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Il prof. Vito Favuzzi e suoi alunni con Giacinto Panunzio al liceo di Molfetta
15 febbraio 2011

L’ISOLA DELLE STO RIE Via G. Salepico, 47 MOLFETTA http://ilghignolibreria.spaces.live.com la tua libreria Il 27 luglio 1911 moriva a Molfetta nell’attività del suo lavoro il prof. Vito Favuzzi. Egli, nonostante “il male implacabile minava e rodeva”, negli ultimi giorni della sua vita “levandosi dal letto di morte ancora ammalato, pallido e febbricitante, andava.. sotto la sferza del sole di Luglio al Liceo per fare gli esami, ed ivi doveva.. accelerare il processo letale con gli sforzi del moto e della voce, con l’intenso lavoro mentale e le preoccupazioni dello spirito”, dice Giacinto Panunzio nel commemorare il suo Professore, del quale fu “amico, ammiratore e sovra tutto discepolo” (In memoria del prof. Vito Favuzzi ordinario in fisica al Regio Liceo di Molfetta, Tip. Guglielmo Panunzio, Molfetta 1911, pp. 5 e 3). Nato a Molfetta l’8 maggio 1859 e laureatosi in fisica all’Università di Napoli (1893), Vito Favuzzi, dopo aver insegnato nella Scuola Tecnica, fu dall’a.s. 1899 – 1900 professore al Liceo, dove fu suo alunno fino al giugno 1906 Giacinto Panunzio (n. 1889). In quell’ a.s. 1905 – 1906, frequentarono la stessa classe col Panunzio anche Vitangelo Poli (n. 19 gen. 1888), suo cugino e compagno di scuola fin dal ginnasio, e Vincenzo Francavilla, di San Ferdinando di Puglia (n. 29 nov. 1887), proveniente dal Liceo di Trani (v. Registro iscrizioni e voti trimestrali del Liceo di Molfetta 1905 – 1906, in Archivio dell’Istituto, per la cui consultazione ringrazio il Preside, Prof. Giuseppe Cannizzaro). Divenuti tutti e tre avvocati, il Francavilla fu pure poeta come il Panunzio, il quale lo ricordò “fratello d’anima” nella poesia In morte di Arrigo, (24 ago. 1920), il fratello minore di Giacinto (nato nel 1891), che nell’autunno del 1906 “drizzò alla quarta Ginnasial le vele”, com’egli scrive in Poesia 1906 – 1930 (Cappelli, Bologna 1930, pp. 113 e 29), dove col “Frammento” Per Vincenzo Francavilla (p. 90), ricorda anche la morte eroica avvenuta in guerra (1916) dell’amico poeta. L’anno dopo la fine del conflitto 1915 – 18, anche Vitangelo Poli, nel discorso La nostra Vittoria (pubblicato dalla Libreria Spadavecchia, Molfetta 1919), tenuto nel R. Liceo di Molfetta il 4 novembre 1919 per l’apposizione della targa di bronzo riproducente il Bollettino del Generale Diaz (sul muro della scala d’ingresso), ricordò “Vincenzo Francavilla mio ideale compagno di vita, che fra queste mura educò la sua bell’anima all’amore d’Italia” (p. 18). Fra quelle stesse mura, nel giugno 1906, terminato il 3° Liceo con un’ottima votazione nelle discipline scolastiche, i tre amici ottennero la licenza d’onore, dispensati dagli esami, insieme ad altri tre compagni di classe: Pietro Caldarola di Ruvo di Puglia, Ugo D’Alonzo di Mesagne e Rodolfo De Liso di Martano (Le). In loro onore, la sera del 4 luglio “vi fu una festa nel giardino e sulla terrazza di casa Poli”, (in via San Domenico 11, di fronte al porto), sulla cui facciata il 1° marzo era stata scoperta la lapide, con l’epigrafe dettata dal Preside Giovanni Panunzio, a ricordo della nascita del fisico e naturalista Giuseppe Saverio Poli (Corriere delle Puglie (=CdP), 6 marzo 1906). “Tra festoni di fiori – riferisce il CdP del 6 luglio 1906 – spiccavano in quella festa i ritratti di Carducci, D’Annunzio, Ibsen, Tolstoi e di tanti altri. In ogni parte si leggevano motti inneggianti alla volontà ferrea di questi giovani studenti. In mezzo ad un trofeo, illuminato a luce elettrica emergeva il busto di Giovanni Bovio, per cui i giovani avevano culto e vivo entusiasmo, inspirandosi alle virtù civili dell’ illustre Uomo. Vi furono danze e rinfreschi, si recitarono poesie, ed in ultimo Gioacchino Poli (zio di Giacinto Panunzio e Vitangelo Poli, e corrispondente dello stesso “Corriere”) rivolse ai giovani delle calde parole inneggiando al loro splendido avvenire, e distribuendo fiori e cartoline d’occasione. Si fece pure dell’ottima musica diretta dal maestro Sergio Lezza”. Conseguirono la licenza dopo gli esami i compagni di classe: Boccardi Vito Cesare, De Iudicibus Matteo, De Nichilo Domenico, Del Vescovo Donato, Mancini