a poca profondita dal suolo, chiusa da una pietra sepolcrale, era lunga circa tre metri, larga un metro e trenta centimetri ed alta undici centimetri. Nella tomba furono rinvenute non poche ossa, un anello, un paio di orecchini, una fi bula e quattro monete di argento. Queste ultime dai contadini furono vendute ad un orefi ce che sfortunatamente non pose tempo in mezzo a liquefarle. Onde non mi fu dato esaminarle. Invio al Ministero gli altri oggetti ritrovati, che indubbiamente appartennero ad una donna, accio possibilmente ne sia precisata lfepoca. La fi bula col relativo puntale e di rame ed e ben conservata, dove pero manca qualche pezzo I due orecchini non sono di argento, ma di zinco, come mi ha assicurato un orefi ce dopo il saggio fattene. Sono di quelli cui gli antichi nel latino barbaro davano il nome di circelli, dal greco ƒÈƒÇƒÏƒÈƒÃƒÉƒÉƒÇƒ¿, e che poscia in italiano furono detti cerchioni. Lfanello e di rame, e sopra vi si vede decisa una croce con una lettera al termine di ciascuna delle aste. Intorno alle dette lettere che constato il chiarissimo sig. cav. Giovanni Jatta regio ispettore degli scavi e monumenti di antichita di Ruvo ed egli mi scrisse quanto appresso: sullfasta superiore si legge X, su quello a destra eI, sullfinferiore eI in quella a sinistra V, ove si formo lfimpronta in cera di dette lettere, facendo restare in alto la X, si avrebbe per la mutata posizione delle medesime bella e fatta la leggenda CRVX. Gli elementi X, eI, V sono certi e non ammettono dubbio; quello che poi abbia creduto un R minuscolo (r) darebbe luogo a sospettare non sia piuttosto qualche altra lettera. E invero potrebbe credersi ƒÉ (lambda greco), ne poi gli altri elementi si opporrebbero a lasciarsi interpretare per la ƒ° (sigma lunato cioe C) YƒÒ (ypsilon), e XƒÔ (chi): nel quale caso ogni lettera potrebbe essere considerata come lfiniziale di una parola. Sarebbe oltremodo diffi cile se mai cosi fosse, il pretendere dfinterpretare quelle iniziali a proposito delle quali saremmo fosse al caso di proporre soltanto delle congetture, tenendo lfanalogia degli anelli cristiani abbastanza noti, referenti la voce IXƒÆYƒ°, la quale si scioglie in ƒ§ƒÅƒÐƒÍƒÒ. ƒ´ƒÏƒÇƒÐƒÑƒÍ. ƒÆƒÃƒÍƒÒ ƒ²io. ƒ°ƒÖƒÑƒÅƒÏ. Tuttavia a me sembra piu sicuro il tenere per latine le lettere dellfanello, e senza scrupolo alcuno vi legge Crux. Codesto ministero meglio di chichessia potra decidere quale delle due interpretazioni sia da preferirsi. Quanto poi allfepoca degli oggetti rinvenuti, vi espressi al sig. cav. Jatta il sospetto che fossero del X od XI secolo. Egli mi rispose che nulla vieta a crederli di una data anche piu antica di quella da me indicata perche mancano di caratteri speciali, e per la stessa ragione niente si oppose ad assegnarli al X od XI secolo, come da me si sospettava senonche meglio considerando, trovo che potrebbe essere databili che gli oggetti ritrovati fossero di unfepoca posteriore. Le quattro monete di argento avrebbero tolto qualsiasi incertezza in proposito, ed e percio a lamentarsi la loro fusione senza che io le avessi viste. Mi gode per lfanimo pero di poter annunciare a codesto Ministero che il sig. Attanasio eseguira quanto prima degli scavi nel suo fondo a Macchia di Bitonto darmene preventivo avviso ed io mi auguro che le nostre ricerche ottengano buon esito, se non altro per le monete che potranno trovarvisi nelle tombe che vi sono nel suddetto fondo. Codesto ministero sara poi compiacendo di restituirmi a suo tempo gli oggetti che gli trasmetto con la lettera, e che gli perverranno raccomandati di uffi cio della Reale Prefettura di Bari (Biblioteca Comunale Molfetta, ms. 86, Notizie biografi che di Vito Fontana). Purtroppo il fortuito ritrovamento della suddetta tomba solo in parte puo essere utilizzato come contributo utile alla conoscenza delle nostre origini: per ignoranza e per ottenere un facile guadagno le monete ritrovate furono frettolosamente vendute e poi fuse. A distanza di anni prendiamo coscienza che quellfepisodio ci ha privato di un documento signifi cativo per la conoscenza della nostra storia locale. In compenso accontentiamoci di conoscere il luogo di tale ritrovamento. Tra le proprieta terriere del Seminario Vescovile di Molfetta fi gurava un fondo di 18 vigne in contrada Macchia di Bitonto. Nel Catasto terreni del 1825 ricadeva nella sezione V, lettera E, detta S. Leonardo al n. 529. Detto fondo fu riportato in pianta nella Platea del Seminario del 1824 al n. 41; nella stessa Platea e aggiunta una pianta a colori di epoca successiva con numerosi particolari2. Con le leggi eversive emanate dal nascente Regno dfItalia nel 1861, tutti i beni immobili degli enti ecclesiastici furono confi scati e venduti a privati. Aggiudicato a Giuseppe Attanasio nel 1870, il fondo fu da questi ceduto a titolo di dote alla fi glia Maria in occasione del matrimonio con lfavv. Pasquale Arnone di Trani; successivamente fu diviso fra diversi proprietari. Oggi ricade nel Foglio 23 del Catasto terreni di Molfetta comprendenti le particelle n. 93, 118, 123, 124, 125, 126, 151 e 160. (Archivio Diocesano Molfetta, Fondo Seminario Vescovile, Platea del Seminario Vescovile 1824, foglio sciolto; ACM, Catasto Terreni Molfetta 1825; Catasto Terreni Molfetta 1930). Per gentile concessione dellfArchivio Diocesano di Molfetta riportiamo la foto della pianta a colori del fondo in oggetto risalente alla meta del XIX sec., quindi ad alcuni decenni prima del rinvenimento della tomba. Notiamo che il fondo era diviso tra diversi affi ttuari e che allfinterno cferano alcune costruzioni prettamente rurali come pozzi, pagliai di diverse fogge e specchie.
Autore: Corrado Pappagallo
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