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La cultura a Molfetta non va in scena, tra improvvisazione e incompetenza. “Rinascere” attacca il duo Rossiello-Minervini
03 agosto 2023

 MOLFETTA - La politica culturale di Molfetta è sotto accusa. L’evidente improvvisazione, incapacità e incompetenza dell’assessore Rossiello e la logica del panem et circenses (es. Mudù), hanno squalificato la città, che conferma l’immagine di degrado complessivo tra buche, sporcizia, microcriminalità, cantieri perenni, spreco di denaro pubblico e quant’altro. A cui si aggiunge l’incapacità di comunicazione e l’ostilità verso i media non amici. Affidarsi, poi, ad agenzie con scarsa professionalità e competenza è stato l'errore più grosso. E il quadro negativo è completo. Anche il confronto con altri Comuni non regge. Anzi!

A sottolineare il fallimento della politica culturale dell’assessore Rossiello, che per il suo retaggio politico della destra postfascista meloniana, discrimina e non coinvolge i cittadini e le istituzioni, in una logica poco democratica (prima o solo gli amici) dell’amministrazione pubblica (anche il sindaco è ostaggio?), questa volta è il Movimento politico “Rinascere” (Felice Spaccavento) dell’opposizione di sinistra.

«Rimane un mistero come Molfetta, una città considerata a lungo punto di riferimento artistico e culturale dagli anni ’70 in poi, sia precipitata in questa condizione di irrilevanza e subalternità. Un costosissimo deserto, che in estate non viene abitato nemmeno dai molfettesi stessi, i quali ci tornano sostanzialmente solo per dormire.

Oltre 200 mila euro per concerti ed eventi senza filo conduttore, che, salvo rare eccezioni, non lasciano nulla alla città. Né sotto il profilo economico, né tantomeno sotto il profilo culturale. Le dinamiche sono quelle più banali: contratti con agenzie (che fanno capo ad un unico interlocutore) le quali propongono una serie di artisti di grande richiamo, che si avvicendano tra concerti ben remunerati (quasi tutti a pagamento, da Gigi D’Alessio a Rocco Hunt) e barzellette (quelle gratuite, vedi Mudù Tour).

A questo cartellone di “grandi eventi” si aggiungono gli “eventi minori”.

Oltre alle iniziative accordate direttamente con l’amministrazione, infatti, abbiamo il capolavoro della cultura targata Rossiello-Minervini: 90mila euro assegnati a pioggia da una commissione di non addetti ai lavori. Pregevoli e scrupolosi commissari, privi di qualsiasi competenza in ambito artistico, che decidono a chi affidare i soldi pubblici.

Insomma, come chiedere ad un chirurgo di fare il giudice di Master Chef. Questo basterebbe a stimare il valore che l’amministrazione dà alla cultura e agli operatori culturali in questa città.

Ma, purtroppo, non è tutto.

Il bando degli “eventi minori”, infatti, è stato pubblicato a metà giugno, ovvero ad estate inoltrata, mentre artisti e professionisti di tutto l’emisfero avevano già chiuso i programmi ad aprile, se non prima.

Dulcis in fundo, i risultati del bando sono stati pubblicati a metà luglio. Chissà, magari a ferragosto salterà fuori qualche altro fuoriprogramma. Siamo alla farsa.

Qualcuno dovrebbe spiegare ad assessore e sindaco che proporre di programmare uno spettacolo estivo a metà luglio è oltraggioso, oltre che quasi impossibile.

Ma il malcontento e l’amarezza, che ogni serio operatore della cultura avrà provato, vengono poi sedati dai contributi garantiti un po’ per ciascuno. E così, come ogni anno, la totale assenza di programmazione, il pressappochismo amministrativo e la frustrazione nel sapere che Molfetta potrebbe offrire molto di più vengono rapidamente dimenticati. Gli operatori del territorio sanno che qui funziona così e si adoperano di conseguenza. Si abbassano ambizioni e qualità e si tira avanti.

In questo modo, tuttavia, non andiamo da nessuna parte. Al contrario, coltiviamo questo limbo melmoso di mediocrità e faciloneria, che relega Molfetta nella condizione di subalternità che ha conquistato nel nuovo millennio.

Le politiche della cultura dovrebbero favorire le vocazioni e la storia di una città, mettendo a sistema eventi e occasioni di conoscenza del territorio. Lo scopo, infatti, non può essere solo assecondare l’appetito di consumatori occasionali di serate spensierate. Il famoso Panem et circenses.

Agli operatori culturali - di qualsiasi genere e di qualsiasi pensiero - chiediamo solo una cosa: di pretendere una gestione dignitosa della cultura. Perché questo accada non è più tollerabile l’assenza di personale competente negli uffici comunali. Anche a Molfetta ci si attrezzi per strutturare un ufficio in grado di intercettare fondi e finanziamenti, da un lato, e di valutare e organizzare le esigenze e le opportunità della cultura dall’altro.

All’amministrazione, invece, chiediamo che l’assessore al ramo capisca almeno la differenza tra cultura e intrattenimento.

“Rinascere” tornerà ad affrontare questi temi. Nel frattempo è bene ricordare che le politiche culturali di un Comune non si esauriscono in un cartellone estivo, ma si sviluppano mettendo in rete le arti, le professioni, la storia e i beni architettonici e paesaggistici del territorio. Farne un sistema riconoscibile, non solo un elenco».

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