Recupero Password
Giornata della memoria. Il messaggio di Piero Terracina, testimone della Shoah e cittadino onorario
27 gennaio 2015

“Sono nato tanti anni fa a Roma  ma voi mi avete adottato come cittadino della vostra bella città e questo è per me un grande onore; vi sento vicino e me lo avete dimostrato quando ho avuto l’occasione di essere tra voi”. Queste sono le prime parole della lettera indirizzata da Piero Terracina alla città di Molfetta in occasione della Giornata della Memoria 2015.

“Oggi è un giorno particolare – si legge – un giorno in cui dobbiamo ricordare , riflettere e fare memoria della strage  più terribile perpetrata nel corso di tutta la storia della nostra civile? (ma qui ci metto un punto  interrogativo) Europa, nei lager nazisti, di undici milioni di esseri umani, di cui 6.000.000 erano di religione ebraica ed avevano l’unica colpa di praticare una religione diversa da quella della maggioranza.
C’è chi vuole negare che questo sia avvenuto e c’è chi  dice: “si, è vero, una strage terribile, ma lo sterminio  è avvenuto in Germania e nei paesi occupati dalla Germania; noi non c’entriamo”, ma non fu così: dovunque le SS germaniche trovarono una larga collaborazione nelle popolazioni dei vari Paesi occupati, compresa l’Italia fascista. Senza la loro collaborazione il massacro non sarebbe potuto avvenire. Furono tanti allora, anche nel nostro Paese, coloro che resero possibile il massacro e questo deve farci riflettere. Bisogna ricordare il Male.
Sorgono delle domande: perché dobbiamo ricordare? E che cosa dobbiamo ricordare?  Bisogna ricordare il male nelle sue estreme efferatezze e conoscerlo bene anche quando si presenta in forme solo apparentemente innocue; quando si pensa che uno straniero, uno zingaro, o uno che apparentemente è diverso da noi, è un nemico si pongono le premesse di una catena al cui termine, lo ha scritto Primo Levi, c’è il lager, c’è il campo di sterminio.
Le parole sopra riportate sono del grande Vittorio Foa e aggiungo io: conoscere una civiltà diversa dalla nostra porta un reciproco benefico apporto di idee, di principi e di esperienze. Rispetto. Ecco quello che serve. Rispetto per tutti quelli che consideriamo diversi e tenendo sempre presente che l’umanità è unica nella sua diversità”.

“Le parole di Piero – commenta il sindaco di Molfetta Paola Natalicchio – che nel 2013 abbiamo voluto omaggiare con la cittadinanza onoraria, riattualizzano il messaggio della giornata che andiamo a celebrare in città”.

Stasera 27 gennaio è previsto, infatti, lo spettacolo teatrale “Anna e le altre” a cura dell’associazione culturale Malalingua alle ore 19 alla Fabbrica di San Domenico con ingresso libero e mercoledì mattina alle ore 9.30 il Teatro dei Cipis propone lo spettacolo “M120XM90” riservato agli studenti delle scuole  secondarie di primo grado.

“Continueremo con la rete delle scuole superiori il percorso intrapreso lo scorso anno con il Viaggio della Memoria. In primavera il Comune porterà gli studenti a Trieste sui luoghi dell’unico campo di sterminio italiano, la risiera di San Sabba e alcuni dei luoghi della Grande guerra”, conclude l’assessore alla cultura Betta Mongelli.

