“La casa delle stelle - Sa domu in is isteddus”, la poesia sarda alla libreria “Il Ghigno” di Molfetta
MOLFETTA - Capita a volte di sentirsi attratti da qualcosa di indefinito; non una persona o una cosa, non si può dare un nome o forse sì. Forse è un ricordo, il profumo di una terra, il ricordo d’infanzia, di passato felice, il ricordo delle proprie radici. Capita quindi di decidere di prendere parte ad un happening letterario per la presentazione di un libro per sentire, come dolci note di una melodia, il suono della lingua, della propria lingua, quella delle prime parole d’affetto. Con questo spirito decido di prendere parte alla presentazione del libro “La casa delle stelle - Sa domu in is isteddus” - SECOP Edizioni, dell’autrice Francesca Romana Petrucci.
Raffaella Leone, che coordinerà gli interventi della serata, conquista i presenti dichiarando di voler parlare del libro prima ancora della sua autrice. Forse un poemetto, forse una raccolta, forse una fiaba; al lettore viene lasciata la definizione di questa raccolta intimistica di poesie in lingua italiana mirabilmente tradotte in lingua sarda. La lingua italiana non perde musicalità ma ne esce arricchita di maggior enfasi. Raffaella Leone si sofferma sulla lettura di una “lettera di presentazione” dell’Assessore alla Cultura del Comune di Selargius ove l’autrice risiede, la quale, orgogliosamente, rivendica l’amicizia e la stima verso l’autrice. Non a caso il verbo stimare in lingua sarda significa amare molto, sopra ogni cosa, amare “di più”.
Alla lettura delle poesie in lingua italiana è seguita la lettura in lingua sarda, sa Limba, a cura di Nanni Trincas, compagno dell’autrice, il quale si è soffermato sul significato di alcuni termini tradotti.
Angela De Leo ha analizzato la scrittura di Francesca Romana Petrucci, una scrittura influenzata, come è giusto che sia per gli autori intimistici, dal proprio vissuto, quello di una donna “strappata” in tenera età alla sua terra d’origine e portata in Sardegna, una sofferenza che ha condizionato il primo periodo della sua scrittura. “La casa tace…”, comincia l’autrice a sottolineare il silenzio di un dolore, il suo, di lei che era pietra ed ora è uccello, lei che era prigioniera di un “cespuglio di nebbia” e dalla sua casa, “dal suo giaciglio di luci, puntaspilli inevitabile” osserva stelle zingare infreddolite. Di una dolcezza infinita è la descrizione che l’autrice fa dell’inverno, la stagione durante la quale “la rondine canta altrove il suo azzurro”, una stagione fredda che coincide col periodo antecedente l’incontro col compagno, al quale dice: “spingesti lontano il buio con un gesto”, un gesto titanico che ha il merito di sigillare la luce che ora caratterizza la vita di Francesca, affinché non vada più via.
I protagonisti non sapevano di esistere fino a quando non hanno conosciuto il loro amore. Francesca Romana Petrucci è una donna unica, autentica, impegnativa come la sua Terra, un’isola che si fa conquistare dalle anime intense e generose, una terra dai colori vivaci, brillanti mai opachi, senza sfumature o vie di mezzo. E come la sua terra Francesca è Donna, capace di sentimenti forti, che teme il dolore ma che lo affronta, dapprima convivendoci e poi, ormai amata, lasciandoselo alle spalle, come un compagno di vita al quale deve il suo essere forte e coraggiosa. Francesca è pura e intensa come il cielo nero tempestato di stelle che lei definisce zingare perché si muovono, non hanno il ruolo di protagoniste del firmamento e quindi più vicine a lei, sperduta fino all’arrivo del suo amore.
Francesca scrive poesie per bisogno, per quella necessità di riempire la pagina bianca che era la sua vita e non avrebbe mai immaginato di incontrare un editore pugliese che le avrebbe pubblicate. Ora Francesca avverte il senso di appartenenza all’Isola perché, come ogni sardo, è lontano dall’Isola che si sente il richiamo, come una madre che aspetta il proprio figlio e che lo chiama, muta e paziente, affinché ritorni, perché, come dicevano gli emigranti, come diceva sempre mio padre, “puoi togliere un sardo dalla Sardegna ma non la Sardegna da un sardo”.
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