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Global forum, Molfetta indifferente Dopo gli scontri di Napoli, con studenti feriti e picchiati
15 maggio 2001

Se li aspettavano a Napoli i "grandi signori", quelli potenti, che si sarebbero riuniti per il tanto discusso Global Forum. Vari ministri e rappresentanti dei grandi potentati economici. Il tema ufficiale era "L'ammodernamento degli Stati e delle istituzioni", il che voleva dire discutere su come rendere ancora più orribile l'esistenza a quei milioni di uomini e donne che ogni giorno combattono tra la vita e la morte e ai quali sicuramente avrebbe fatto solo accapponare la pelle il sentir dire che bisognerebbe espandere ancor più la logica del mercato e le leggi del profitto. E i poveri lavoratori già sottopagati non sarebbero stati certamente lieti allorché sarebbe stato comunicato loro che i salari sarebbero dovuti rimanere bassi. E gli anziani che "campano" con una misera pensione, e tutti coloro che stanno male ma non possiedono molto denaro, sarebbero guariti immediatamente per fare i salti di gioia una volta appreso che gli ospedali avrebbero dovuto funzionare come un'azienda privata. I "potenti del mondo" sapevano bene quali sarebbero state le reazioni del resto della popolazione, non solo napoletana, ed infatti avevano già fatto predisporre le varie "forze per la sicurezza", il cui compito sarebbe dovuto essere quello di mantenere l'ordine e di far sì che nessuno si facesse male. Invece proprio loro sono state la causa del triste bilancio diffuso dai vari mezzi di comunicazione al termine della manifestazione e che consisteva in 200 feriti, 80 infermi, 4 arresti (informazione www.indymedia.org). Questo è ciò che ho sentito il 17 marzo, semplice spettatrice passiva di quello spettacolo disgustoso documentato dalle immagini trasmesse durante i telegiornali e che sembravano descrivere una vera e propria "guerriglia civile", nella quale anche alcuni miei amici si sono trovati coinvolti. Ho parlato infatti con alcuni miei coetanei, che si erano recati a Napoli per manifestare il loro dissenso, e che sono stati picchiati coi manganelli, sono stati "accecati" dal fumo dei lacrimogeni, insultati, offesi, e, quel che più è grave, paralizzati, con le mani alzate davanti ai poliziotti e ai finanzieri, senza poter profferir parola, senza potersi difendere. Questa è l'Italia democratica nella quale viviamo, in cui c'è libertà di espressione, in cui ciascuno può dichiarare apertamente le proprie idee e le proprie opinioni. Certamente non voglio giustificare coloro che hanno dato origine al "mega -tafferuglio". Lo scontro è nato (per quei pochi che non lo sapessero) da un gruppo di anarchici che hanno tentato, incoscientemente e andando contro quelli che erano stati gli accordi presi col resto dei manifestanti, di forzare il blocco delle forze dell'ordine e la situazione è rapidamente degenerata. Non è possibile però neanche giustificare l'assurdo comportamento dei "poliziotti & Co", i quali non avrebbero colpito solo i manifestanti ma anche persone che per caso si trovavano nella zona. Una donna incinta, che non stava aderendo al corteo, sarebbe stata ugualmente picchiata e successivamente trasportata d'urgenza in ospedale per lesioni interne. Non so se questo è ciò che deve accadere in una Nazione "Civile". Eppure nella nostra città nulla si è mosso. Nessuno né ha parlato pubblicamente, nessuno ha manifestato in qualsiasi modo la propria indignazione. Presso l'Ateneo di Bari le lezioni sono proseguite regolarmente, diversamente da ciò che è accaduto a Napoli, dove il giorno seguente gli studenti hanno occupato la facoltà di Architettura, usufruendo dei computer per un netstrike (andato a buon fine) contro un’azienda di trading on line. Anche qui a Molfetta gli alunni delle scuole medie superiori non hanno mostrato in nessuna maniera la loro rabbia per ciò che era accaduto, mentre alcuni istituti d'Italia sono state autogestiti per due intere giornate. Come mai questo silenzio? Come mai tutti tacciono? Ancora una volta vince il disinteresse più totale anche nei confronti di un evento che dovrebbe scuotere ogni coscienza? Mi auguro di no. Spero che prima o poi se ne parlerà, se ne discuterà, spero che i nostri concittadini che quel giorno erano a Napoli racconteranno ai molfettesi la loro esperienza, perché "chi si fa i fatti suoi oggi fa parte del problema, non si può restare in casa, fuori c'è la guerra, non è tempo di parole, scuse, né di omertà, ce stà gente ca se joca pure a' stessa vita". Era questo, probabilmente e semplicemente, ciò che tentavano di dimostrare le 30.000 persone, i componenti dei vari centri sociali, gli iscritti alle varie associazioni, la gente più umile e quella più sensibile, quel giorno nel capoluogo campano, ma non l'hanno potuto fare fino alla fine, perché evidentemente questa è ancora l'Italia in cui "se accade di dar delle busse bisogna procurarsi di darle più forte che si può; così gli altri ne terranno da conto". Gisella Defilippis
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