Vincenzo, Modugno Leonardo, Pansini Domenico, tutti di Molfetta, e altri undici, nativi di Corato, Castelsaracedino, Gravina, Trinitapoli, Trani, Gumo Appula, Giovinazzo, Barletta (2) e San Severo (2) (come dal Registro cit.). Discepoli al Liceo del “sacerdote di storia Corrado Salvemini, che ci innamorò degli ideali del Risorgimento, e poi della questione sociale” – scrive il Panunzio nel pubblicare su “Italia domani” del 20 settembre 1959 alcune sue lettere di Gaetano Salvemini (su cui v. anche G. Salvemini, Corrispondenze pugliesi, Mezzina Molfetta 1989), essi ebbero nel professore di Fisica Vito Favuzzi un “esempio vivente di quanta feconda e nobile energia sia capace il Metodo: quel metodo che Egli forse derivò ed attinse e ritemprò ne la consuetudine degli abiti mentali che le scienze massimamente esatte Gli apprestavano”, dice ancora Panunzio (In memoria cit., p. 4). Nella commemorazione, inoltre, egli ricorda il suo “buon professore, di verno e d’estate … pur sotto la neve con l’abito verde ed il pastrano bianco col solito passo svelto. Vi ricordo, - egli dice -, preoccupato della lunghezza dei programmi, vociferare per ore intere; Vi ricordo prolungare al massimo l’ora della lezione e trattenerci anche in piedi per spiegare di più, e, mentre all’uscio sibilava il Prosit, dividervi in mille per gli schiarimenti che tutti Vi chiedevamo: sempre premuroso, affabile, sorridente, col gesto consueto di appoggiarci una mano sulla spalla, e di giocherellare col laccetto delle lenti d’oro” (p. 5). Nel ricordo, prosegue Panunzio, “Vi rivedremo dovunque, mio buon Professore, in ogni angolo del Liceo, sui marciapiedi del Club, nella strada dove abitavate, lungo il mare intorno la Villa Comunale, per le vie di campagna dove spesso vi s’incontrava al tramonto, sorridente e solitario, e vi rivedremo pure nella Libreria del buon Tommasino (Spadavecchia), che formava per Voi come il tratto di unione tra la Scuola e la strada; in quella Libreria che del Liceo era come l’istituzione collaterale ed il prolungamento ideale, là dove ogni sera Vi fermavate a discutere e a riposare, fuso e confuso ai discepoli, non più Professore, ma consigliere e quasi fratello maggiore” (p. 8). Luogo d’incontro anche degli artisti locali, nelle vetrine della stessa Libreria, in largo Sant’Angelo, furono allestite delle esposizioni artistiche come quella dell’ottobre 1906 (v. CdP, 26 ott. 1906) con un ritratto di Giuseppe Mazzini di Alessandro Guidati (barbiere, socialista, le cui qualità artistiche furono apprezzate da Filippo Cifariello), una tela di Nicola Panunzio dal titolo “Monaco in lettura”, dei paesaggi di Pasquale Peruzzi “Campagna Romana” e “In riva ad un fiume”, delle tele del giovane Liborio Romano e un busto di Giovanni Bovio del giovane Giulio Cozzoli (ora nella Biblioteca comunale “Giovanni Panunzio” di Molfetta). Negli anni seguenti, lo stesso Spadavecchia fu anche uno dei rivenditori a Molfetta della rivista di Giuseppe Prezzolini, “La Voce”, alla quale collaborò Salvemini con alcuni suoi articoli (v. G. Salvemini, Carteggio 1910 e 1911). Agli amici del “gruppo Spadavecchia” oltre che “alla famiglia Panunzio e a Don Peppino Poli” ( padre di Vitangelo) che gli aveva scritto “una bella cartolina”, Vincenzo Francavilla scriveva dalla zona di guerra alla sua famiglia il 25 luglio 1916, (pochi giorni prima di essere ucciso sul San Michele del Carso il 7 agosto), di mandare “affettuosi saluti” (v. Vincenzo Francavilla, L’aquila e l’eroe, a cura di Fausto Salvatori Roma s.d., p. 50). Dopo la morte del suo amico poeta, Giacinto Panunzio confidava a Salvemini in una lettera del gennaio 1917 (v. G. Salvemini, Carteggio 1914 – 1920, Bari 1984, p. 291) di provare vergogna per “essere inabile” a partecipare a quella guerra contro l’Austria, dove invece anche Vitangelo Poli combatté “con la 3a Divisione di Cavalleria che vide, per prima, il tricolore sventolare sulla torre di Udine” (La nostra Vittoria cit., p. 14). Contro l’Austria però Giacinto Panunzio fu a Molfetta il 27 novembre 1908, quando, studente universitario, partecipò alla manifestazione fatta dagli studenti del Liceo Ginnasio e delle Scuole tecniche per protestare, come successe in diverse altre città d’Italia, contro le bastonate date a Vienna agli studenti italiani