Siamo saltati sulla sedia, una situazione di una gravità assoluta, abbiamo ereditato una situazione abbastanza critica sul depuratore con la quale ci siamo immediatamente confrontati. Con queste parole il sindaco, Paola Natalicchio, ha introdotto la conferenza stampa nella sala riunioni della sede del Comune di Molfetta di Lama Scotella, cui hanno partecipato l’assessore all’Ambiente Rosalba Gadaleta, che è intervenuta sui profili ambientali generali della vicenda assistita per alcuni chiarimenti tecnici (“non sono un tecnico, ha candidamente dichiarato” nel corso della conferenza), dal tenente Gaetano Camporeale, responsabile ambiente e protezione civile del corpo dei Vigili Urbani di Molfetta e dal dirigente del servizio igiene pubblica dell’Asl Ba Elio Massarelli, e l’assessore ai Lavori Pubblici Giovanni Abbattista, che ha delineato in sintesi tutte le complesse e tormentate vicende giudiziarie legate al depuratore. «Sulla vicenda dolorosa e piena di ombre del nostro depuratore di Largo Tammone, ci stiamo attivando dal primo giorno di insediamento - ha dichiarato la Natalicchio -. L’Acquedotto pugliese ha assunto l’impegno nelle more dell’autorizzazione allo scarico che si attende dalla Regione Puglia di iniziare comunque il 15 luglio i lavori di manutenzione straordinaria urgenti per una prima funzionalizzazione degli impianti. I lavori riguarderanno l’immediata sostituzione delle pompe e dei compressori legati al trattamento dei fanghi e produrranno un rendimento di abbattimento stimato al 70% a tre mesi dall’intervento». Non meglio chiarito anche dai tecnici, in che cosa consisterebbe questo abbattimento del 70%, in quanto non sono stati forniti i valori di riferimento di partenza, il tasso di inquinamento attuale e la concentrazione dei fanghi, sui quali questo 70% andrebbe ad incidere in diminuzione, quindi in maggiore salubrità delle acque trattate e riversate in mare. Parole comunque rassicuranti, sull’impianto che è già stato al centro di un sequestro a maggio del 2012 e di un contenzioso con la società che avrebbe dovuto avviare i lavori di manutenzione straordinaria e adeguamento alle normative per evitare danni ambientali. Danni che ad oggi, ci sono e continuano a permanere, stante la non funzionalità dell’impianto che, de facto, riversa in mare in reflui, in maniera “tal quale”, senza alcun trattamento. Il sindaco non ha voluto sottrarsi a una specifica domanda sui controlli da eseguire posta da “Quindici” su questa vicenda che si trascina da oltre 12 anni tra contenziosi, ditte in liquidazione, indagini della Procura. Visto che nella storia tormentata dell’impianto di depurazione di Molfetta molte volte sono stati annunciati degli interventi sull’impianto, poi mai eseguiti, in che termini il Comune intendesse vigilare su lavori definiti «straordinari». «Apriremo una stagione nuova di controllo, l’ente (il Comune, ndr) ha intenzione di seguire questa vicenda nel dettaglio», ha rassicurato la Natalicchio in modo generale. Risposta certamente positiva, ma i termini e i modi della verifica e soprattutto l’incaricato o l’incaricando della verifica di questi “lavori di manutenzione straordinaria”, non sono stati esplicitati. La questione della “vigilanza”, avanzata nella conferenza stampa da “Quindici”, non è di poco conto se si pensa che proprio la Magistratura, si sia interessata sull’assenza dell’ “attività di controllo da parte delle società incaricate, sulle opere di adeguamento degli impianti”. In altri termini: non basta annunziare le opere ma occorre che qualcuno verifichi in tempo reale, se questi lavori sono effettuati realmente, questo dovrebbe suggerire l’esperienza, anche dai risultati dell’attività di indagine degli organi inquirenti. «Negli ultimi giorni - ha detto il sindaco - questa amministrazione ha partecipato il 25 giugno al tavolo tecnico AIP evidenziando l’urgenza che AQP riprenda l’impianto, per quel che riguarda lavori e gestione, rendendolo