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INCHIESTA. Nuova periferia: dai furti alle polveri sottili Abbandonati a se stessi gli abitanti della zona che si affaccia su viale Mons. Bello
15 febbraio 2008

C'è chi dopo un anno che vi abita, vuole già vendere tutto per cambiare zona di residenza. “Una sera, rientrando a casa con i bambini mia moglie è stata seguita sin sotto casa da loschi individui”. Ma non è solo questo il motivo che determina una qualità della vita molto bassa. La situazione sta peggiorando. La zona sotto osservazione è il comparto 16, gli stabili alle spalle del polivalente molfettese, prima del ponte della provinciale per Ruvo. Si tratta degli edifici attraversati da viale Mons. Antonio Bello. Recandosi sul luogo tutto può venire in mente fuorché si tratti di un “viale” nel significato letterale del termine. A dire il vero non sembra neanche una strada cittadina. Il Comune sta gestendo in modo assurdo lo sviluppo dell'area, con ritardi irragionevoli, quanto gravi. Può iniziare l'elenco. La fogna bianca e quella nera sono state ormai completate da diversi mesi ma, inspiegabilmente, non si procede per il completamento del manto stradale. Una condizione diametralmente opposta a quella della zona dietro via Berlinguer. Qui, senza fogna bianca, ci sono già marciapiedi, pali della luce e asfalto. C'è chi dice: “E' normale che sia così perché il signor sindaco, da quelle parti, ha i suoi uffici”. Non potendo verificare la cosa, riportiamo la citazione per dovere di cronaca. Sul viale, e sulle due sue parallele, invece, manca l'illuminazione pubblica e questa è la causa della più totale oscurità, nel periodo invernale, in orari relativamente centrali della giornata. Il risultato? Nel buio i cittadini, che in realtà non si sentono più parte del nucleo urbano, parlano, magari con approssimazione, di furti in appartamenti ogni quindici giorni e di auto che scompaiono anche con maggior facilità. “Non so se mi crederà ma un po' di tempo fa hanno rubato una vettura alle 10 di sera - queste le parole di una donna – ormai non crediamo sia più nemmeno una questione di repressione”. Altri sono gli esempi d'irrequietezza: “Aspetto sempre sveglia mio figlio 17enne perché quando rincasa mi fa uno squillo appena è sul ponte. Io allora mi affaccio e lo guardo finché non entra nel portone” oppure “non lascio che i miei figli scendano a giocare perché non mi fido, a qualsiasi ora”. Gli inquilini vedono la luce come la parziale soluzione a questo tipo di problemi. C'è chi ha rinunciato alle vacanze estive pur di rimanere in città a vigilare sulle proprie cose. Chi è costretto ad uscire di casa, lascia accese le luci dell'appartamento, in barba al risparmio energetico, ma chi non farebbe lo stesso? Ci sono persino storie ironiche. “Qui non vediamo Pasqua, Natale, Capodanno. Quando abbiamo messo le luci bianche, a dicembre, fuori al balcone, non lo abbiamo fatto per festeggiare ma per illuminare”. Tutto pur di fare un po' di luce nello spazio prospiciente i palazzi. Unico faro quello dell'Insomnia Cafè, la coraggiosa attività commerciale che è aperta da più d'un anno; rispetto all'ultima intervista fatta da Quindici nell'inchiesta sulle periferie, le facce ci sono sembrate un po' meno ottimiste. “Se l'urbanizzazione parte e viene ultimata al più presto – dicono Barbara e il suo ragazzo, i due giovani che hanno investito quasi 60.000 euro - potremo resistere fino a marzo, aprile forse. Intanto, non pagheranno i 397 euro del canone RAI che invece è stato puntualmente chiesto ad inizio anno”. “Qui si affittano due locali ma nessuno si fa avanti perché, ci è stato detto, non saprebbero neanche spiegare l'ubicazione ai clienti”. Mentre si parla di spese varie, viene indicato il vetro blindato dell'ingresso che “fortunatamente resiste alle pietre”. Il piccolo materiale edile a bordo strada certe volte viene proiettato lateralmente dalle auto che procedono a forte velocità. La carreggiata presenta una triste colata d'asfalto grezzo, sistemato diverso tempo fa e che il transito dei veicoli ha consumato. Ora una polvere fine e dannosa si solleva ad ogni passaggio di mezzi. “Rimanga sino a stasera – ci dice una madre, preoccupata – poi si provi a soffiarsi il naso e si renderà conto di ciò che si respira qui”. Percorrendo il viale incriminato, si nota subito la strana rotonda molto vicina ai palazzi, non illuminata e con una segnaletica poco visibile. L'ultimo urto è avvenuto la sera prima del nostro sopralluogo: una vettura ha abbattuto una colonnina catarifrangente, probabilmente non l'ha vista. Meno istantanei i danni alle gomme sempre più rovinate e ad ammortizzatori sempre più scarichi. Ciò che fa arrabbiare la gente non è la derattizzazione che, promessa cinque mesi fa, non è stata ancora effettuata. D'altra parte, ci sono i gatti randagi che “uccidono mezza dozzina di topi alla settimana e con i quali ci si sente più sicuri scendendo nei box”. Quello che dà fastidio è l'atteggiamento del Comune. “Siamo totalmente ignorati – continuano i baristi – nonostante stiamo chiedendo, dal 16 ottobre scorso, di collocare un cartello fuori del locale per essere più visibili, non riceviamo risposta”. La mattina della nostra intervista, infatti, la giovane Barbara è poi andata all'inaugurazione dei lavori del porto, nel tentativo di parlare con il sindaco. C'è chi incalza: “Comprendiamo che la città ha anche altri problemi ma dove sono i 365.000 euro che dovevano essere destinati all'urbanizzazione? E se non ci sono loro, dove sono i nostri soldi pagati più di un anno e mezzo fa e destinati alle opere?”. Ogni tanto l'amministrazione comunale risponde: “Voi che risiedete lì avete l'agibilità?”. Il bar ne ha una parziale perché per le attività si ottiene per tacito consenso dopo 30 giorni dalla richiesta. Le famiglie legalmente non dovrebbero essere dove sono, “ma è finanziariamente impossibile, per noi – dice un capofamiglia - attendere altrove che ci sia dato il permesso”. Morale della favola: la mancanza totale di servizi e tutti i disagi che abbiamo elencato, sono praticamente legali. Un passante ci ha detto: “Spero che in campagna elettorale qui non venga nessuno a fare promesse perché verrà mandato al diavolo. Ora vogliamo solo fatti”. L'uomo, impiegato statale, è anche allergico alla polvere, facile capire l'origine dei suoi mali. Acquistare casa è un importante traguardo dopo anni di sacrifici e tasse. Vivere in un luogo tranquillo dove esistano “comodità” e servizi creati dallo Stato non è una pretesa, ma un diritto. Molfetta ha conosciuto uno sviluppo esponenziale delle periferie, vedi le precedenti inchieste di Quindici. Si tratta di uno sviluppo causato dalla richiesta di abitazioni che il mercato ha immediatamente soddisfatto. In tutto ciò il ruolo dello Stato, centrale e locale, è quello di tutelare i cittadini. Dato che i costi degli amministratori pesano sulle spalle di chi paga le tasse, sarebbe il caso che l'amministrazione comunale coprisse le spalle alla gente.
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