Jazz revolution a Molfetta
San Giuseppe e Maria sono appena scesi da un barcone che è andato a infrangersi sugli scogli sotto al faro di Molfetta. A terra, sono salvi per miracolo, e con loro è salvo il bambino. La chiglia mostra un profondo squarcio. Un pescatore/pastore si sta avvicinando. Sembra fermarsi e guardare in basso verso il pianista che gli dà le spalle e che ora ha iniziato a suonare. E’ un invito a improvvisare l’esistenza. È anche l’immagine del presepe allestito nella Basilica della Madonna dei Martiri, che si fonde con l’immagine dei musicisti del complesso Hocus Pocus & More che la sera del 29 dicembre hanno dato vita a un Concerto dal titolo Jazz Revolution, previsto nell’ambito delle manifestazioni organizzate dal Comune di Molfetta per le festività natalizie. A chi, come noi, ha assistito all’evento, non è sembrato irriverente guardare e ascoltare bellissimi brani di musica Jazz davanti all’altare della basilica: tutto, infatti, ha contribuito a generare un sincero stupore. Irriverente non è stato quel brano trascinante del Concerto, quel “Space in the Place”, che è stato uno dei successi mondiali del pianista, compositore, poeta e filosofo statunitense Sun Ra. “Mi piacciono tutti i suoni che sconvolgono le persone – aveva detto in una intervista – perché sono troppo soddisfatte di sé, ed esistono suoni che le sconvolgono davvero… e c’è bisogno di sconvolgerle e renderle meno soddisfatte, perché il nostro è un mondo terribile…” (in Szwed, John F. Space Is the Place - La vita e la musica di Sun Ra, Minimum Fax, 2013, pag. 314). Le note dolci di “ The Real because”, composta da Gianni Lenoci, sembrano scivolare con leggera dolcezza sui petali delle tanti fiori rossi che sono ai lati dell’altare. Guardo il padre monaco, Fra Gianfranco Rella, accarezzare la superficie curva dei tamburi. Voglio parlare con un paio di protagonisti nascosti: Padre Don Nicola, il parroco e Laura Scardigno. Padre Nicola, mi sorride felice: dice di essere convinto che, nella Basilica della Madonna dei Martiri, ciascuno dei musicisti potrà esprimere se stesso nel migliore dei modi. Ci sono elementi di sacralità nella vita di ogni essere umano: ecco perché ritiene che la musica riesca a far avvicinare ognuno di noi a quel nucleo di sacralità che abbiamo dentro. E precisa che ognuno di noi ha una dimensione spirituale che spinge ad una ricerca continua. La musica diventa uno dei canali in cui si innesta questa ricerca. Lo provoco: “Chissà se a Dio piace la musica degli uomini” – gli dico, e poi chiedo: “Chissà poi che tipo di musica potrebbe piacergLi”. E lui: “Nella Sacra Scrittura, se la studiamo bene, troviamo molte tracce per rispondere a questa domanda, e certamente ama gli autori delle salmodie, degli inni sacri etc”. Il nostro colloquio continua. “Siamo in un momento della storia umana – gli dico – nella quale, parlare di sacro e di musica può sembrare essere qualcosa fuori dai tempi, che non si accordi con il dolore e la morte, con le immani sofferenze di uomini donne e bambini, travolti dalle guerre che vediamo attorno a noi e alle quali purtroppo ci stiamo abituando”. “Ma la musica parla con un linguaggio universale – risponde Don Nicola – a tutti i popoli della terra, ed è un veicolo fondamentale per un discorso di pace. Unisce tutti e, per tornare alla sacralità della musica, devo ricordare che c’è un documento del Concilio Vaticano secondo, in cui si dedica molto spazio alla musica sacra come fonte anche di bellezza e pace. “Lo scorso anno – chiedo a Laura Scardigno, Presidente della APS Don Tonino Bello e organizzatrice dell’evento – la stessa manifestazione ebbe un grande successo. Fin da allora, avrei voluto sapere a chi è venuto in mente di utilizzare questa Basilica per un concerto Jazz”. “È stata una scelta naturale – mi risponde Laura – anche perché le-Tonino Bello” è stata fondata sull’onda del ricordo di Don Salvatore Pappagallo, che tutti ricordano come maestro e musicista