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L'apostolo della polifonia
15 luglio 2011

La sua musica non la canta più nessuno. Il maestro non capiva perché la gente non amasse la polifonia. Sono legato in particolar modo alla Lauda della Natività, che mi fece ascoltare, nella vigilia della notte di Natale del 1992 al pianoforte della sua Scuola di Musica. Rapito, ascoltai tutto lo svolgersi dell’oratorio, la sua genesi, il concatenarsi dei temi ispiratori a partire dal canto gregoriano Puer natus est che caratterizza le parole di esordio dell’Historicus. Tutto ciò mi fu autenticamente donato: penso di essere stato fortunato a poter vedere ed ascoltare il Maestro. In quella notte fredda mi disse di leggere anche le parole che avevano ispirato la composizione di Jerusalem, altro suo capolavoro. Parole dure, impietose che vogliono ancora oggi, dalla tomba del maestro, ammonire la schiera dei farisei che dal giorno della sua morte si aff annano attorno al suo ricordo; «l’attuale cristianesimo pecca di buona educazione. Si preoccupa soltanto di non sporcarsi, di non mostrarsi indelicato, teme il fango, la grossolanità, la franchezza, preferendo una meticolosa mediocrità a tutto il resto. Hanno confuso la Chiesa del Cristo con un educandato per signorine, perbene. Insomma, tutto quello che è vivo e brillante è passato in mano al vizio, alla virtù non resta che sospirare e spremere una lagrimuccia. Essa ha dimenticato gli infocati improperi della Bibbia. Invece il cristianesimo dev’essere audace e chiamare le cose col loro nome. E’ giunta l’ora di rinunziare agli angioletti inghirlandati, perchè diventino angeli più forti e più evidenti degli aeroplani. “Aeroplani” non già per scimmiottare il mondo contemporaneo, bensì per superarlo » (Andrej Sinjavskij, Pensieri Improvvisi). Tempo fa l’ho intravisto camminare solo, a colloquio con la sua mente musicalissima. Guardarsi attorno per scorgere i suoi cantori. Ed ora che non canta più il coro, lui è triste. Il suo canto d’amore per la musica tace per sempre. Un giorno in cui il maestro percorreva, mani dietro la schiena, la strada ventosa, gli si avvicinò un uomo vestito solo di poveri panni per chiedergli: “son sempre beati i poveri nello spirito? E’ ancora loro il regno dei cieli?”. Il maestro, abbozzando un sorriso di infi nita tristezza gli si avvicinò, sussurrandogli in un orecchio: “mi prendi in giro?”. E l’uomo, di rimando: “vieni, seguimi!”. Il maestro, puro di cuore, volse lo sguardo triste verso di lui, poi mesto si avviò accanto alla di lui ombra. Giunti alla cantoria della Cattedrale l’ uomo gli disse di suonare l’organo, muto da tempo. Il maestro tremante toccò i tasti e pensò di suonare un qualunque motivo melodioso e sacro. Subito l’organo tacque, come per incanto. “Non questa musica, la tua musica!”. Inorgoglito ma disorientato per la insolita richiesta, suonò la sua musica, Cessate d’uccidere i morti. L’uomo ascese al cielo e il maestro, smise per sempre di sognare, di tribolare per chi la musica non la conosce. Ora ascolta la musica, la canta anche. La sua musica.

Autore: Giovanni Antonio del Vescovo
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