Recupero Password
L’ultimo biciclettaio Il racconto
15 aprile 2024

Anche l’ultimo dei biciclettai andò via. Aveva per lungo tempo riparato biciclette di tutti i generi; manubri storti, catene arse, raggi rotti. Che geniale invenzione la bicicletta! Così semplice e sì, per questo geniale! Due ruote, una catena, due pedali e freni tremuli, e poi lucette, manubri, cambi di marcia e così via via dicendo. Ovunque Michelino mettesse le sue mani allorché quei mezzi benedetti si fossero guastati, ecco che nell’arco di qualche minuto, come stambecchi guariti si riprendeva a correre agili per la città o la campagna. Michelino, alias, Alessandrino. Nessuno in verità ha saputo bene quale fosse il suo nome vero! Difatti Michelino era stato per lunghi anni il garzone di Alessandro, il proprietario del negozio, Alessandro Fiorentini. Leader nel settore dei mezzi a due ruote, conoscendo il massimo splendore tra gli anni ottanta e novanta. Nella famiglia di ogni molfettese esisteva questa ritualità: terminate le vacanze di Pasqua si procedeva con lo svecchiamento delle bici di casa in vista dell’incipiente primavera e poi dell’estate, stagione nella quale la bici la fa da padrona. Ci si recava dunque da Alessandro, ci si metteva in coda, poiché tanti erano i suoi clienti, e si attendevano quelle mani esperte, che chirurgicamente operavano sui telai, forcelle ammaccate, parafanghi distrutti, spostando fili di acciaio dei freni, smontando interamente in pochi secondi tutto il mezzo ecologico più bello che ci sia, sostituendo le parti mancanti che la strada, ogni strada inesorabilmente cannibalizza e riportando ogni cliente in sicurezza sulla buona via. Tra le riparazioni quella che sempre aveva affascinato i ragazzini era la classica “foratura”. La bici veniva letteralmente fatta rovesciare a testa in giù, poi si sbullonavano le ruote affrancandole dai parafanghi e dalle catene, dunque con una leva di acciaio si apriva una ferita indolore tra cerchione e gomma e si apriva come una scatoletta di tonno lo pneuma della ruota, sviscerando come un budello umano la camera d’aria. La camera d’aria, forse l’anima della bici, quella senza la quale non si possono macinare i chilometri. Questa veniva dapprima gonfiata con un compressore o più verosimilmente con una pompa dunque veniva letteralmente affogata in una conca blu colma d’acqua onde poter carpire la fonte del gorgoglìo di mille bollicine. La sorgente di quest’ultime indicava i fori da coprire a suon di pennellate di mastice e un cerotto di gomma che veniva posizionato sul buco. Non se ne potevano, ricordano i clienti, collezionare più di tre di “forature” poiché alla quarta scattava un premio più costoso: il cambio dell’intera camera d’aria. I clienti, grandi e piccini però non se ne dolevano più di tanto, poiché la più elaborata riparazione costava al massimo mille, duemila lire, dunque ai tempi più recenti dieci, quindici euro. E via, si schizzava come furie da quello slargo di città, dove c’è tuttora una fontana e una via che immette nel bellissimo e centrale Corso Umberto. Si procedeva tutti verso la villa comunale per testare l’operato di Michelino e per capire se tutte le “cure” fossero andate a buon fine. C’erano volte nelle quali le bici più malandate oppure quelle atte alla corsa più spinta, venivano montate su un ponteggio particolare, e Michelino le ispezionava come un vero criminologo, raggio dopo raggio, bullone per bullone, corolla per corolla. La bici, che metafora di vita! Pedalare, pedalare, pedalare! Un po’ come accade ai nostri giorni faticosi. Raggiungere le mete più ardite a suon di pedalate, non demordere mai, saper cambiare passo e marcia, non cedere alla tentazione di lasciare i pedali per toccare terra; saettare in discesa, godere del vento tra i capelli, della lentezza del cammino, della vertigine della libertà allorché dopo la conquista delle salite più ardite ci si può abbandonare alle lunghe discese ristoratrici Che brividi di gioia! * * * Lassismo, pigrizia e intelligenza artificiale hanno sclerotizzato i muscoli, stanno infiacchendo i giovani che amano più viaggiare col tic toc delle tastiere piuttosto che saettare tra le mura della città. E quando lo fanno desiderano essere assistiti anche nelle pedalate. Giovani nati già un po’ vecchi. E’ questo il segno del tempo che cambia. Il nostro Michelino, raggiunta la soglia pensionabile ha dunque venduto l’ultima delle bici più belle che più volte ha riparato. Ed ha chiuso i battenti. L’ultima pedalata e poi via. Di fronte al suo glorioso negozio, officina per passione, la fontana gorgheggia sola, dimentica delle mille bocche che ha nel tempo dissetato mentre si era in coda per godere di una riparazione. * * * Oggi il sole è alto a mezzogiorno e fa già parecchio caldo. La strada è deserta e da lontano s’ode un leggero tramestìo, come un batter di pedale. Un bimbo piccolo, avrà due anni, sul triciclo vince l’asperità delle chianche della strada. Deve bere alla fontana e suo padre l’aiuta a dissetarsi. L’adulto guarda il negozio di Michelino, ora con la saracinesca chiusa e realizza che chissà un giorno suo figlio avrà bisogno d’un biciclettaio che lo aiuti a correre nel vento così come lui ha fatto mille e mille e una volta. Come farà? Chi glielo insegnerà? Chissà! © Riproduzione riservata

Nominativo
Email
Messaggio
Non verranno pubblicati commenti che:
  • Contengono offese di qualunque tipo
  • Sono contrari alle norme imperative dell’ordine pubblico e del buon costume
  • Contengono affermazioni non provate e/o non provabili e pertanto inattendibili
  • Contengono messaggi non pertinenti all’articolo al quale si riferiscono
  • Contengono messaggi pubblicitari
""
Quindici OnLine - Tutti i diritti riservati. Copyright © 1997 - 2025
Editore Associazione Culturale "Via Piazza" - Viale Pio XI, 11/A5 - 70056 Molfetta (BA) - P.IVA 04710470727 - ISSN 2612-758X
powered by PC Planet