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La questione dei migranti
11 giugno 2015

Non è bombardando e affondando i barconi che si può sconfiggere i migranti. Affondare i barconi, oltre ad essere una soluzione poco praticabile è anche molto riduttiva. La disponibilità economica di chi organizza i migranti è molto solida. Affondare 10 o 100 gommoni, si potrebbe solo ritardare le partenze di qualche giorno, giusto il tempo di farne arrivare dei nuovi.

Così è per gli scafisti, tutti sono pronti a diventare scafisti. Chi gestisce i migranti ha anche buone capacità organizzative. Quanti sono i migranti e da dove vengono; questa è la domanda che devono porsi i responsabili prima di affrontarli. Le varie agenzie capaci di fornire dati attendili sulla migrazione, danno cifre da capogiro. Si parla di 300 milioni di migranti sparsi per il mondo, dunque è un problema mondiale che spetta all’ONU affrontare, cercando le soluzioni. Circa 30 mila “poveracci” e disperati, che ogni giorno lasciano i propri paesi con scenari di guerre fratricide di inaudita violenza, nella speranza di trovare condizioni di vita migliori. Con questi dati, come è possibile pensare di affrontare la marea di migranti, affondando i barconi.  Con i migranti bisogna pensare, nostro malgrado, di dover convivere a lungo.
Da dove partono i migranti, parliamo solo dei migranti che arrivano sulle nostre coste. I migranti arrivano dal Mali, Burundi, Angola, Liberia, Sudan, Uganda, Eritrea, Siria, Ruanda, Iraq e da tanti paesi ancora. Provengono da paesi che hanno patito la colonizzazione. Paesi sfruttati per secoli e dopo l’indipendenza, hanno conosciuto le guerre fratricide, lo sfruttamento selvaggio delle proprie risorse e governi retti da brutali dittatori. Il tutto sostenuto dalle armi provenienti dai paesi ricchi. L’Italia è al primo posto per la esportazione di armi leggere. Nessuno ha mai pensato seriamente di aiutare questi Paesi ridotti alla fame.
L’Unione Europea, per esempio, impone a questi poveri paesi africani gli EPA (Economic Partnership Agreement), obbligandoli a togliere i dazi, così da poter vendere meglio e bene i suoi prodotti agricoli. Una barbarie, perché così facendo, costringe i contadini africani a chiudere, non potendo competere con i prodotti europei. Invece di aiutarli li affamano. Altro fenomeno assurdo è quello del land grabbing, dove sempre i paesi ricchi, comprano terreni fertili a pochi soldi nei paesi poveri, per produrre derrate alimentari per i loro paesi. Altra forma di sfruttamento, Negli ultimi decenni, non sono stati pochi coloro che hanno previsto i possibili scenari che si sarebbero potuto sviluppare nei paesi poveri, dando anche delle possibili soluzioni. Non credo che i politici tutti, hanno dato ascolto a questi studiosi che, sapevano guardare lontano. Mi limito a citare il Demografo francese, Alfred Sauvy che vedeva per i popoli del terzo mondo il possibile sviluppo della migrazione, indicando come soluzione la diminuzione delle nascite e l’aumento delle produzioni. Niente, non è stato fatto niente.
Eppure non era difficile inviare milioni di profilatici e spiegare loro la procreazione sentita e sostenibile. Quasi nella stesso periodo, arrivava il famoso rapporto di Willy Brandt, premio Nobel per la pace nel 1971. Il rapporto appare valido anche oggi, visto le tante guerre che imperversano al Sud, senza toccare il Nord. Per Brandt la soluzione era la pace, la cooperazione, la riduzione della spesa militare, indicando anche come arrivare e i possibili costi. Willy Brandt sosteneva che, con il costo di un solo aereo supersonico si potevano aprire 40 mila farmacie nelle zone depresse; con la riduzione dello 0,5 % della spesa militare mondiale si potevano comprare tutte le attrezzature agricole per i paesi poveri, rendendoli autosufficienti; con la spesa di un solo giorno per mantenere gli apparati militari, si sarebbe potuto finanziare il programma mondiale della sanità, distruggendo la malaria e debellare per sempre l’oncocercosi e i tanti ciechi che produce.
Anche il rapporto Brandt è rimasto lettera morta.  Perché non si è mai fatto niente? Non è meglio riprenderlo e cercare tutti i modi possibili per attuarlo? Creando condizioni di vita migliori in quei paesi, non si ridurrebbero le partenze? Oggi i migranti chiedono il conto e cercano di arrivare nei paesi ricchi del Nord. La Repubblica del 21 aprile u.s. riportava la notizia che l’Italia non ha ancora consegnato le 4 motovedette libiche che ha riparato, per la situazione politica di divisione esistente in Libia. Questo paese ha assoluto bisogno di queste barche. Ne facevano espressa richiesta, gli stessi libici, responsabili del controllo delle coste. L’Italia deve riuscire a consegnare queste navi, indispensabili ai libici per controllare la loro costa. Non dimentichiamo che molti migranti partono proprio da Misurata, paese vicino a Tripoli. In quella area ancora oggi si intercettano migranti che, anche se a ranghi ridotti vengono rimpatriati. In questi giorni anche il governo di Bengasi sta bloccando i migranti, un segnale molto positivo!
L’Italia deve subito promuovere con la UE contatti credibili e fattibili con la Libia tutta, anche con la situazione precaria esistente. I migranti devono essere fermati in quelle zone. I nostri centri di raccolta sono ormai molto “inquinati” L’Italia e la UE devono contattare tutti i paesi africani che si affacciano sul mediterraneo, perché creino centri di raccolta, ovviamente idonei e controllati, per accogliere questa marea di bisognosi. Contattare anche i paesi di partenza dei migranti, cercando tutte le possibili soluzioni per scoraggiare le partenze. Sono tutti paesi a basso reddito, intorno ai due dollari al giorno e dunque, le soluzioni possono essere trovate. La soluzione adottata dall’Australia, che ha debellato l’arrivo dei migranti sul suo territorio, creando centri di raccolta e nei paesi di partenza e nei paesi confinanti, deve fare testo. La spesa è di circa 300 milioni di dollari per anno. Dobbiamo cercare di seguire l’esempio australiano, specie se la spesa viene ripartita tra l’Europa tutta e l’ONU.
La diplomazia può fare tutto, quando vuole. Trovare solo soluzioni diplomatiche, attraverso il dialogo e richieste di collaborazione.  Lasciamo le armi nei depositi. Le armi non hanno mai risolto i problemi, quasi sempre le hanno fatto proliferare.

Vitangelo Solimini
Cittadinanzattiva

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