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I Transiti di Paolo Lunanova
15 giugno 2020

Si è conclusa in data 30 maggio la bella e stimolante personale Transiti, del pittore Paolo Lunanova, allestita presso gli spazi di “54 Arte contemporanea” e inaugurata alla fine del mese di febbraio, prima degli eventi del lockdown. Lunanova, che è stato professore assistente presso le Accademie di Bari, Napoli e Lecce e ha all’attivo la partecipazione a numerose mostre nazionali e internazionali, è artista sempre capace di instaurare con l’osservatore un fecondo gioco, ch’è intellettuale ed emotivo al contempo. I suoi transiti constano di una sezione pittorica e di una scultorea, costituita, quest’ultima, dal ciclo delle sette teste in terracotta bianca, esposte a voler offrire un’ideale immagine del percorso dell’artista dagli anni Quaranta ai giorni nostri, una per ogni decade. La sua è una posizione che ha liquidato la figuratività intesa nel senso tradizionale e che opera su forme e colori, facendo soprattutto di questi ultimi la partitura dominante di un processo di presentazione, cui non corrisponde una movimento di lettura univoco. L’osservatore coglie che dietro l’astrazione non v’è un’unica e definita volontà rappresentativa da decodificare, ma prende parte alla festa dello sguardo cui l’invitano i cromatismi di quello che giustamente Antonella Marino ha definito un “concettualismo caldo”. Indubbiamente il reale è l’elemento genetico di ogni opera, ma la sua osservazione non è mai funzionale a una mera riproduzione del medesimo. L’artista opera, rispetto ad esso, come farebbe un “puro cercatore di forme”. Ne astrae i moduli (vuoi che alludano all’elemento alfabetico, alla linearità o alla circolarità, o che abbiano magari un’apparenza scalare; suggeriscano o meno l’idea della simmetria), li libera e fa sì che essi si manifestino nella purezza morfologico-cromatica. Ne consegue che il fruitore fruitore si lascia trasportare dalla nitida bellezza delle tele, non si pone necessariamente l’assillo di dover esercitare la facoltà ermeneutica, perché, in questi transiti, è fondamentale vedere e sentire. Il pregio maggiore risiede proprio nel fatto che ciò che chi osserva vede è, a ben considerare, proprio quanto nella realtà resta invisibile o celato. A Lunanova non manca poi la componente dell’ironia, che tanto nel momento scultoreo quanto in quello pittorico, traspare, come quando, per esempio, in un essenziale e al contempo affascinante trittico, riprende il motivo delle tre scimmiette che non volevano vedere, sentire né pronunciare il male, applicandolo alla propria esperienza e alla propria volontà di vedere, sentire e parlare, intessendo un dialogo con l’altro da sé di cui l’Arte diviene garante. Insomma, una revêrie lucida, che junghianamente ridesta archetipi stratificati tra le generazioni e vivi nel profondo di ciascuno di noi. Un’arte che punta all’essenziale senza la presunzione di voler schiudere mondi arcani all’osservatore; un’arte che si fa ricerca incessante, voce dell’intelletto e vessillifera dell’emozione di uno sguardo autentico. © Riproduzione riservata

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