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Il lento declino della pesca accelerato dai lavori del nuovo porto
15 maggio 2010

C’è qualcuno che mangia ancora il ciambotto la sera? Quella per il pesce è una passione che ha sempre caratterizzato la nostra città, che ha alle spalle una ben radicata tradizione peschereccia. Tuttavia al giorno d’oggi il consumatore medio, come ci fa notare il dott. Giuseppe Gesmundo consulente dell’Associazione Armatori da pesca, tende ad acquistare solo un numero ridotto di specie. Una forte concorrenza è infatti rappresentata dai pesci di importazione asiatica o dai prodotti industriali surgelati, economici e senza spine e quindi più facili da cucinare, in un periodo in cui i ritmi di vita sono diventati per tutti serrati e chi cucina preferisce puntare sul risparmio di denaro e tempo che sulla qualità. Anche per quanto riguarda il prodotto locale, i molfettesi prediligono solo una decina di specie, trascurando un pesce tipico della nostra tradizione, come ad esempio quello azzurro, considerato povero ma eccellente sia dal punto di vista salutistico sia da quello degustativo. D’altronde l’intero settore subisce una crisi perché è giustamente necessario concentrarsi più sulla sostenibilità che sulla redditività: la legislazione pone infatti forti limiti, quali ad esempio la larghezza delle maglie delle reti e soprattutto l’aumento del costo del gasolio. A questo punto molto pescatori, anziché portare avanti quest’impresa poco redditizia, preferiscono demolire le loro imbarcazioni, dato che lo Stato incentiva tale provvedimento proprio per garantire alle generazioni future le stesse possibilità di cui godiamo noi, in quanto le risorse scarseggiano sempre di più. A ciò si aggiunge l’inquinamento sempre più intenso che non permette ai pesci di raggiungere il livello di sviluppo idoneo per l’accoppiamento. La pesca a Molfetta è stata però sottoposta a un’altra dura prova: il problema del porto, luogo sentito appunto dai pescatori come la loro casa, ma che troppo spesso non si confi gura più come un rifugio sicuro. La causa sembra essere l’interruzione della costruzione del nuovo molo: il varco che si creava prima e che permetteva al mare di defl uire, in caso di tempi burrascosi, ora non esiste più (a sostituirlo solo quattro tunnel che facilmente si insabbiano). I tempi per costruire il prolungamento del nuovo molo, che dovrebbe permettere alle acque di non convogliarsi tutte nella zona del porto adiacente al molo Pennello, si prospettano, purtroppo, molto lunghi. Ma nonostante tutti questi fattori di crisi, esiste ancora nella nostra città una fascia di consumatori, seppur ristretta, che ancora considera il pesce un elemento indispensabile, quasi “sacro”, nella propria dieta e parte della propria tradizione.

Autore: Giulia Maggio Ornella Messina
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