MOLFETTA – “Les jeux sont faits, niente ballottaggio, Ninnì Camporeale Sindaco”,questo avrebbe voluto gridare ad alta voce il sen. Antonio Azzollini (il vero candidato sindaco a Molfetta, in pratica), qualche giorno fa, ultimato lo spoglio dell’ultima scheda, nell’ultima sezione. E invece no, è ballottaggio domenica e lunedì, tra Ninnì Camporeale e Paola Natalicchio e che ballottaggio, al cardiopalma fino all’ultimo, forse fino all’ultima scheda.
Il ballottaggio, tanto agognato dallo schieramento del centrosinistra, ma tanto esecrato dallo schieramento di centrodestra, che fino all’ultimo giorno della campagna elettorale del primo turno ha sbandierato sondaggi su una possibile schiacciante vittoria elettorale in un unico turno, rivelatisi poi taroccati. Ma non è una novità. Non dimentichiamoci infatti che l’Italia è l’unico paese al mondo che, tra le tante peculiarità, ha sondaggisti di tutto sospetto, tra destra, sinistra e centro, che sfornano di tutto, per tutti i gusti, nella maniera più credibile e plausibile, in base alla parrocchia di riferimento. In realtà non rilevano alcunché, se non i desiderata del committente stesso del sondaggio. Una bischerata italiota, diciamolo chiaro e tondo.
Il leader maximo del centrodestra molfettese, le ha tentate veramente tutte, per evitare questo ballottaggio, ma adesso il ballottaggio c’è con tutte le insidie del caso, compreso un centrosinistra unito e compatto: dalla sinistra, al centro ai movimenti civici. La cosa che manda in crisi quasi disperata quelli del centrodestra, che non erano affatto preparati ad una simile “terribile” evenienza. Tra l’altro c’è adesso una massa indistinta di elettori che si recherà alle urne e che dovrà scegliere solo tra due persone, due volti, due modi di sorridere e forse di impersonare la politica. Molte esperienze analoghe hanno dimostrato, che il voto al ballottaggio viene dato dall’elettore, indipendentemente dalla idea politica dello stesso e del candidato da votare. Un bel rebus per chi è abituato a fare sempre i calcoli. Ma ben venga questa splendida imprevedibilità dell’esito. In molti voteranno Paola o Ninnì, seguendo forse solo e semplicemente un impulso emotivo e la cosa fa tremare i polsi a tutti, ma forse ancor di più all’onnipotente (si spera ancora per qualche giorno) Senatore, vero alcalde da oramai parecchi anni, di Molfetta.
Entrambi i candidati alla poltrona di primo cittadino, questo lo sanno perfettamente, si rivolgono direttamente, senza tanti giri di parole, anche ai candidati al consiglio che non saranno mai eletti del campo avverso e anche e soprattutto ai loro elettori che sono stati condizionati al primo turno dal c.d. “voto parentale e/o amicale” oltre che ai propri candidati ai quali stanno dando la sferzata finale.
Tutti i candidati al consiglio comunale, però (e tra questi bisogna annoverare anche quelli che hanno sostenuto al primo turno Bepi Maralfa e Gianni Porta che oggi sostengono Paola Natalicchio), arrivano allo scontro finale sotto stress: la tensione da campagna elettorale è ai massimi livelli, l’ansia per i risultati del voto di ballottaggio toglie loro il respiro e provoca insonnia, soprattutto a quelli di loro che in caso di sconfitta, non sarebbero comunque eletti, ma per i quali è stato importante classificarsi nella “fascia utile”, quella dei primi dei non eletti, che certamente non preclude nel quinquennio, in caso di vittoria del proprio candidato sindaco, di poter entrare nell’arena consigliare, in seconda battuta.
Sono questi, solo alcuni degli aspetti – non è possibile tratteggiarli tutti – che non rasserenano affatto la mente, portano al nervosismo, all’ansia, mentre, al contrario, proprio in questo momento, si chiede ai candidati eletti, eleggibili e subentrabili al Consiglio Comunale, un ulteriore e lucido sforzo, ancora più duro del precedente, più estremo.
Ce la faranno i nostri eroi? Certo, ma non tutti, e per ovvie ragioni: uno schieramento prevarrà sull’altro, anche in termini di resistenza nervosa, questo i due leader, lo hanno compreso benissimo. Vince anche chi è più tranquillo e riesce ad infondere più serenità al proprio schieramento fatto di consiglieri già eletti, alcuni dei quali si sentono già assessori potenziali (ne vedremo delle belle, anche in termini di delusioni personali), che potrebbero scattare nell’alveo maggioritario, presidenti o consiglieri di municipalizzate in pectore. Tutta questa variegata e multiforme legione, deve muoversi, però, in confini elettorali molto vasti, infatti, nella campagna elettorale per il ballottaggio, la promozione del proprio candidato sindaco, non è più condizionata pesantemente, dal voto di preferenza, non è più limitata e circoscritta dalla famiglia, dagli amici, dai clienti, dagli iscritti al patronato, dalle associazioni e/o conventicole di vario genere, produttrici a volte in maniera artificiosa e artificiale del consenso (il voto di scambio, vera vergogna locale, ha molte facce), perché tutto il corpo elettorale di Molfetta, potenzialmente è “terreno fertile” per la conquista del consenso. In pratica, chiunque può essere avvicinato da chiunque, dovunque e la richiesta di voto non è più per un candidato al consiglio, su circa 300, ma per un candidato su due appena.
