Giuliana Sgrena Dio odia le donne
Dietro il titolo provocatorio “Dio odia le donne” si cela l’indagine acuta effettuata da Giuliana Sgrena, giornalista del quotidiano “Manifesto”, sulla religione cattolica, islamica ed ebraica e sul potere che l’uomo, da sempre, esercita sulla donna. Un potere che passa attraverso lo sguardo, spesso simbolo di controllo sessuale, e che conferma il carattere patriarcale delle religioni. Alla libreria “Il Ghigno” di Molfetta si apre un dibattito tra l’autrice e il prof. Giovanni Pappagallo, il quale precisa la complessità quantitativa e qualitativa del romanzo per poi toccare il primo punto della conversazione: la condanna delle donne da parte della religione. La giornalista, scettica sulla questione religiosa che ritiene dover essere un atto di fede piuttosto che un’imposizione, collega la condanna delle donne alla centralità del ruolo assunto dalle correnti religiose in Europa. «Talvolta la religione è solo un pretesto dietro cui si celano fattori economici e sociali, tuttavia si percepisce la crisi di valori laici». La Sgrena solleva il caso dell’Italia, che è l’unico Paese europeo nel quale vige ancora nelle istituzioni scolastiche l’insegnamento della religione cattolica, a discapito delle altre religioni che, invece, non sono radicate nel territorio. L’Italia è anche il Paese nel quale i diritti delle donne, ottenuti attraverso graduali processi di emancipazione concretizzatisi più tardi rispetto alle altre nazioni, sono pur sempre limitati. Il vincolo? Il Cattolicesimo, come nel caso della legge sull’interruzione della gravidanza che, con l’obiezione di coscienza, contiene nella propria ontologia lo strumento per far sì che la legge stessa non venga applicata. Ma le condizioni delle donne emigrate non si discostano molto da quanto già affermato: le donne che giungono nel nostro Paese nella speranza di condizioni di vita più agiate, si ritrovano a vivere in maniera più arretrata che nel proprio luogo di origine, sempre dalla serie “la rigidità del Cattolicesimo non lascia scampo alle donne” che chissà quando potranno sentirsi effettivamente tutelate. Se ne deduce che forse non è Dio ad odiare le donne, contrariamente da quanto canta il titolo del romanzo: è chi parla in nome di Dio, si pensi ai capi delle comunità religiose, ad odiare le donne, ad ostacolarne il processo di emancipazione, rendendone difficile l’istruzione e il pieno inserimento nel tessuto sociale. Lo stesso di un Paese multiculturale in cui l’eterno presente garantito dai mezzi di comunicazione di massa porta alla luce sempre più casi, sinonimi di arretratezza per quel che concerne molti aspetti della società. Vittima indiscussa purtroppo ancora il genere femminile, con cui la Sgrena è entrata a stretto contatto attraverso il suo blog, dove una ragazzina di origine marocchina emigrata in Italia le ha confidato il timore di essere la prossima, pur coltivando la speranza che una “prossima” non ci sia mai. © Riproduzione riservata