immediatamente funzionante attraverso l’esecuzione di lavori di manutenzione che migliorino entro alcune settimane il processo di depurazione in modo tale da ottenere immediati risultati in termini di pulizia delle acque, soprattutto nella zona critica di Torre Calderina e della costa di ponente». Non è mancato neanche il passaggio relativo ai dipendenti dell’impianto che, ha spiegato il sindaco, «sono dei lavoratori che hanno diritto alla retribuzione, indipendentemente dalle responsabilità della ditta » annunciando di aver sbloccato i fondi dell’ultimo bimestre, aprile-maggio, canone corrispondente ad € 84.000. Il sindaco ha tratteggiato in linee generali la disastrosa storia del depuratore di Largo Tammone “ancora mal funzionante”. Un eufemismo, in realtà, perché dietro la parola “mal funzionante”, si nasconde, purtroppo, la dura e cruda realtà di un impianto che per intricatissime vicende giudiziali e per possibili comportamenti delittuosi, al vaglio della magistratura inquirente, che hanno tra l’altro provocato il sequestro giudiziale dell’impianto stesso (nel corso dell’operazione «Dirty water»), ha inghiottito in questi anni, circa 8milioni di euro tra stanziamento iniziale regionale, contenzioso comunale e canone che l’acquedotto ha bimestralmente trasferito per il pagamento di Eurodepuratori, la società in liquidazione che ancora lo gestisce. 8milioni di euro, che sono serviti, de facto, a riservare in mare senza alcun trattamento, tutti i reflui, senza alcun trattamento, ed è qui la beffa. Non bisogna dimenticare che due dei presunti reati contestati dalla Procura di Trani nell’operazione Dirty Water erano proprio frodi in pubblica fornitura e truffe ai danni dello Stato in finanziamenti pubblici, aggravati non solo dalle continue e inconsuete proroghe ottenute dall’ATI per i lavori di potenziamento, ma anche dal cambiamento di quanto stabilito nel contratto, prevedendo pagamenti dei lavori a misura e non a corpo. Secondo gli inquirenti, «grave» è stata anche la condotta d’inadempimento da parte dell’ATI Eurodepuratori, per la sua «malagestio », «con il concorso e con l’agevolazione ascrivibili ai funzionari della stazione appaltante ed in particolare della Direzione dei Lavori e del R.U.P.». Non sono solo «condotte omissive», gli inquirenti hanno contestato anche «condotte fraudolente» a danno del Comune e della Regione Puglia nell’ambito dell’adempimento contrattuale circa il servizio e la conduzione dell’impianto (in particolare, «la trasformazione del contratto da corpo a misura o le relative proroghe che giustificavano un inadempimento in itinere e infine posti alla base della transazione senza collaudi e verifiche»). Si comprende perfettamente la delicatezza dell’argomento “controllo” sull’effettuazione di questi “lavori di straordinaria manutenzione”. I problemi veri di questo impianto di proprietà comunale, finanziato per oltre 3 milioni di euro dalla Regione nell’anno 2001, iniziano quando nel 2002 AQP chiede al Comune di Molfetta, di prendere il depuratore in gestione (l’amministrazione comunale era allora guidata dal sindaco Tommaso Minervini), ma il Comune “ritiene di non avere la professionalità interne per gestire l’impianto” e quindi nella convenzione con AQP, la gestione viene data alla ditta Eurodepuratori, dopo un’intricata vicenda di passaggi e contro passaggi, che sfocia nella determina del 24 dicembre 2004 che affida la gestione a Eurodepuratori. Il paradosso di questa vicenda è che il Comune - illo tempore - ritenne di non essere in grado e di non avere professionalità interne adatte alla gestione di questo impianto, ma si è visto poi in questi anni, a cosa hanno condotto le “esternalizzazioni”. Sulle vicende giuridiche si è soffermato l’Assessore ai lavori Pubblici Giovanni Abbattista. I problemi più rilevanti sorgono dal fatto che, nonostante la transazione del 2009, che impegnava per un verso il Comune al versamento di 750mila euro