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Il Liceo scientifico e la musica, in lotta contro i totalitarismi
15 giugno 2006

Alle 20 si apre il sipario. Lo spettacolo comincia più tardi del previsto, ma ci si rende conto della mezz'ora di ritardo solo se si è fin troppo pignoli. Per il quindicesimo anno sale sul palcoscenico del teatro odeon la filodrammatica “Freedom” del liceo scientifico di Molfetta, diretta dal prof. Tonino Ragno. Lo spettacolo ha come protagonista assoluto Giacomo Puccini, compositore italiano, autore di opere favolose e famosissime. È la storia dell'approccio alla cultura musicale nei totalitarismi ed è la storia di un musicista tormentato che vuole migliorare e crescere dal punto di vista artistico, cercando di allontanarsi da tutte le distrazioni che le tante presenze femminili creano nella sua vita. È proprio la componente femminile a prevalere in alcune scene: la moglie e le stesse protagoniste delle sue opere rispecchiano il tormento di Puccini autore e Puccini uomo. Puccini è impersonato da Cosmo Petronelli, studente dell'ultimo anno: con il suo recitare è riuscito ad esprimere il tormento interiore del suo personaggio, vessato dalle nevrosi e dall'incubo dei fermenti fascistoidi. Il tormento di puccini era il tormento di un Italia che stava cambiando, di un Italia che stava per essere assoggettata dal potere totalitario del fascismo. Il teatro Odeon è pieno, sono pochi i posti liberi e sono sparsi tra le file. Mezz'ora dopo il sipario c'è ancora gente che cerca un posto per sedersi e per seguire più da vicino le vicende di questo personaggio, sempre più impossibilitato a capire se stesso; sempre più desideroso di una solitudine che non lo faccia sentire solo, perché il silenzio e le stanze vuote lo spaventano ma lo confortano al tempo stesso. E come tutti gli artisti che si rispettino, anche lui è colto da una forte crisi creativa, che suona nella sua testa come un rincorrersi di voci e musica. L'angoscia trasmessa dal personaggio pucciniano è ogni tanto interrotta dall'apparizione di personaggi ben riusciti come il poeta futurista interpretato da Antonio Rucci, che ci ha fatti sorridere in molti enfatizzando i punti chiave dell'aspetto caratteriale del poeta innovatore. Ma l'inquietudine del protagonista ci investe subito, di nuovo, senza un attimo di tregua: la sua inquietudine esistenziale lo spinge a paragonare il teatro alla vita “quando cala il sipario, cala il nulla”, dice. E le parole aspre e le riflessioni di Puccini non risparmiano nemmeno la sua Milano, fabbrica di uomini avidi di denaro e non di artisti. La rappresentazione si chiude con la morte di Puccini, ucciso dalla “Turandot”, la sua opera più difficile, la sua opera forse lasciata volutamente incompiuta. Puccini si fa questa volte protagonista non di uno spettacolo ma di un progetto scolastico, mirato ad unificare i giovani sotto un fronte comune che non è il semplice recitare ma che è il concreto sentire un opera ed il concreto rendersi coscienti della negatività, in questo caso di ogni tipo di toltalitarismo. Uno spettacolo messo in scena dalla stessa consapevolezza dell'importanza della libertà. E la libertà è musica.
Autore: Alina De Gennaro
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