della Dvorak a Molfetta e che, grazie alla disponibilità dei frati della Basilica della Madonna dei Martiri, la Associazione risiede in uno degli ambienti della Basilica stessa. Abbiamo iniziato con pochi allievi ed ora sono sulla trentina”. “Certo – aggiungo, amareggiato – Don Salvatore e il suo sogno… Molfetta e il Conservatorio Niccolò Piccinni non furono sensibili a quel suo desiderio di avere una sezione staccata del conservatorio, una offerta che avrebbe valorizzato la cultura musicale e gli eventuali talenti della nostra città”. “Dopo la sua morte – mi dice Laura – sono passati diversi anni; e poi mi è venuta l’idea di riprendere quella eredità fondando la Aps Don Tonino Bello. La musica ha la capacità di riunire popoli che sono disuniti dalle armi e dalle guerre ed è pertanto uno dei modi concreti per contribuire alla pace piuttosto che farlo con proclami che spesso sono sterili e senza frutti concreti. In ogni scuola italiana dovrebbe essere presente la cultura musicale in tutte le sue forme”. “Anche il Jazz?” – chiedo. “Certo – mi risponde subito – anche il Jazz, anzi soprattutto il Jazz. – una parola spesso abusata e facilmente confusa con altri generi musicali ma quello che fa del Jazz un genere unico e la sua irreplicabilità, perché ogni concerto è unico e questo è dovuto alla maestria di professionisti esperti dell’improvvisazione che costituisce la base della musica Jazz. Così è nato il Free Jazz che è musica in libertà, perché free significa libero, e la società che si muove attorno al Jazz è un universo di anime mosse dal desiderio di cambiare dalla forza di innovare che non si ferma anzi si fa messaggera di pace e di fratellanza, tant’è che dal 2011 l’Unesco ha istituito la giornata mondiale del Jazz prefiggendosi come obiettivo proprio quello di esaltare le virtù di questo genere musicale come strumento educativo. “Questa sera – continua Laura – abbiamo il privilegio di ospitare alcuni grandi protagonisti nel nostro territorio: una formazione composta da un trio storico che per anni è stato diretto dal maestro Gianni Lenoci, eminente compositore, interprete, didatta e intellettuale di caratura internazionale scomparso nel 2019, lasciando un enorme buco nero che inghiotte chi lo ha amato, chi lo ha seguito e lavorato con lui, ma anche chi lo conosceva appena o non lo conosceva affatto. Ma c’è di più: quello di stasera è anche l’anello di congiunzione di una lunga catena interrotta nel 2011 con la scomparsa di don Salvatore Pappagallo. Infatti proprio gli Hocus Pocus, nella formazione originale con il maestro Lenoci al pianoforte, si esibirono per l’ultimo appuntamento della rassegna “Dvorak Jazz Meeting”, giunta in quell’anno a Molfetta alla settima edizione. Dunque, proprio per sottolineare che il messaggio universale della musica non si estingue con l’assenza dei maestri, ma si trasmette e si rigenera ciclicamente adottando sonorità originali, al trio degli Hocus Pocus, Vittorio Gallo ai sassofoni, Pasquale Gadaleta al contrabbasso e Giacomo Mongelli alla batteria e con loro Marino Cordasco uno degli allievi più brillanti del maestro Lenoci al pianoforte, nella seconda parte del concerto si sono affiancati alcuni giovani rappresentanti della APS Don Tonino Bello tra cui Alessandro Angione alla chitarra e frate Gianfranco Rella alle percussioni. Essi hanno così incrociato i loro strumenti per la prima volta in un set di musica improvvisata trascinante e soprattutto irripetibile. È stata una forte emozione in tutti gli ascoltatori, e credo anche nei musicisti, dedicare la serata a quei due grandi intellettuali, a quei due geni della musica, che avevano molto in comune: l’apertura mentale tesa all’annullamento di barriere culturali di ogni genere, mai orientati alla conquista di effimeri successi o di consensi facili, convinti che la musica è quell’arte che sa essere mediatrice e riconciliatrice tra natura e uomo, tra uomo e uomo, tra uomo e Dio. © Riproduzione riservata