Il pres.del cons.regionale Pepe ricorda Aldo Moro nell'anniversario del rapimento
BARI - 16.3.2006
Il presidente del consiglio regionale pugliese, Pietro Pepe, ricorda Aldo Moro (nella foto) a 28 anni di distanza da quel terribile 16 marzo del 1978, giorno del suo rapimento.
"Il ricordo di Aldo Moro, è sempre vivo e fecondo il pensiero politico dello statista pugliese - dice Pepe -. Fu un gigante della politica italiana, in grado di cogliere prima di tanti altri la particolarità di un Paese uscito distrutto dalla guerra ma che riuscì a dotarsi di una Costituzione frutto dell'incontro tra culture diverse.
In tal senso, il percorso intellettuale di Moro incardina l'evoluzione della società italiana. Raccontare la sua vita vuol dire valutare la storia italiana, nei suoi alti e bassi: dalla nascita del centrosinistra, all'esplosione del 1968, quando intuì, unico nel suo campo, che nonostante tante contraddizioni quella stagione segnava comunque la fine di un'epoca e che nuovi soggetti sociali chiedevano di partecipare alla politica; e fu così anche negli anni Settanta quando, analizzando le modifiche in atto nel sistema politico e il rischio del nascente terrorismo, teorizzò l'avvio di una “terza fase”.
Fu un grande mediatore, ma sarebbe sbagliato attribuire a questo un significato riduttivo. La mediazione, invece, è l'arte di cercare l'intesa, di promuovere accordi, sinergie, di smussare le divergenze pretestuose per rinnovare la vita sociale e politica. Ma fu anche uomo delle scelte coraggiose, convinto della necessità di allargare la base democratica della maggioranza parlamentare, nel quadro del rispetto delle alleanze internazionali del Paese.
Grazie a questa concezione della politica che si avvia una nuova stagione politica. Egli avverte che la fase del Dopoguerra volge al termine e che occorre lavorare per far emergere dal “ghetto” le forze politiche della sinistra democratica, ampliando il sostegno alle Istituzioni. In pratica egli comprende che il futuro non poteva essere solo nelle mani di un solo partito o di una sola cultura. In questo senso fu un antesignano di una sorta di “bipolarismo mite”.
E' questa la sua grande eredità: la politica come terreno di confronto da cui fare emergere il bene comune, luogo delle idee e dei programmi, e non arena per scontri lessicali e muscolari.
In questo solco si collega la riflessione di Moro sul Mezzogiorno. Nel discorso per la fiducia al suo governo, nel 1963, affermò che “chiamare il Mezzogiorno a congiungersi con il resto del Paese non è solo azione di riscatto economico di un'area depressa, ma bensì è opera di elevazione civile collegata allo sviluppo della coscienza democratica dell'intera comunità nazionale”.
Parole profetiche - conclude Pepe, in un'epoca in cui, invece, emergono gli egoismi territoriali".