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La melanconia di Molfetta
22 maggio 2009

MOLFETTA -Se il celeberrimo Steven Spielberg avesse osservato la pallida nebbia che s'innalza davanti a Molfetta, nelle prime ore della giornata, quando decine di autobus tagliano la città per le proprie mete scolastiche, se ne sarebbe innamorato all'istante. Non è casuale infatti che questa ambita cittadina, ai vertici delle iscrizioni liceali di tutta la zona circostante, appaia arroccata sicura nelle sue foschie. Qualcuno potrebbe chiamarla tristezza, altri spasso, altri ancora emancipazione dai canoni giornalieri… Un pregiudizio sarebbe superfluo, anche perché alla fine ne scaturirà uno personale. Buono o brutto che sia, sarà la mente a decidere come reputare questo iter di fine settimana nella beniamina Molfetta. Il viaggio comincia in un banalissimo sabato pomeriggio, esattamente poche ore dopo un lauto pranzo. Nelle case molfettesi la routine è sempre la stessa, c'è il papà che schiaccia un pisolino, la mamma indaffarata a lavar le stoviglie perché presto giungeranno ospiti e i figli in balìa dei loro “hobbies”: tra i 3 e i 7 anni, con gli occhi spalancati davanti alla Playstation, tra gli 8 e i 19 anni, tutti ai campi di Pio X a dar manifestazioni lessicali degne dell'Accademia della Crusca. Una situazione piuttosto tranquilla… ognuno fa ciò che vuole fare, tutti esaudiscono i propri desideri, ciascuno unicamente secondo i propri “sani principi di vita”. Quella che potrebbe sembrare la tipica atmosfera felice di una città di provincia, e di cui nessuno potrebbe lamentarsi, lascia spazio nelle tarde ore serali al gran boom dei giovani libertini. La notte s'infiamma e quello che nel pomeriggio era stato un asfalto calpestato da ragazzi impegnati in una frenetica partita di calcio, si trasforma nel grande torero di biker con le loro bestie rombanti. La moda stravagante qui è la regina, dai pantaloni attillati alle camicie pseudo-sportive, dalle minigonne multicolori ai jeans strappati bestialmente. È in questo modo che locali inizialmente morti sotto le luci del sole mostrano tutta la loro vivacità notturna. La musica è la migliore compagna, soprattutto se ad accompagnarla interviene qualche drink alcolico di cui ormai i giovani vanno pazzi. Pub, pizzerie, discoteche, sono il futuro dell'economia… È ammirevole osservare come la gente, anche in un periodo di crisi finanziaria, spenda migliaia di soldi per simili sciocchezze. Certo, qualcuno potrebbe affermare che accada una tantum, qualcun altro potrebbe dire che è “per distrarsi un po', rallegrandosi e cercando quel poco di felicità che la fatica giornaliera ha da offri rea!” Ma è veramente questa la felicità, sono queste cose ad allietare l'animo di una persona? Secondo molti sì, alcuni giovani hanno risposto che ritrovano se stessi solo al bancone del Metropolis, un sedicenne, ancora legato alla sottana materna, ha affermato con grande convinzione che sul Lungomare, sfrecciando con il suo scooter “scopre una contentezza che non vive da una settimana”. E che dire di tutti quei liceali che non vedono l'ora di recarsi al bar Capozzi, facendo le proprie ordinazioni come se interloquissero con lo zio? L'accettabilità di simili atteggiamenti potrebbe essere ampiamente plausibile ma quando si arriva all'esagerazione, essa è motivo di condanna. Quante volte infatti, proprio sulle strade Molfetta-Terlizzi o Molfetta-Bisceglie innumerevoli vetture si scontrano a velocità supersoniche, causando morti atroci che spezzano le tranquillità cittadine fin ora descritte? Quante sono le vittime del sabato sera, il cui micidiale killer non è altro che una stupida bevanda? Si potrebbe stilare un lunghissimo elenco, eppure anche nella più stravolgente tragicità il cittadino molfettese si comporta come se nulla fosse, come se il funerale fosse in realtà un semplice luogo di moda. Occhiali neri, della grandezza