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L’immigrato non è un nemico Due casi di integrazione possibile
15 luglio 2019

Yemen ed Eritrea, due terre che dovrebbero essere splendide grazie alle grandi ricchezze che possiedono, ma che sono povere a causa dell’arrivo di guerre, che portano con loro paura, terrore e morte, e la cruda verità è che l’Europa non vuole che la guerra finisca, per due motivi: per il petrolio che continua ad essere rubato, ma soprattutto per la vendita di armi, perché le persone preferiscono lavorare, costruire e vendere le armi, invece di porre fine a tutte queste morti e chiudere le fabbriche. A causa di queste persone, nello Yemen ogni 10 minuti un bambino muore, questo dicono le statistiche. È necessario quindi comprendere, che a causa di chi uccide, le persone scappano nel tentativo di sopravvivere e cercano rifugio in zone più sicure, ciò che tutti faremmo se rischiassimo di essere uccisi ogni giorno. In ogni parte del mondo, tutti i cittadini dovrebbero essere pronti ad aiutare un rifugiato, specialmente in questo periodo in cui, almeno in Italia, la gente sta diventando così avara e senza cuore da voler lasciare 42 esseri umani affamati, disidratati e allo stremo delle forze in mare sulla Sea Watch, invece di accoglierli e aiutarli. Per questo a Molfetta è stata celebrata la Giornata Mondiale del Rifugiato, durante la quale è stata presente l’ex sindaco di Molfetta Paola Natalicchio, che ha presentato, insieme alla moderatrice Fausta Scardigno, le due protagoniste della serata, che hanno portato a Molfetta una grande testimonianza: Almaz Diamante, nata in Eritrea e Sophia Baras, proveniente dallo Yemen. Almas ha raccontato con piacere la sua storia, ha condiviso le sue tradizioni e le usanze che possono essere considerate molto vicine a quelle italiane: “Non ci mancava niente ad Asmara (città chiamata anche “piccola Roma”), la mia famiglia si riuniva sempre alle feste, seguivamo la religione cristiana e rispettavamo sempre le persone anziane. Purtroppo nella nostra città è arrivato Mussolini, e dopo di lui gli inglesi… siamo stati costretti a scappare, nessuno voleva lasciare il Paese, perché eravamo felici lì”. Anche se è stata costretta ad arrivare in Italia a causa della guerra, Almas ora si trova bene a Molfetta, e dopo le varie vicende che ha dovuto affrontare e le inziali difficoltà nello stabilirsi, ora è sposata e ha affermato di essere felice: “Mi sento ricca, ma non parlo della ricchezza che riguarda i soldi, ma della ricchezza che comprende tanta cultura. Voglio farvi capire che l’immigrato non è un nemico, i veri nemici sono gli evasori fiscali o i mafiosi, occupiamoci di loro. È anche vero che tra i migranti può esserci un delinquente o un malvivente, ma non è anche vero che ci siano anche molti delinquenti italiani? Non è possibile credere che tutti siano uguali, non si può generalizzare in questo modo”. Accompagnata da alcune slide, Almas ha descritto alcuni dei piatti tipici dell’Eritrea e i presenti hanno scoperto anche alcune differenze tra le culture, come il significato e l’importanza del caffè, il quale in Eritrea è protagonista di una lunga e importante cerimonia. Attraversando (letteralmente) il Mar Rosso, ci catapultiamo nella storia di Sophia, che ha raccontato la storia dello Yemen, prima però si è presentata a tutti gli spettatori: “Il mio nome? Sophia. Il mio luogo di nascita? Il Pianeta Terra. La mia razza? Umana. La mia politica e la mia religione? la Libertà e l’Amore”. “Quello che succede nello Yemen è una vergogna umana”, questa una delle frasi che Sophia ha pronunciato che più fa riflettere, perché purtroppo fa pensare alla condizione disastrosa in cui si ritrova un territorio che, per le ricchezze che possiede, dovrebbe essere uno dei posti più belli al mondo. Allora ci si chiede, perché è stato ridotto così? Perché delle persone spregevoli hanno rubato tutte le ricchezze e hanno portato la guerra. “Io non provo più imbarazzo nel dire la verità. La verità è che ci sono cinque, massimo sei famiglie, ricchissime, che possiedono le industrie di petrolio, che comandano tutti e che decidono tutto: cosa bisogna fare con le ricchezze dello Yemen, quali notizie devono essere rese pubbliche in tv o sui social media, quali devono restare segrete e tante altre cose. Se cercate su internet, trovate i cognomi di queste famiglie, che controllano il mondo e che hanno rubato le ricchezze dello Yemen e di tanti altri territori. Queste persone sono responsabili della morte di migliaia di persone. Devono vergognarsi:”. Sophia ha portato un grande messaggio insieme a lei, una richiesta importante che ha rivolto a tutti i presenti: cercare sempre la verità. Informarsi, studiare, sapere cosa accade nel mondo, essere consapevoli delle ingiustizie che ci sono, cercare di comprendere che le guerre sono possibili anche a causa delle industrie di armi che sono presenti in Italia, in Francia, in Germania… comprendere quindi che è fondamentale aiutare un immigrato che scappa dalla guerra, anche perché quella guerra che ha distrutto la sua casa, la sua famiglia e la sua vita, l’abbiamo creata anche noi europei. © Riproduzione riservata

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