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La fortuna con l'effe maiuscola, il teatro di Eduardo de Filippo al Teatro don Bosco di Molfetta
02 marzo 2013

MOLFETTA - «La fortuna con l'effe maiuscola», commedia in tre atti scritta nel 1942 da Eduardo De Filippo in collaborazione con Armando Curcio, è il nuovo spettacolo organizzato dal Cinecircolo Giovanile Salesiano della parrocchia san Giuseppe, che si terrà sabato 9 e domenica 10 marzo al Teatro don Bosco (ingresso ore 19.30, sipario ore 20).
Questa poco rappresentata commedia è una piccola storia ambientata in un basso napoletano dove alberga la misera esistenza dei disgraziati personaggi. Il capriccioso gioco del destino vira improvvisamente e la fortuna si affaccia sulla povera famiglia, ma anche in questo caso la si dovrà pagare con stenti e sofferenze.
Il testo è costruito su un linguaggio popolare e colorito ed è ricco di riflessioni e massime esistenziali. A prevalere, nel bene e nel male, è l’aspetto umano dei personaggi e il loro semplice e realistico buonsenso, dispensato attraverso un registro umoristico enfatizzato. Soggetto dell’opera è ancora una volta la commedia umana, che da secoli si ripete invariata: l’arroganza dei nobili e dei ricchi, la fame e la miseria dei poveri, destinati a pagare anche quando la fortuna sembra loro arridere, perché «quando uno nasce disgraziato non c’è niente da fare: non lo aiutate, è tempo perso». Mentre vengono descritti i sentimenti che albergano nel cuore, la commedia racconta la fatica di vivere in un mondo in cui «la legge è uguale per tutti, ma non tutti sono uguali per la legge».
Giovanni Ruoppolo è un povero scrivano sposato con Cristina, con cui ha allevato l'orfano Erricuccio, che non perde occasione di mettersi in mezzo ai guai. Egli è, infatti, il messaggero segreto di una coppia di amanti che s’incontrano nel condominio dove risiede, complice l'assenza di un marito geloso e cornuto. Giunge un avvocato per pagare dei lavori a Giovanni, che digiuna ormai da tempo non avendo i soldi per fare la spesa, e gli propone un patto: centomila lire per legittimare un giovane, facendolo passare per proprio figlio. Giovanni accetta e corre da Cristina per fare la spesa: arriva però un notaio a casa che notifica a Giovanni una grossa eredità a meno di non avere figli legittimi, che come clausola testamentaria risultavano essere gli eredi diretti. Erricuccio vorrebbe avvisare il patrigno ma, colto dal marito geloso che aveva sorpreso la moglie adultera e ben sapendo che il giovane era suo complice, viene da lui bloccato e, minacciato a colpi di pistola, perde la parola dallo spavento. Non può così fermare il padre che legittima il giovane: quando Erricuccio riacquista la parola, è ormai tardi. Il giovane nuovo arrivato scopre la verità sull'eredità e decide bene di trattenerla, ma Giovanni, che ha vissuto nella miseria, preferisce costituirsi alle forze dell'ordine per falsa legittimazione, finendo in galera per cinque anni, piuttosto che perdere quella fortuna con la “effe” maiuscola.

 © Riproduzione riservata

Autore: Adelaide Altamura
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