La mensa scolastica non parte, la rabbia delle famiglie
Almeno trecento bambini coinvolti. Le famiglie senza un servizio e senza una spiegazione plausibile del perché questo servizio è fermo. I presidi che scrivono lettere rimaste per settimane senza risposta. Il settore Welfare che fa da muro di gomma. E’ questa la storia della mensa scolastica a Molfetta, un unicum in zona: a Giovinazzo è partita, a Ruvo e Terlizzi anche. Molfetta niente: tutto fermo per asilo nido, scuola dell’infanzia e scuola primaria. Con un impatto molto forte sulle famiglie, diverso per i tre gradi scolastici. Al nido, molti bambini sono in pieno svezzamento. Senza poter mangiare alle 11.30 i genitori li riportano a casa, vanificando un servizio fondamentale per la conciliazione vita-lavoro, soprattutto delle mamme. A Scuola dell’Infanzia idem: senza mensa il servizio si restringe a tal punto che è aumentata vertiginosamente la scelta di tenere i bambini a casa. Tra paura del Covid e tempo ridotto, le famiglie ritirano i bambini da scuola. Il danno più grave, però, è quello alla scuola primaria: “Non siamo in lockdown. Se un genitore ha diritto di mandare il bambino a scuola ha anche il diritto di avere il tempo pieno”, protesta una mamma della scuola Zagami, istituto che si è particolarmente attivato per “il ritorno alla normalità” e per poter assicurare le 40 ore a bambini e famiglie. Nell’istituto diretto da Tiziana Santomauro le classi a tempo pieno sono 11, circa 200 bambini. L’offerta didattica a 40 ore è, quindi, centrale. Il consiglio d’istituto si è ripetutamente attivato per avere risposte chiare dal Comune, senza successo. Il 18 febbraio l’appuntamento con il sindaco Tommaso Minervini, in cui si spera di sbloccare la situazione. Anche se ormai le famiglie sono letteralmente in tilt. Con elasticità della dirigenza, si sta procedendo con la tecnica del “rientro” per provare a non compromettere l’offerta formativa. I genitori “ritirano i bambini” nella pausa pranzo, li portano a casa per mangiare e li riportano a scuola dopo le 15.30 per il completamento delle ore previste. I disagi, però, sono moltissimi, soprattutto per i genitori-lavoratori (la gran parte di chi sceglie le 40 ore), ormai privi in molti casi del supporto dei nonni, visti i contatti limitati nonni-nipoti legati all’emergenza Covid. LE RAGIONI DI UN SERVIZIO INTERROTTO Ma, se non siamo in lockdown, perché la mensa è interrotta? E perché, tra i Comuni del Nord barese a noi vicini, solo a Molfetta? Non è dato saperlo con precisione. Di certo, siamo in un anno straordinariamente complesso. Con l’Ordinanza 407 del 28 ottobre 2020 della Regione Puglia e i provvedimenti successivi del presidente Michele Emiliano che hanno introdotto “la scelta volontaria” di mandare o meno i bambini a scuola in presenza (“un unicum in tutta Europa”, ha ricordato il pedagogista ed ex dirigente scolastico Lazzaro Gigante) determinare il numero dei pasti al giorno è decisamente più arduo degli altri anni. E con il sistema delle “zone a colori”, prevedere la situazione epidemiologica e il suo andamento nei mesi è altrettanto difficile. Ma questo vale per tutti i Comuni della Regione e, fino a prova contraria, la Puglia è arancione da settimane, mai rossa. Quindi, in assenza di lockdown, la scuola in presenza dal nido alla primaria non si è mai interrotta. E, dunque, perché sospendere del tutto la mensa? Interrompendo un pezzo di Welfare cittadino, di fatto, e mandando nel caos bambini e genitori del nido (nonché dirigenti, educatrici, insegnanti e personale amministrativo!), della scuola dell’infanzia e del tempo pieno? Un sospetto circola, sempre più forte: il Comune vuole risparmiare spesa corrente. Il capitolo mensa è, storicamente, fonte di “sbilancio”. Le entrate sono ben inferiori alle uscite, che superano il milione di euro. Non è un servizio coperto, insomma. E, dunque, sospenderlo, significa poter risparmiare decine di migliaia di euro. In un bilancio in affanno come quello del Comune di Molfetta, non un beneficio di poco conto. Che si configura, però, come un taglio ai servizi ai cittadini. “Si sta cavalcando la paura. Si sa che nessuno protesterà più di tanto, perché molte famiglie hanno paura a far mangiare i figli a scuola per via del Covid. Quindi si sa che non ci saranno barricate e striscioni per strada, stavolta, e si tira avanti”, spiega un papà, rappresentante dei genitori che segue la vertenza mensa da settembre scorso. “Anche i funzionari comunali, sempre disponibili negli anni a dare spiegazioni, questa volta non sanno cosa dirci. E la ex assessora, Angela Panunzio, non ha mai preso fino in fondo sul serio la questione. Come se non fosse una priorità”. È possibile che sia la Ladisa, fornitrice del servizio, ad avere problemi di erogazione dei pasti e di organizzazione del centro cottura su numeri più incerti e più bassi del solito? Un’opzione da escludere, se si pensa che Ladisa è un player di assoluto rilievo del mercato, gestore di appalti ben più complessi di quello del Comune di Molfetta. Nella vicina Terlizzi la mensa continua regolarmente ed è gestita da un’impresa meno nota, la Capital srl. “La mensa qui va avanti, ma c’è un problema di pagamento dei lavoratori. Chiediamo che la Capital srl provveda subito a sanare questa situazione”, chiede Giuseppe Volpe, consigliere comunale de “La Corrente” del Comune accanto. Ma il servizio va. Il Comune ce l’ha fatta a coprirlo. Anche a Ruvo, tutto regolare, a cura della Ruvo Servizi. I comuni viciniori si sono organizzati, per rendere più facile alle famiglie e ai bambini la vita ai tempi del Covid. Cosa accade davvero a Molfetta, quindi? E perché il Comune ha derubricato la questione come “problema minore” nell’emergenza Covid? “Noi famiglie abbiamo il diritto di far frequentare la scuola ai nostri figli in presenza, così come il Comune ha il dovere di garantire la possibilità di ricevere il monte ore previsto”, insistono i genitori. Non è escluso che la situazione non si sblocchi e che la vertenza arrivi presto in Consiglio Comunale. Un’altra grana per il Sindaco e per la sua giunta nuova di zecca, in un momento di forte calo di consenso, dopo il caso shock della presunta “Appaltopoli” che ha coinvolto l’assessore-tuttofare Mariano Caputo, insieme a dirigenti e funzionari comunali. I problemi dei molfettesi, però, restano sul tavolo. E il sindaco non può restare a guardare. © Riproduzione riservata