desiderosi di volere una Università italiana a Trieste. Al corteo di protesta, fermatosi in piazza Vittorio Emanuele sotto il palazzo De Dato, sede allora del Vice Consolato Austro – Ungarico, seguì un pubblico comizio in cui parlò appunto Giacinto Panunzio, che - riferisce Vesevo (Giuseppe Poli) in CdP del 29 novembre e 1 dicembre 1908 - “entusiasmò il gran pubblico con elevate parole di occasione, e con felice sintesi elencò i lunghi martìri sofferti dai nostri connazionali ad opera dell’Austria”. Alla dimostrazione, partecipò anche il prof. Vito Favuzzi, che “fu con noi – ricorda il Panunzio (In memoria p. 6) - e prese parte perfino al pubblico comizio quale rappresentanza professorale, infrangendo così e coraggiosamente le rigidi forme degli ambienti accademici, ammuffiti sovente in una fraintesa e narcotica disciplina”. Qualche mese dopo, quando ci fu il terremoto che distrusse Reggio Calabria e Messina, il prof. Favuzzi fu “a fianco nostro – prosegue il Panunzio - ad organizzare una gita di beneficenza, e lo vedemmo con gli altri professori e con noi internarsi nelle più remote vie di Molfetta, ed esser poi l’anima di una recita di beneficenza pro Calabria, portando in ambo le iniziative il suo spirito di lavoro e di metodo, così da diventare il cassiere indispensabile e naturale. Quando poi nell’estate del 1910, un centinaio di giovani armati di buona volontà era nelle porte del paese vigilando con diurna e notturna opera di previsione la prossima invadente epidemia colerica, Egli fu dei nostri, e passò insieme le notti disertando la casa ed il letto, fino all’ultimo minuto, senza fastidio e senza vanità, con la sua divisa fiammante: il bene per il bene” (p. 7). Negli ultimi due anni della sua vita, il Favuzzi profuse la sua opera anche nel “ Comitato Pro Ospedale”, inteso a dotare delle strutture necessarie la sala operatoria costruita nel vecchio convento di San Bernardino con il lascito di Donato Pappagallo, fratello dell’allora Presidente dell’Ospedale. “Egli fu il più vigile ed il più assiduo”, ricorda il Panunzio, nell’organizzare al Politeama Attanasio (che sorgeva sull’area dov’è oggi la banca in via Respa) lo Stabat Mater di G. Rossini, che fu diretto il 21 marzo 1910 dal maestro Francesco Peruzzi (v. la locandina fotoriprodotta in G. de Marco, Un album per Molfetta, Molfetta 1985, p. 46). Negli ultimi mesi del 1911 poi il Favuzzi si dedicò allo stesso modo, prosegue il Panunzio, “nell’improbo lavoro della Lotteria, scrutinando i biglietti, curvo sul tavolo, vigile in un pubblico Largo, anche nelle ore più impossibili e calde, spesso solo o con pochissimi, rimproverando tacitamente la nostra che era pigrizia in suo confronto” (In memoria cit., p. 7). Organizzata i primi di gennaio (come riferisce Vesevo in CdP del 10 gennaio 1911), La pesca di beneficenza Pro Ospedale fu inaugurata il 26 marzo, nella concomitanza del 50° dell’Unità d’Italia, nel largo Municipio, dove con il Favuzzi e il Panunzio intervennero anche il maestro Peruzzi, Tommaso Spadavecchia e l’avv. Ilarione Poli, (v. CdP, 29 marzo 1911), che il giorno del funerale ricordò l’amico con un discorso (pubblicato In memoria cit., di seguito a quello del Panunzio), rivolto alla vedova Angela Maria Spadavecchia, la quale eresse poi al consorte una tomba, nella zona monumentale del cimitero, anche suo riposo, quando morì novantenne nel 1961. Poco dopo la morte del Favuzzi, Gaetano Salvemini, incaricava Francesco Picca di mandare alcune “informazioni” su di lui al prof. Francesco Ferrari, della Federazione Nazionale Insegnanti Scuole Medie (FNISM), di cui il Favuzzi era stato socio in precedenza (v. G. de Gennaro, La Città di Salvemini, Molfetta 2000. Di queste informazioni, che il 23 agosto 1911 il Picca scriveva a Salvemini di aver provveduto a mandare, non si conosce però l’esito finale (v. lettera del Picca in Archivio G. Salvemini, Firenze, che si ringrazia per la gentile concessione). Il 16 novembre successivo, il “Corriere delle Puglie” dava notizia che a sostituire il defunto prof. Favuzzi era venuto a insegnare fisica al Liceo di Molfetta il prof. Carlo Zedda, assistente dell’Università di Cagliari, vincitore dell’ultimo concorso alle cattedre di Fisica dei Regi Licei.

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