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Introna: “La storia di Vito Rafanelli è l'emblema della condizione di migliaia di lavoratori” L'assessore regionale commenta la morte sul lavoro del giovane operaio molfettese dell'Ilva
24 agosto 2006

MOLFETTA - “Siamo vicini alla famiglia di Vito Rafanelli che da Molfetta, ogni giorno, veniva a lavorare ad oltre cento chilometri da casa, in uno stabilimento che ogni giorno, però, diventava sempre più un incubo per le condizioni di sicurezza ed ambientali”. Con queste parole l'assessore regionale ai Lavori Pubblici, Onofrio Introna (nella foto), ha commentato la tragica fine del giovane operaio molfettese, morto sul lavoro nello stabilimento siderurgico dell'Ilva di Taranto, ancora una volta, per l'ennesima volta, teatro di una tragica fatalità che testimonia quanto siano sempre più ignorate le più elementari misure di sicurezza per la tutela della vita e della salute dei lavoratori. “La storia di Rafanelli – ha proseguito l'assessore Introna – è l'emblema delle migliaia di lavoratori dell'Ilva che non hanno scelta, se non quella di optare tra la disoccupazione o il sottostare ai padroni delle ferriere”. Ma per fare in modo che il drammatico incidente che ha spezzato la vita del giovane marito e padre molfettese sia davvero l'ultimo episodio di una lunghissima scia di morti che vede come vittime sempre i più deboli, è urgente che tutti si adoperino per far rispettare la normativa in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, affinché la tragica fine di Vito Rafanelli non sia stata vana. “I lavoratori dell'Ilva – ha aggiunto Onofrio Introna – non saranno lasciati soli. La Regione interverrà, per quanto di sua competenza, perché tra sindacati, azienda, enti locali e agenzie preposte ai controlli sia innescato un processo virtuoso che porti ad interventi strutturali sia nell'ambito delle relazioni industriali che nei processi produttivi, perché andare al lavoro ogni mattina non sia più come andare in guerra”. E l'assessore regionale della Rosa nel Pugno punta il dito contro l'azienda siderurgica di Taranto di proprietà del gruppo Riva che tanti sussidi ha avuto in passato dallo Stato ma che si dimostra sorda alle lamentele di sindacati e lavoratori che da sempre denunciano le pericolosissime condizioni in cui gli operai sono tenuti a svolgere le proprie mansioni: “L'azienda, che in Italia è la più grande del settore e forse l'unica a livello europeo, deve assolutamente cominciare ad investire una parte rilevante degli ingenti utili in nuovi impianti di sicurezza e tutela ambientale. La rabbia dei lavoratori – prosegue Introna – è assolutamente comprensibile, ma solo il confronto ai più alti livelli può far scaturire soluzioni utili sia per la tutela degli operai che del territorio. La Regione farà la sua parte”. E noi ci auguriamo che queste non restino parole al vento e di non dover piangere un'altra vittima del lavoro a causa di condizioni di sicurezza indegne per un paese civile.
Autore: Giu. Cal.
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