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In attesa del commissario, il sindaco uscente di Molfetta rivolge un saluto a tutti: ecco i responsabili della crisi «Perduta un'occasione di cambiamento, distrutto un progetto collettivo, abbiamo rilanciato la città. Ma non finisce un sogno. Ho servito la mia città, mettendo da parte la famiglia e il mio lavoro. Le colpe del PD e del suo segretario De Nicolo e l'ostruzionismo disfattista. Impossibile proseguire in un clima di sfiducia. Racconterò le cose fatte per la città e i cassetti che lasciamo pieni di futuro. La vecchia politica pronta a riprendersi il “Palazzo” e a rimettere "le mani sulla città"»
24 maggio 2016

MOLFETTA – Mentre si attende l’arrivo del commissario che, salvo ripensamenti dell’ultim’ora, dovrebbe essere Mauro Passerotti, come “Quindici” ha pubblicato in anteprima, il sindaco uscente Paola Natalicchio rivolge un messaggio alla città, facendo nomi e cognomi dei responsabili, come già anticipato nella sua intervista al mensile “Quindici” in edicola.

Ecco il testo:

«Cara Molfetta,
Da alcune ore non sono più il tuo Sindaco. Sento addosso il sapore amaro di un'occasione perduta. Il nostro mandato elettorale aveva una scadenza naturale: il 2018. Qualcuno ha voluto fermarci prima. In questi tre anni, abbiamo avviato un percorso di cambiamento che ha rimesso in moto la città. Abbiamo provato a rappresentare una politica nuova e credibile, onesta e trasparente. Un progetto collettivo di cui mi sono sentita la portavoce, che ha fatto largo ai giovani, alle donne, all'inclusione sociale dei bambini, degli anziani, dei disabili, alla buona urbanistica e alla mobilità sostenibile, all'ambientalismo, alla scommessa su cultura e turismo, pesca e agricoltura, al legame forte con il mondo della scuola, del commercio, dell'impresa, delle associazioni, dei comitati, del volontariato.
Abbiamo rilanciato Molfetta. Risanando i conti e ripulendo i bilanci. Sbloccando il Piano Regolatore Generale e la nuova pianificazione urbanistica. Riavviando opere pubbliche importanti, riqualificando Corso Umberto e Molfetta Vecchia, riaprendo i parchi cittadini, completando le urbanizzazioni nelle periferie. Facendo partire il porta a porta e comprando nuovi autobus. Restituendo centralità al sistema dei beni culturali, incentivando la creatività diffusa e la buona occupazione legata all'economia della conoscenza. Rivoluzionando le politiche sociali con i Cantieri di Servizio, l'Ostello dell'Accoglienza, il Centro Antiviolenza. Promuovendo l’innovazione digitale in città e nella macchina amministrativa, con molti servizi comunali che oggi sono a portata di un click.
Abbiamo creduto nelle potenzialità della nostra Molfetta, che si è fatta grande a Expo e ha saputo tessere relazioni con le grandi città di Puglia e d'Italia e che quest'anno anche grazie ai nostri sforzi è diventata Città Europea dello Sport.
Non finisce un sogno. Si interrompe un vero e proprio progetto-città, fatto di grandi ideali ma anche di molta concretezza. Un cantiere sempre aperto a cui stavamo lavorando 24 ore al giorno e che, passo dopo passo, stava dando forma a una Molfetta nuova.
Fare il Sindaco della città in cui sei nato è un privilegio e un onore. Nessuno lascia senza ragione una carica così. Nessuno spezza un patto con la città basato sul voto democratico dei cittadini. Io invece rinuncio a un titolo importante. E pure allo stipendio. Restituisco la poltrona. Scomoda, scomodissima ma di immenso prestigio. Dovevo finire molte cose, completare il programma elettorale. Non ho nulla di più importante da fare a Roma, non c'è mai stato nulla di più importante della mia vita negli ultimi 1000 giorni che servire la mia città. L'ho fatto, ho messo da parte tutto il resto: il lavoro, la famiglia. Volevo continuare e ne avevo il diritto. Me lo hanno impedito, mi hanno messo alla porta.