di una maschera subaquea, abiti neri, comprati e usati per una chissà quale cenetta elegante, scarpe nere, i tacchi farebbero invidia alle giraffe. È uno scempio della dignità e del rispetto umano. Quello che potrebbe sembrare normale, quotidiano, forse piacevole è in realtà il risultato di macchinazioni mentali. Il loro obiettivo è quello di creare modelli sociali sempre secondo i canoni della vita cittadina ma con un gradino superiore rispetto agli altri, determinando in questo modo l'esatto contrario. Così la madre di famiglia vestirà sempre il solito, ma aggiungerà un paio di orecchini vistosi per sentirsi dire dall'amica che è più giovane, in modo tale da elevarsi sugli altri mantenendo gli attributi della doverosa “donna di casa”. È la tipica situazione della domenica. Ci si alza tardi, incolpando la sveglia forse mal funzionante, si fa scendere tutta la famiglia dal letto e ci si dirige in fretta e furia dal bar del Corso, “che fa i cornetti buoni”. Quando la famiglia invece, non è altro che una coppia di amanti ancora non sposati, l'uomo si getta nella straordinaria impresa di fare un cappuccino che serve graziosamente alla propria amata. Lei è ancora intontita ma acquista subito energia, appena entra in contatto con il suo cellulare. Stracolmo di sms non può far altro che obbedire ai comandi della sua padrona viziata. Che felicità la domenica mattina, ma di non meno contentezza è il pranzo domenicale. Gli inviti a casa di amici, le telefonate fatte i giorni precedenti hanno avuto successo. Ecco una tavola imbandita, fatta esclusivamente di piatti tipici di località sconosciute. La cuoca si giustifica affermando che ha ascoltato vivamente le ricette in tv, ha ripetuto più volte che i vip mangiano questi piatti, di cui però non si sa nulla. Terminato il pasto, la grande tavolata da spazio al gioco. I bambini, compresi papà e nonni, guardano con ansia le partite, le mamme impazziscono davanti ad una scala reale anticipando quella che sarà la loro routine pomeridiana. La sera, forse il momento migliore per una piccola passeggiata alla Villa, con un bel gelato da San Marco, è trascorsa nel peggiore dei modi. Chi era incollato allo schermo ci resta, chi stava giocando ora fuma, fuori al balcone di casa, ridacchiando sulla propria felicità. I ritmi che caratterizzano oggi ciascuna città non sono altro che espressioni di apparenti momenti di gioia, la lentezza e la malinconia a cui si assiste sono per molti un sano principio per essere allegri, per distrarsi dalla “monotona quotidianità”.
Autore: Stefano Misino
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A mio parere è vero che vi è oggi una effettiva degenerazione dei valori, se non un annientamento di questi ultimi in alcuni casi...concorederemo certo tutti che è senza dubbio deplorevole l'eccessivo uso, o meglio l'abuso, di alcol che si fa specialmente se ci si deve mettere alla guida diventando una pericolo per sè e per gli altri...come concorderemo che ormai la moda ha portato a quella scomparsa dell'individuo all'interno di una scoietà volutamente omologata in cui la mentalità del singolo viene spesso alientata in favore di un gregge senza cane pastore... e che ormai si parla di vip di cui non si sa giustamente nulla, per quale ragione assurda dovremmo conoscere persone?! per quale merito o rilvenza dovrebbero essre cosiderati Vip "Persone molto importanti"?!...e non ci sono dubbi che il lessico dei ragazzini al campetto certamente non sia proprio quello dell'Accademia della Crusca...ma i problemi non mi sembrano esattamente della stessa portata e della stessa gravità... bisogna stare attenti a non generalizzare mai, proprio perchè la massa tende a far scomparire l'individuo all'interno di sè stessa, bisogna stare attenti a distinguere le varie tipologie di individui che si vanno ad inverare in etichette spesso troppo facilemnte applicabili...questo articolo mi è sembrato, a