MOLFETTA - Ricusare nuovamente la speranza di unire il centrosinistra sarebbe un vero delitto. La proposta lanciata da Paola Natalicchio, candidata della coalizione PD, SEL e Movimento delle donne "Vorrei", se realizzata, potrebbe costruire quel corposo fronte politico per abbattere la satrapia azzolliniana. Per estirparne le radici, non serve la frammentazione, ma l’unità d’intenti, proposte e nomi.
È indispensabile che i tre candidati abbraccino quella sana umiltà politica che è quasi sempre mancata in questi mesi di campagna elettorale tra meline, discussioni sull’aria fritta, arroccamenti nelle lussuose torri d’avorio e veti incrociati. La proposta della Natalicchio dev’essere letta in questa direzione: è quel sano rimettersi in gioco per riunire il centrosinistra e indirizzare l’azione politica comunitaria verso il bene della città, eliminando gli interessi personali e di partito.
Non bisogna dimenticare che proprio le segreterie di partito e, in particolare, i pasdaran talebanati, che hanno da sempre confuso la militanza politica con il tifo da stadio stile ultras per il loro candidato, hanno condizionato gran parte della compagna elettorale svoltasi fino ad oggi, paralizzando le decisioni dei candidati la cui sfera nell’agire politico è pari a zero. Candidati che, invece, devono essere anche liberi di decidere e di incontrarsi con i propri interlocutori: se incatenati sin da ora dall’ultimo degli scalmanati, a che serve votarli?
Che cosa ambiscono a governare, se non sono capaci di guidare neanche gli “afecionados incazzados”? Come faranno questi signori a governare il futuro di una città complessa come Molfetta? Dovranno telefonare ogni mattina all’ultimo degli ultras per aver il beneplacito su ogni delibera di giunta? Questo è assemblearismo di quart’ordine, che non serve a governare, ma solo a fare confusione. Dovranno guidare una città complessa come Molfetta con le palle di piombo al piede: in queste condizioni, questi candidati all’immobilismo perenne sono invotabili.
La Natalicchio, invece, ha lanciato la pietra nello stagno, ma a quanto pare Bepi Maralfa (foto), candidato indipendente del Movimento Linea Diritta, avrebbe già rifiutato, nonostante l’incontro di ieri mattina. Insomma, avrebbe avuto timore di accettare la sfida.
E’ comparso, infatti, un post sulla sua pagina facebook che rimanda a dichiarazioni fatte nel corso di una riunione, ma non ha nemmeno avuto il garbo di declinare l’invito con una sua pubblica nota, come ha fatto altre volte con i suoi comunicati.
Semplici le due motivazioni: da un lato, il movimento civico nato da appena quattro mesi non avrebbe un solido apparato per organizzare una piccola competizione pre-elettorale, dall’altro la non condivisione di uno strumento senza regole.
E che società civile vuole rappresentare questo movimento che dopo 4 mesi, non si sente neanche pronto per delle competizioni primarie? E per la competizione elettorale, invece, come fanno ad essere invece già pronti? Siamo forse dinanzi ad un bluff di proporzioni stratosferiche? Troppo poco, per un rifiuto che appare ad oggi solo strumentale e di marca squisitamente partitocratica vecchio stampo, come dimostra anche il timore di infiltrazioni politiche. Paura della stessa società civile che si ambisce voler rappresentare forse con molta presunzione?
A questo punto, sarebbe opportuno abolire la democrazia a Molfetta, se è questo il concetto che si ha della libera espressione democratica dei cittadini. Non avrebbero a questo punto più valore neanche tutti gli strumenti di partecipazione democratica sanciti dallo statuto comunale, tanto apprezzato dai giustizialisti locali e non.
Tra l’altro, Maralfa - che imprudentemente aveva dichiarato sul suo profilo facebook il proprio voto per Rivoluzione Civile alle politiche, manifestando anche il legame forzato con l’estrema sinistra locale - è una personalità progressista, nonostante il suo gruppo sia molto vicino proprio all’estrema sinistra e molto incline a ragionamenti di pura filosofia e non di politica. Questo a dimostrazione di come Maralfa possa essere ostaggio dei suoi stessi uomini o dei loro sogni – in realtà, veri e propri incubi - politici.
PD e SEL hanno di sicuro commesso gravissimi errori nel costruire l’architrave politica dell’alternativa che, purtroppo, si sono riverberati proprio sulla candidata. La stessa candidata, liberata dalle camice di forza dei militanti (e militarizzanti) politici, ha però lanciato in autonomia la proposta delle primarie: Maralfa si assume così la responsabilità politica di aver rinnegato l’ultima ancora di salvezza per costruire una valida alternativa per la rinascita di Molfetta, per altro adducendo motivazioni molto frivole, figlie di ragionamenti filosofici spuri che poco riflettono la realtà locale.
Si attende ora la risposta di Rifondazione Comunista e di Gianni Porta.
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