Ora ai candidati tutti, quelli interessati da un possibile seggio, da una poltrona assessorile, da un posto in qualche municipalizzata, ma non solo a questi, è chiesto uno sforzo ulteriore, ancora più duro del precedente e non v’è dubbio che “i cavalli di razza” tireranno fino alla fine e non solo per ragioni ideali, anzi alcuni “big one” degli schieramenti avversi, alternano la campagna elettorale, fatta in maniera più o meno intensa, con le tirate di giacchetta ai rispettivi candidati sindaco in ordine alle poltrone assessorili. Vogliono rassicurazioni in pratica, in caso di vittoria, sulla loro entrata in giunta. Sarebbe interessante chiedere a questi "signori del cetriolo", in caso di assenza di rassicurazione, quale sarebbe invece il loro reale atteggiamento, nei confronti del proprio candidato sindaco, reale, non virtuale e apparente. E’ evidente che la vecchia politica stenta ancora morire, e la strada per rigenerare completamente la classe dirigente, è ancora lunga da percorrere anche se gli organi di stampa, soprattutto quelli liberi, non risparmieranno questi soggetti, della “dovuta attenzione” per la sacrosanta regola che i cittadini devono sapere la verità anche su questi elementi, di qualsiasi campo essi facciano parte.
Ai candidati, quindi, viene chiesto un surplus di lavoro, ma i candidati non sono macchine, alcuni hanno dovuto condurre una campagna elettorale in difesa dei propri elettori attaccati da tutti i fronti con metodi più o meno leciti dagli stessi che li avevano proposti nelle liste, blandendoli con la promessa di un ampio sostegno che non è mai arrivato. Evidente l’intento, non di promuovere la persona, ma di determinarne l’affossamento o l’occultamento dell’immagine pubblica. Una bruciatura elettorale, si sa, in Italia, serve per eliminare le voci scomode ed è metodo che certamente non conosce distinzioni tra centrodestra e centrosinistra. Ora, anche a questa tipologia di candidati, viene chiesta capacità di controllo, gestione dell’ansia, resistenza al prolungamento dello scontro contro la parte politica avversa che, si badi bene, pur essendo la naturale parte avversa, non è quella dalla quale in molti casi sono pervenuti i colpi bassi, con metodi anche non ortodossi, soprattutto da quelli che oggi, sono campioni di preferenza (ma non anche di bon ton) e, soprattutto, rivendicatori massimi della poltrona assessorile, pur non avendo nessuna competenza specifica, che si servono di metodi non certamente ortodossi, quali “la velina” passata all’amico compiacente, con l’elenco specifico delle deleghe desiderate, e fatta pubblicare ad arte, qualche giorno prima del ballottaggio, per lanciare il c.d. segnale (ricatto?), al candidato sindaco di riferimento. Una cosa a dir poco schifosa, che meriterebbe pubblica sanzione da parte dell’opinione pubblica.
Colpi bassi, ce ne sono stati, da centrodestra a centrosinistra, ma quelli che più fanno male ai candidati, soprattutto a quelli medio-piccoli, sono quelli ricevuti dalla stessa parte politica e, si sa, nella bolgia non prevale sempre chi è più bravo, competente, capace, o forse solo più educato, ma chi ha i mezzi, le c.d. “fabbriche del consenso”, che in maniera invasiva, entrano anche nelle famiglie con il ricatto sulla sciocchezza burocratica. Ora si chiede un ulteriore sforzo anche a chi la campagna elettorale l’ha fatta liberamente, alla ricerca del consenso libero che, purtroppo, in questa città, è molto risicato e perennemente attaccato dai “superman della preferenza”. Vano il tentativo di intercettare il voto d’opinione per un candidato al consiglio comunale. Trovare l’opinione libera, nell’alveare brulicante di centinaia di candidati è cosa difficoltosissima, senza le strutture adatte, come già evidenziato è difficile se non impossibile salire ai vertici delle classifiche.
Pur tuttavia, questo ulteriore sforzo, è possibile che non manchi, anzi, è possibile pure che conti in questa fase, più di quello reso dai grossi collettori di preferenze, forse oggi più interessati alla delega da rivendicare che non a vincere sul serio, in caso di aspettativa tradita, evidentemente, nonostante l’insistenza grossolana, manifestatasi nella “pubblica richiesta”, spacciata per scoop giornalistico.
A buon intenditor.
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