mio parere, l'elogio del luogo comune e del facile moralismo, l'elogio della tipica mentalità medio-borghese (che tenta di dissacrare la sua stessa solita routine)e che oggi sta scomparendo insieme a tutte le altre distinzioni che i sociologi fino a 30 anni fa avrebbero potuto fare. non comprendo dove sia la melanconia invece di un pranzo domenicale e o di una passeggiata serale per un gelato al San Marco o di un padre di famiglia che decide per poter festeggaire la lieta giornata di riposo settimanale finalmente giunta dopo tanti sacrifici con i "cornetti del bar del Corso che li fa buoni"...magari la gente con queste cose è per davvero allegra ma finchè ci si diverte con quetse piccole cose, con le ricette della tv con il gelato serale ben venga per questa umanità questa "malinconia" che ci lascia soddisfatti o piacevolemnte illusi con poco ...meglio questa felictà "apparente" o quella che l'autore dell'articolo definsice "melanconia" che quella dannosa per sè che si ottiene con il drink facile o con la trasgressione totale e soprattutto gratuita che non sono "melanconia". il problema di tutto ciò infatti il cui problema non è di ordine morale, questo è bene e questo no, ma di ordine materiale, questo è pericoloso e dannoso per sè e per altri e questo no... ritengo che sono stati mischiati i gravissismi problemi del mondo giovanile e delle morti purtroppo frequientissime sulle strade, specie sulla Molfetta-Terlizzi e sulla Molfetta-Bisceglie, come invece ricordava giustamente l'autore, con l'analisi di una società vista come decadenza dei costumi (ogni epoca dice di sè stessa che è decedente rispetto al passato...questa però forse lo è per davvero "un pò" di più di quella precedente) e vista con la lente quasi di un pessimismo esistenziale...pessimismo che potrebbe esserci ma questo lo lasceri indagare a psicologi e a filosofi che hanno la possbilità di idnagare nell'individuo e nelle matrici più reali dei suoi comportamenti dei suoi pensieri e non su campioni umani in larga scala come qui si è fatto basandosi, appunto, sul perbenismo e sul luogo comune...
Molfetta sempre più melanconica. Perchè non parlarne? "Area di Sviluppo Industriale di Molfetta, abbiamo dimenticato? 400 ettari che dieci anni fa erano un mare di ulivi: centomila ne hanno abbattuti, sradicati e spediti al Nord per decorare i giardini della Brianza e i parcheggi dei centri commerciali del Triveneto, o fatti a pezzi per ricavarne parquet o semplicemente per farne legna da ardere. Muretti a secco, lame, torri e masserie, non è stato risparmiato nulla: il cenobio di San Martino, che risale al XIII secolo, è diventato uno spazio per esposizione di rubinetti e tazze da bidet. Mentre procedeva l'urbanizzazione, nelle strade appena tracciate venivano regolarmente accumulati rifiuti speciali e inerti che arrivavano lì da ogni dove, richiamati dalla sospensione delle regole in quell'area, che non era già sotto la responsabilità comunale senza che fosse ancora pienamente passata sotto le competenze di altro ente, e poi sparivano sotto il peso delle macchine schiacciapietre. Alla fine gli insediamenti industriali sono arrivati: una settentina, molti dei quali a seguito di rilocazioni pagate con la 448, e soprattutto il Fascion District, la "Città della Moda", con i secondi piani degli edifici finti, con il cinema multisala e con le piazzette in polistirolo, nuovo luogo di struscio per le nuove generazioni che disertano ormai quello che era il cuore della città e che si avvia a diventare una melanconica periferia senza centro. Una città che fluida è solo nel suo apparire, solo perchè capace di nascondere i fatti sotto una coltre di narrazioni frammentate, solo perchè capace di confondere e sparigliare i nomi delle cose in modo da far confondere la mutevolezza e provvisorietà delle differenze con la loro scomparsa. Ma qui a Molfetta, si raccontano storie in cui è sempre più difficile rintracciare con nettezza il confine fra li sfruttato e lo sfruttatore, dove è sempre più difficile distinguere il libero professionista o il padroncino del precario, l'incertezza subita dalla flessibilità goduta, il terzista cottimista. Molfetta: una città sempre più melanconica." - Tratto da "Agora magazine" del 7 marzo 2008. -

