L'Altro, ultimo romanzo di Maria Addamiano
Un’angelologia della quotidianità innerva la visione del mondo alla base dell’ultimo romanzo di Maria Addamiano, L’altro (La Nuova Mezzina, Molfetta 2012). Gli angeli si insinuano tra le pieghe della nostra esistenza; guidano la mano di chi, nei momenti topici, si offre in aiuto del prossimo, impastando il dolce pane della concordia. Il libro sarà presentato il 18 aprile alle ore 18.30 presso l’Associazione Culturale della Terza Età. Il nuovo romanzo dell’Addamiano, che si avvale degli acuti contributi critici di Ottavia Spadavecchia Calò e Leonardo La Forgia, muove da una trama alquanto lineare. Giovanni Belvedere, reduce da una disumana prigionia di guerra, torna a casa, nel suo paesello, dopo tanti anni. Lo accolgono la moglie Francesca, ancora innamoratissima del suo sposo, e i figlioletti Giuseppe e Niccolò. L’idillio familiare è ricomposto, ma minacciato dagli stenti postbellici, che rendono difficoltosa la quotidianità e incattiviscono gli animi dei compaesani. Il ritrovato pater familias sarà assunto presso il locale mulino, ma la mancata partecipazione a una sedizione e il coinvolgimento accidentale nel ferimento dell’amico Tommaso attireranno sullo sfortunato protagonista, e sull’incolpevole famiglia, gli strali della comunità. Quest’ultima perpetrerà la ‘scomunica dell’esclusione’ ai danni dei Belvedere. Anche il piccolo Giuseppe, nella microrealtà della scuola elementare, sperimenterà il dramma della crudeltà paesana. La svolta, dolorosa per certi versi, ma decisamente positiva, è tuttavia imminente e assume l’aspetto confidente, quasi da giardino incantato (di cui Giovanni, da bravo giardiniere, dovrà aver cura), della tenuta di Miramonti, nei pressi di Milano... L’altro ripropone tutte le tematiche care alla produzione di Maria Addamiano. La fede – la stessa che percepiva nell’aria, in Presenza, “profumi di innamoramento” – intride di ottimismo le pagine dell’opera, in cui ricorre costantemente anche il verbo del buon senso popolare, attraverso il frequente ricorso ad adagi. Al profondo cattolicesimo, permeato di francescanesimo laico, della visione del mondo dell’autrice è riconducibile anche la presenza, nella speranzosa conclusione, di un giovanissimo seminarista di nome Antonio, palesemente modellato su Mons. Bello, figura particolarmente amata dalla scrittrice. Lo stesso stile, che alterna semplicità e scorrevolezza a enfasi, e tende maggiormente alla similitudine che alla metafora, riecheggia a tratti la prosa religiosa del Novecento. Un altro aspetto non trascurabile è l’attenzione al mondo infantile, alla base dell’opera più intensa dell’Addamiano, I racconti di Mirka. Maria insegue costantemente i pensieri del piccolo Giuseppe; nel finale, ne adotta addirittura il punto di vista, che trasfigura il caos milanese in una sorta di magica fiaba. All’esperienza didattica della scrittrice è poi riconducibile l’attenzione alla scuola primaria e alle dinamiche, non sempre edificanti, che si instaurano tra fanciulli, spesso figlie del pregiudizio degli adulti. Ciò spiega l’attenzione nel delineare anche il personaggio della maestra Carmela, in costante ricerca di strategie che coadiuvino gli alunni nel superamento di situazioni di disagio. L’emigrazione è, infine, un altro snodo non raro nella produzione poetica, scultorea e prosastica dell’Addamiano. Nei Racconti di Mirka, prevaleva il senso di sradicamento, legato all’allontanamento della piccola dai genitori e all’immersione nella realtà straniante di un lucano “paese che non si nomina”; in poesie come Solo ombre, l’immigrata clandestina giunta in Italia, spiaggiata dal mare tempestoso, non aveva altra difesa all’infuori dei propri pensieri ombrosi. Nell’Altro, l’emigrazione comporta sofferenza, soprattutto per il distacco dai nonni, custodi di un irriproducibile universo di affetti, e, in secondo luogo, per la consapevolezza che l’ottusa cattiveria dei compaesani sia stata un fattore determinante nella scelta di tale risoluzione. L’Addamiano, tuttavia, preferisce trasmettere un messaggio positivo, affidato alle parole di Giovanni: “Sono un uomo fortunato. Nonostante tutto quello che di negativo mi è capitato, ho sempre ricevuto l’aiuto sperato. [...] L’angelo non è una mia invenzione. Ne sono certo: è l’essenza della magia che è nel cuore di ogni uomo che aspetta l’altro per manifestarla”.
Autore: Gianni Antonio Palumbo