e per altro verso la Eurodepuratori Spa, ad eseguire delle opere, le stesse «non sono state mai eseguite, cosa che ha generato un contenzioso nel contenzioso in sede civile» – parole di Abbattista – senza dimenticare che esistono contenziosi di natura amministrativa e penale. L’impianto è stato dissequestrato a febbraio 2013. A seguito del dissequestro, l’AIP (Autorità Idrica Pugliese), insedia un tavolo tecnico per la consegna, dal Comune di Molfetta ad AQP. Due elementi però rallentano il passaggio: 1) La regione non ha rilasciato l’autorizzazione allo scarico in mare; 2) esiste un contenzioso tra il comune di Molfetta e la Eurodepuratori spa. E’ per questi motivi «che lo scarico resta fuori norma, ma da qui la situazione deve iniziare a muoversi», secondo il sindaco – e non si può prendere la cosa negativamente, anzi, ma occorrono le verifiche, la fiducia incondizionata, non va concessa più a nessuno ed è su questo principalmente che l’attenzione di “Quindici”, che è intervenuta più volte sulla vicenda, si è maggiormente soffermata. Il depuratore, ad oggi, è ancora una questione irrisolta. I liquami, ad oggi, non sono adeguatamente trattati, continuano ad essere scaricati a mare nei pressi della Torre Calderina, dove si sommano non solo i reflui di Molfetta, ma anche quelli di Corato, Ruvo e Terlizzi. Una fucina di acque inquinanti. Ad oggi, la realtà è ancora questa, confidando che le parole del sindaco, a breve, si traducano effettivamente in realtà, che questo impianto inizi una volta per sempre a funzionare e che i cittadini non continuino a pagare di tasca propria per anni per gli errori e l’errata gestione della cosa pubblica dell’amministrazione Azzollini, costato finora 8 milioni di euro. CALA SAN GIACOMO Il Sindaco ha voluto soffermarsi anche sulla questione della balneabilità di Cala San Giacomo e non solo, anche sulla pulizia di quella che “l’hanno scorso era stata adibita a discarica” – parole del Sindaco. I lettori forse rammenteranno la querelle tra “Quindici” e gli “esperti del ramo” (nel caso di specie “dell’alga”), sulle alghe rimosse anche da altre zone del litorale molfettese e ivi depositate in maniera massiccia (ammassate e pressate sostanzialmente), all’inizio dell’estate scorsa. Quindici ebbe modo di denunciare quanto meno l’inopportunità di quell’insana trovata, se non proprio l’illegalità, inopportunità di maggior evidenza quest’anno, non fosse altro che la cala, oggi, è balneabile, e adesso la pulizia vene fatta sul serio, di concerto con gli stessi tecnici dell’Asm (“atroce destino”), che l’anno scorso ne avevano ulteriormente aggravato la situazione, spandendola tutta di una quantità enorme di massa nera e putrescente. La Cala l’anno scorso si presentava di colore brullo. Un orrore, a voler essere magnanimi. In merito, l’assessore all’Urbanistica Rosalba Gadaleta, ha voluto rassicurare sull’integrale recupero della cala stessa, concertata con il direttore Asm, ing. Silvio Binetti, più volte citato ma, che l’anno scorso, aveva un’idea completamente opposta, certamente non giustificabile, con la non balneabilità della cala stessa l’anno scorso. In pratica, andarono “gli esperti”, l’anno scorso, ad ammazzare un morto. “Abbiamo chiesto alla Asm di pulirla in profondità e periodicamente, così da poter liberare una nuova spiaggia libera per i bagnanti molfettesi. Presto immagineremo unì’iniziativa di festeggiamento” ha concluso Paola Natalicchio, riaffermando nella conferenza, quanto già detto in occasione dell’annunzio della riconquistata balneabilità della cala le cui acque ha voluto rassicurare il Sindaco saranno “costantemente monitorate” – rassicurando in tal senso quei cittadini che avevano da subito palesato qualche perplessità in ordine alla temporaneità di tale balneabilità. I valori che hanno consentito la balneabilità, però, non sono stati resi noti, una anomalia, nonostante vi fossero presenti i tecnici (dott. Massarelli in primis).