L'Amministrazione è caduta perché un pezzo della coalizione che è stata eletta con me nel 2013 ha lasciato la partita. Da molti mesi il Partito Democratico ha aperto una crisi politica permanente, che aveva già comportato le mie dimissioni di luglio. Una crisi che non si è mai fermata in questi mesi e che si è chiusa con la scelta di lasciare il campo fatta da quattro consiglieri comunali nel Consiglio Comunale sulla manovra fiscale del 29 aprile scorso. A loro - Annalisa Altomare, Roberto La Grasta, Sergio De Pinto e Lia De Ceglia - si è aggiunto un consigliere eletto nelle fila di SEL, Ignazio Cirillo, che già in altri consigli non aveva votato i nostri provvedimenti. Cinque consiglieri hanno abbandonato la nave. E quel che è peggio è che il Partito Democratico, che ne conta la maggior parte, li ha difesi. La segreteria del PD, dopo quella scelta in Consiglio, non ha chiesto scusa, ma ha rincarato la dose. Ha chiesto di non approvare il Bilancio in giunta, il giorno dopo, annunciando l'astensione da una manovra scritta anche insieme ai due assessori del PD. Un paradosso inaccettabile.

Dopo lunga trattativa, il PD si è convinto a votare il bilancio in giunta, annunciando però immediatamente critiche ed emendamenti. Condizioni, trattative, scuse: un ostruzionismo disfattista che stava rallentando l'azione amministrativa in un modo non più tollerabile. E d'altronde si procedeva a rilento su tante cose già pronte da tempo proprio perché il tira e molla su ogni provvedimento era diventato costante: il Piano delle Coste era pronto e fermo da mesi, l'avvio del Piano Urbanistico Generale era costantemente rimandato, il regolamento sulle unioni civili e il regolamento sulla socialità non sono riusciti a raggiungere il consiglio comunale nonostante un lungo ragionamento politico comune, lo stesso bilancio su cui ci si preparava a dare battaglia dall'interno è stato considerato "poco condiviso", solo per fare alcuni esempi.

Quello che è successo alcuni giorni fa è stato solo l'ultimo di una serie di episodi che sono andati avanti per mesi. La segreteria del PD ha animato una opposizione interna durissima, pur avendo rappresentanza in giunta e guidando una delle nostre società partecipate, la Multiservizi. Il PD ha mollato il Sindaco sull'ospedale preferendo votare con il centrodestra. Il PD ha imposto al Sindaco e alla Giunta una “verifica del programma del 2013”. Riunioni, su riunioni alle quali la gran parte dei consiglieri però non si presentava e in cui la segreteria PD rappresentava una linea ambigua. Nei venti giorni successivi alle mie dimissioni, il segretario cittadino Piero De Nicolo, il segretario provinciale Ubaldo Pagano e il segretario regionale Michele Emiliano hanno fatto silenzio. I consiglieri comunali che hanno attaccato l'Amministrazione non sono stati espulsi dal partito né si sono dimessi, il circolo del PD non è stato commissariato, tutto come se nulla fosse successo. Anzi, tutto come se fosse la cosa migliore che potesse succedere.

Anche fuori dal Pd, qualcuno della mia area politica oggi pone a me delle domande sul futuro della città. Io dico: le domande facciamocele tutti. Un Sindaco si accompagna e si supporta. Si critica nel merito delle cose, certo. Si corregge su questioni specifiche perché può commettere degli errori. E certamente ne ho commessi anch’io. Ma non ho sentito addosso un sentimento di piena fiducia nel mio operato da parte di chi mi ha chiamato a Molfetta nel 2013. Ho sentito piuttosto l'elenco delle cose che non ho fatto, la ricerca di imperfezioni e il censimento degli inciampi. Quando andava rivendicato a gran voce quello che avevamo compiuto in questi tre anni di sacrificio e dedizione per la città, il senso di solitudine è stato sempre più profondo.

Era impossibile proseguire in questo costante clima di sfiducia. È per questo che mi sono fatta da parte. Non si resta incollati alla poltrona, a cercare il compromesso del giorno.

Non scappo via. Racconterò con precisione le tante cose avviate in questi tre anni, i cassetti pieni di futuro che lasciamo al Comune. E resto a disposizione della città, insieme ai tanti protagonisti della cittadinanza attiva di Molfetta, alle persone perbene, a chi tiene veramente in piedi questa città con il lavoro, con il sacrificio, con le idee, con l'onestà e con il coraggio. La vecchia politica è pronta a riprendersi il Palazzo. A rimettere le “mani sulla città”. Ma sono certa che non appena sarà superata l'amarezza e la delusione, le energie migliori troveranno la forza di reagire. Io sarò al loro fianco. Sempre dalla stessa parte, mentre qualcuno è già pronto a cambiare casacca.

Ringrazio la giunta comunale, i consiglieri che hanno creduto in questo progetto, le forze politiche che lo hanno difeso fino all'ultimo, la città diffusa che ci ha aiutato ogni giorno a costruirlo in modo partecipato.

Sono certa che nei prossimi mesi la buona politica troverà una strada per riaffermarsi e ricominciare».

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