La politica del grembiule
Non è il vuoto di potere che fa paura. È il vuoto di servizio.
Per la Chiesa, come per Cristo, regnare significa servire.
Ci sono tornate in mente queste parole di don
Tonino Bello, che risalgono al lontano 1988, che citiamo
a memoria, in occasione di due importanti circostanze:
l’elezione del nuovo Papa Francesco e l’anniversario dei
20 anni dalla morte del nostro amato e indimenticabile vescovo
profeta (al quale dedichiamo, in questo numero, un inserto di 16
pagine). Entrambi, a distanza 25 anni uno dall’altro, hanno messo
l’accento su questo ruolo del potere che sembra lontano anni
luce dalla concezione attuale, alimentata negli ultimi decenni dalla
ricerca del potere fine a se stesso e soprattutto fine a se stessi, come insegna
il nefasto ventennio berlusconiano in Italia e di riflesso azzolliniano
a Molfetta. La storia ci ha insegnato come, casualmente o volutamente,
la nostra città sia stata «laboratorio», ma forse il termine più esatto riferito
alla banalità e allo squallore del presente sarebbe: «imitatorio» politico.
In questi anni si è accentuato il personalismo nella politica ed è stato
esasperato il delirio di onnipotenza che ha avuto come protagonista
il sindaco-senatore-presidente berlusconiano Azzollini, il quale, alla faccia
del servizio, ha accentuato su di sé le cariche, per accrescere il proprio
potere personale ed economico, dimenticando la comunità da cui aveva
ottenuto quel potere, disattendendo tutte le promesse fatte nelle campagne
elettorali e riducendo la città a uno stato di macerie e di debiti dai
quali sarà arduo per il suo successore venire fuori. Per avere gioco facile e
non oppositori, Antonio Azzollini si è circondato di una corte dei miracoli
di bassa qualità. E lo ha fatto da ottimo allievo del suo maestro Silvio
Berlusconi che ha sempre parlato alla pancia di un popolo che ha meno
della licenza media, invitando i suoi vassalli a fare altrettanto. Forse qualcuno
dei servi, l’ha dimenticato. Per cui è bene rinfrescargli la memoria,
in modo che possa essere più ligio ai comandamenti di colui che crede
di essere il nuovo «messia» e lo fa credere al popolo bue, teledipendente
di basso livello culturale: «La media degli italiani è un ragazzo di seconda
media che nemmeno siede al primo banco. E’ a loro che devo parlare»
(Silvio Berlusconi, Corriere della Sera 10 dicembre 2004). Recentemente
il Cavaliere riferendosi al suo elettore, teledipendente medio, dopo anni
di ripetenze nella stessa classe lo ha promosso: «Magari, nel frattempo, ha
fatto qualche progresso negli ultimi tempi, è arrivato alla terza media». Ed è proprio dalla cultura che è necessario ripartire. “Quindici”, testata
scomoda anche per la sinistra, in questi anni, lo ha sempre
ripetuto e sottolineato, denunciando l’incultura incoraggiata dal
sindaco Azzollini e dal sistema, accanto ai guasti della gestione del centrodestra
che non si è fatto mancare nulla dagli scandali, agli arresti e perfino
a tragiche vicende che hanno sconvolto la città. Articoli e inchieste,
anche se in solitaria, ma libera e volontaristica scelta, hanno avuto come
unico obiettivo quello di servire la città e i molfettesi, per favorire quella
rinascita che tutti, opposizione compresa, auspicano da tempo, ma non
hanno avuto il coraggio di chiedere ad alta voce.
Intanto aleggia il rischio del voto di scambio, una consuetudine deteriore
a Molfetta, denunciata più volte da noi e oggi anche da un’efficace
campagna dell’Azione cattolica, che passa anche dall’arruolamento di
centinaia di rappresentati di lista a 50 euro l’uno. Una pratica miserabile
che specula sui bisogni della gente per fini elettorali e personali, acquistando
perfino la dignità dei giovani che si prestano per necessità. E c’è
chi ha pure il coraggio di difendere e giustificare questo andazzo.
