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Il Paesaggio italiano di Cosimo Allegretta Alla Galleria 54 Arte Contemporanea
15 ottobre 2024

Si è conclusa il 30 settembre la personale di Cosimo Allegretta, Paesaggio italiano, allestita presso la Galleria 54 Arte Contemporanea, in via Baccarini. Cosimo Allegretta è artista dal percorso solido, che lo ha veduto, come ha evidenziato Luigi Dello Russo, soffermarsi in particolar modo sulle due direttrici “delle composizioni still life e (…) dei comportamenti sociali”. Un itinerario di lungo corso tra pittura e scultura, dalla ritrattistica alle steatopigie Pomone, passando per la rilettura di una serie di miti, classici e biblici, quali la vittoria di Davide su Golia, episodio che – secondo quanto faceva rilevare Gaetano Mongelli – è stato a lungo “esegeticamente interpretato quale prefigurazione ‘delle tentazioni subite da Gesù nel deserto, ad opera di Satana’: quindi, sotto forma di metafora (…) del bene che sconfigge il male. E, di riflesso, metafora della ‘buona’ pittura che prevale sull’oleografico e sul pressapochismo della ‘cattiva’”. Nella sua ricerca, non di rado Allegretta ha sondato le possibilità espressive della rappresentazione del brutto, consapevole della fecondità espressiva a essa connessa. Non è dimenticare, infatti, quanto asseriva Francesco De Sanctis, quando diceva che “Il bello non è che se stesso; il brutto è se stesso e il suo contrario, ha nel suo grembo la contraddizione”. Nella mostra Paesaggio italiano, Allegretta ha ripreso un filone da lui esplorato negli anni Settanta, periodo in cui in America si andava diffondendo il graffitismo. Quella ricerca sfociò nell’esposizione dal 24 aprile al 13 maggio 1977 presso la molfettese Galleria “La Medusa”. La mostra a 54 Arte Contemporanea recupera alcune di quelle opere, accanto ad altre dall’artista realizzate ex novo. Nelle tele dell’allestimento l’intonaco diviene elemento compositivo che duetta con l’ocra, con i colori a olio, con i gessetti. Se il titolo potrebbe inizialmente far pensare, in maniera fuorviante, alla rappresentazione paesaggistica tradizionalmente intesa, in realtà la parola “paesaggio” va ricondotta all’idea di “porzione di territorio come appare abbracciata dallo sguardo di un osservatore”. E lo sguardo del pittore si posa su muri sui quali individui anonimi o comunque non più precisamente identificabili hanno tracciato segni del loro passaggio. Un paesaggio italiano perché è tipologia di visione che si presenta frequentemente a chi percorra le nostre strade, a volte provando dispetto per quelli che appaiono segni tangibili dell’inciviltà umana. Un paesaggio peraltro universale, nella rispondenza a quello ch’è un istinto che ha portato alle pitture rupestri di Altamira e Lascaux, alle iscrizioni pompeiane, alle varie forme di street art che hanno preso vita. Una maniera di affermare il proprio esistere, marcare un territorio, lasciare una traccia in cui derridianamente ciò ch’è stato possa baluginare come differenza, nella misura in cui il suo passaggio si avverte nella dimensione del differre. V’è ogni forma di espressione: dal turpiloquio allo slogan politico (non dimentichiamo che quest’affermazione della propria esistenza da parte di ciò ch’è sommerso è atto schiettamente politico), dal disegno stilizzato alle dichiarazioni d’amore. L’artista vi inframmezza i nomi delle persone a lui care, li contorna di date dal valore simbolico, quasi numeri magici di una formula apotropaica contro la sventura. Anche la Morte, quando balena nel teschio di Zorro 52, più che memento è parte integrante di una battaglia di segni in cui non si registrano morti né feriti. Paesaggio italiano è allestimento che l’osservatore può fruire con interesse, grazie all’ironia che pervade ogni tela, all’empatia verso l’umano, alla capacità di trasformare in bellezza persino la sconciatura di un muro. Perché dietro quel segno si cela una vita, con le sue tensioni e i desideri repressi e infine ‘urlati’ laddove non può esserci ascolto, ma silenzio. Si tratta di parole e icone mute destinate a sopravvivere alla voce che le ha taciute, a restare paesaggio, a parlare dell’uomo che lì è stato e forse ora è altrove. © Riproduzione riservata

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