Bravo Stefano Misino. Quanto mai dotto e illuminante. Da riflettere. Siamo arrivati, per dirla con Woody Allen, a un bivio decisivo: una via conduce all'estinzione della specie, l'altra alla disperazione. E aggiunge: "Spero sapremo fare la scelta giusta..." La nostra è una società consumistica, dove emerge il conformismo e il materialismo. In questa società non è presente il senso dell'attesa e del sacrificio, l'uomo educato in una realtà vantaggiosa e confortevole, a fronte a minime difficoltà si sente disorientato. Nella società consumistica, la persona perde, in primo luogo, il suo valore propriamente umano. Infatti, in una società che ritiene il benessere il valore supremo, l'uomo vale non per quello che è, cioè il suo essere uomo, ma per quello che ha o è capace di avere, cioè per i beni che possiede e per la capacità che egli ha di produrre. Perciò quando egli non ha o non ha più, non è o non è più. Ben presto il consumismo rivela il suo carattere disumanizzante, la sua terribile povertà umana. Oggi è difficile educare perchè l'impegno di formare, a scuola, il cittadino che collabora, che antepone il bene comune a quello egoista, che rispetta e aiuta gli altri, è quotidianamente vanificato dai modelli preposti da chi possiede i mezzi per illudere che la felicità è nel denaro, nel potere, nell'emergere con tutti i mezzi, compresa la violenza. I consumatori della società consumistica, dice Bauman, devono seguire le curiose abitudini degli abitanti di LEONIA, una delle città invisibili di Calvino. "Ogni mattina - parole di Calvino - la popolazione si risveglia tra le lenzuola fresche, si lava con saponette fresche, indossa vestiti nuovi fiammanti, estrae dal più perfezionato frigorifero barattoli di latta ancora intonsi." Però sui marciapiedi, avviluppati in tersi sacchi di plastica, i resti di LEONIA d'ieri aspettano il carro dello spazzaturaio, tubi di dentifricio, materiale d'imballaggio, anche scaldabagni, enciclopedie, pianoforti, servizi di porcellana, più delle cose di ogni giorno che vengono fabbricate, vendute, comprate, l'opulenza di Leonia si misura dalle cose che ogni giorno vengono buttate via per far posto alle nuove. Colpa della società del nostro tempo troppo impregnata di utilitarismo individuale troppo propensa agli egoismi particolari e poco disposti verso l'interesse generale? Può essere, il berlusconismo ha costruito sopra la sua fortuna politica. - Il cliente, il pubblico, è un bambino di undici anni, neppure tanto intelligente. (Silvio Berlusconi) - La società preconsumistica aveva bisogno di uomini forti, e dunque casti. La società consumistica ha invece bisogno di uomini deboli, e perciò lussuriosi. Al mito della donna chiusa e separata (il cui obbligo alla castità implica la castità dell'uomo) si è sostituito il mito della donna parte e vicina, sempre a disposizione. Al trionfo dell'amicizia tra maschi e dell'erezione, si è sostituito il trionfo della coppia e dell'impotenza. I maschi giovani sono traumatizzati dall'obbligo che impone loro la permissività: cioè l'obbligo da far sempre e liberamente l'amore. (P.P.Pasolini) (Parlando dei giovani di oggi) - Le famiglie si allarmano, la scuola non sa più cosa fare, solo il mercato si interessa di loro per condurli sulle vie del divertimento e del consumo, dove ciò che si consuma non sono tanto gli oggetti che di anno in anno diventano obsoleti, ma la loro stessa vita, che più non riesce a proiettarsi in un futuro capace di intravedere una qualche promessa. (Umberto Galimberti)

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