Oggi il centrodestra si inventa il candidato fantasma Nicola Camporeale,
osteggiato fino all’ultimo dallo stesso senatore Azzollini perché da
lui non ritenuto adeguato all’incarico oppure non sufficientemente fedele
per essere considerato il suo delfino (o ad usum delphini?). E così il «buon
Ninnì» si è dovuto accontentare del suolo dell’eterno secondo che asseconda
i voleri del re sole, anche come presidente del consiglio comunale
che vieta perfino le riprese televisive, per non mostrare ai cittadini quello
che avviene in un’aula «ostaggio» del senatore azzurro. E qualche ipocrita
paladino della «libera informazione» oggi, arruolato nelle sue truppe,
volutamente dimentica quella vicenda: cosa non si fa pur di ottenere una
candidatura! E nel vuoto delle idee (altro che «straordinaria energia»), con una
campagna di comunicazione poco originale e mutuata da altri,
il candidato degli aerogami ruba proposte al centrosinistra, spacciandole
per proprie in un crescendo ipocrita facilmente smentibile se si
guarda alla gestione amministrativa
di questi anni. Camporeale, poi, fa
campagna elettorale arrivando addirittura
a pubblicare su Facebook,
il nuovo dio della comunicazione
politica dopo il successo di Grillo,
perfino i comunicati di Rifondazione
comunista e di Linea Diritta e,
udite, udite! addirittura gli articoli
di “Quindici”, testata non allineata,
messa al bando della comunicazione
di destra per ordine del senatore-
padrone. Tutto pur di dimostrare
la propria unità contro la divisione
della sinistra. Chi non ha argomenti, strumentalizza le divisioni altrui per
vegetare in attesa del risultato elettorale. Ma cosa ci si può aspettare da
chi non ha idee? Quali prospettive politiche, se non la continuità delle
gestioni fallimentari e deficitarie azzolliniane? Ignoranza e incapacità
al potere rischiano di diventare una miscela esplosiva per questa città, già
duramente provata dalla crisi.
Ma la campagna elettorale del centrodestra, pur di portare acqua al
proprio mulino ormai a secco, utilizza i social network per lanciare minacce
a piene mani contro avversari politici considerati nemici e stampa
non allineata, né prezzolata. Una scelta di uno squallore senza precedenti.
E questo sarebbe il nuovo? Più vecchio di così! Camporeale la sua stagione
l’ha consumata nell’eterno parcheggio e oggi è già superato come
tutti coloro che militano nelle seconde file, usurandosi nell’attesa. Un
invecchiamento politico al quale si contrappone la vera novità di questa
competizione: il candidato sindaco del centrosinistra Paola Natalicchio,
partita su invito di Pd, Sel e Movimento delle donne “Vorrei”, ma
ormai spinta da vento proprio, generato da un entusiasmo incredibile
di chi crede e vuole cambiare la propria città e il destino di tanti giovani
costretti ad emigrare per mancanza di lavoro. Paola sta dimostrando
anche capacità e competenza, discutendo dei problemi veri dei cittadini,
guadagnando consensi ogni giorno, a dispetto di quelli che avrebbero
potuto essere i suoi compagni di strada: Gianni Porta, candidato di Rifondazione
e Bepi Maralfa di Linea Diritta, ambedue malati di protagonismo
perdente, ottime persone, bravi professionisti, ma pessimi politici,
soprattutto quando cedono alla tentazione della permalosità. Chi si lancia
nell’agone politico deve accettare anche le critiche, il cosiddetto centralismo
democratico ha fatto il suo tempo. Occorre una nuova intelligenza creativa, approfittando del vuoto
del centrodestra. Per uscire dall’oscuro ventennio berlusconiano
e dal devastante decennio azzolliniano sarebbe utile al centrosinistra
aggregare un fronte del rinnovamento morale e politico.
E forse la rigenerazione passa dalla politica «del grembiule».
Autore: Felice De Sanctis