Nominativo  
Email  
Messaggio  
Non verranno pubblicati commenti che:
  • Contengono offese di qualunque tipo
  • Sono contrari alle norme imperative dell’ordine pubblico e del buon costume
  • Contengono affermazioni non provate e/o non provabili e pertanto inattendibili
  • Contengono messaggi non pertinenti all’articolo al quale si riferiscono
  • Contengono messaggi pubblicitari
""
Homeward Bound|domenica 17 ott 2010 18:35:10 A oltre sei lustri dalla fine della Seconda guerra mondiale è possibile giungere a un'oggettivazione del fenomeno “ nazismo”, in pari tempo fornendo una risposta a domande che urgentemente l'attendono? Chi era Hitler? Da dove deriva e su che cosa si fondava il suo straordinario successo, e come si spiegano, il suo trionfo e la sua sconfitta? Ancora peggio e inspiegabile il ritorno, oggi, di quella idea disumana? Forse nessuna altra epoca è documentata quanto quella hitleriana, al punto che si può praticamente escludere l'eventualità che vengano alla luce documenti nuovi, tali da modificare, anche solo di poco l'atrocità storica, la disumana avventura nazista: una storia da ricordare per non dimenticare. L'ascesa del nazismo e di quelle altre forme di dittature contemporanee dell'epoca, non furono dovute soltanto a una genialità demagogica, a una totale mancanza di scrupoli, alla suggestività di un radicalismo almeno a parole totale: in Hitler va vista, non già l'antitesi, bensì la verità nascosta, addirittura l'avatar dell'epoca. Come nessun altro Hitler seppe fare propri e formulare i risentimenti, le scontentezze, ma soprattutto l'angoscia sentimento dominante di un'epoca al tramonto. E alla fine, la stragrande maggioranza dei tedeschi, e con essi molti europei, dalle masse disorientate alle classi dirigenti che si vedevano sfuggire il potere, puntarono le loro speranze sul rifiuto per la politica, sul rifiuto della convivenza civile e del rispetto della diversità naturale umana che arricchisce la bellissima esperienza passeggera di questa vita. Vogliamo ripeterci?
1° Parte. - Già agli inizi degli anni Trenta, Hitler aveva incaricato collaboratori fidati di sviluppare una “tecnica di snazionalizzazione”, aggiungendo espressamente che con ciò intendeva l'eliminazione di intere popolazioni: “La natura è feroce, e quindi possiamo esserlo anche noi. Se io spedisco il fiore dei tedeschi nella tempesta d'acciaio della guerra che si prepara, senza provare il minimo dispiacere per il prezioso sangue tedesco che verrà versato, non dovrei avere il diritto di togliere di mezzo milioni di individui di una razza inferiore, che si moltiplicano come insetti nocivi?” Anche il procedimento, provato per la prima volta nel dicembre 1941 in un vecchio castello nascosto tra i boschi nei pressi di Kulmhof, di uccidere le vittime mediante gas asfissianti, è riconducibile alle esperienze belliche di Hitler stesso; in ogni caso, è certo che in un passo del “Mein Kampf” si deplora che, all'epoca della prima mguerra mondiale, non si siano “sottoposti all'azione dei gas asfissianti dodici o quindicimila di questi corruttori ebraici del popolo” come era accaduto a centinaia di soldati tedeschi al fronte. Il discorso del 31 marzo 1941, col quale Hitler aveva schizzato di fronte a una vasta cerchia di alti ufficiali, i “compiti speciali” di Himmler nelle retrovie, costituisce il primo, concreto accenno a una vasta azione di genocidio. Due giorni dopo, Alfred Rosenberg, in seguito a un colloquio di due ore con Hitler, affidava al suo diario queste parole, in cui avverte un'eco di raccapriccio: “Quello che oggi ho saputo non lo voglio scrivere ma mai lo dimenticherò”. Il 31 luglio 1941, Gòring impartì al capo dello SD, Reinhard Heydrich, l'ordine dei “procedere alla suluzione finale del problema ebraico”. – Ai reparti incaricati delle esecuzioni vennero fornite giustificazioni di continuo variabili, e gli ebrei furono dipinti soprattutto quali portatori di infezioni epidermiche o motori della resistenza armata: gli stessi guardiani della Weltanschauung nazionalsocialista non sembravano infatti all'altezza delle conseguenze della propria ideologia. Dei supremi gerarchi del regime, soltanto Heinrich Himmler alla fine di agosto del 1942 assistette, una volta, a un'esecuzione di massa, ma per poco non svenne efu colto subito dopo da un attacco isterico. Al di là degli eufemismi, le cose si svolgevano per esempio così: Moennikes e io andammo direttamente alle fosse. Nessuno pensò di impedircelo. A questo punto udii provenire da dietro una collinetta di terra vari colpi di fucile in rapida successione. Le persone scese dai camion, uomini, donne e bambini di ogni età, su comando di un SS, che impugnava una frusta o uno scudiscio, dovettero spogliarsi e deporre i propri effetti in luoghi prtestabiliti, le scarpe divise dagli abiti e dalla biancheria. (continua)

2° parte. - Il mucchio delle calzature comprendeva, da quel che ho visto, da ottocento a mille paia, e c'erano grandi mucchi di biancheria e di abiti. I deportati si spogliavano senza pianti né grida, se ne stavano raccolti in gruppi di famiglia, baciandosi e dicendosi addio a vicenda, in attesa del cenno di un altro SS che era sceso nella fossa e impugnava del pari una frusta. Durante il quarto d'ora che sono rimasto accanto alle fosse, non ho udito nessun lamento né implorazione. C'era per esempio una famiglia di forse otto persone……. Una vecchia con i capelli candidi reggeva in braccio un bambino di forse un anno, canticchiandogli qualcosa e facendogli il solletico, e il bambino lanciava gridolini di piacere. Il padre e la madre guardavano la scena con gli occhi imperlati di lacrime; l'uomo teneva la mano di un ragazzo sui dodici anni, parlandogli a bassa voce, e il ragazzo faceva del suo meglio per inghiottire le lacrime. Il padre indicava con il dito il cielo, accarezzava la testa del figlio, sembrava spiegargli qualcosa. A questo punto, lo SS che si era calato nella fossa gridò qualcosa al suo camerata: questi isolò dal resto una ventina di persone e ingiunse loro di recarsi dietro la collinetta di terra. Tra queste si trovava la famiglia di cui ho testè parlato. Mi ricordo perfettamente di una ragazza sottile e coi capelli neri che, passandomi accanto, indicò con un cenno se stessa e disse: “Ventitre anni!” Mi recai a mia volta dietro la collinetta di terra e mi trovai di fronte a un'enorme fossa; in questa le vittime giacevano fittamente ammucchiate l'una sull'altra, tanto che se ne vedevano soltanto le teste, e da tutte il sangue scorreva sulle spalle. Alcuni dei fucilati si muovevano ancora, certuni alzando le braccia e agitando il capo, per mostrare che erano ancora vivi….Volsi lo sguardo all'uomo che provvedeva alle esecuzioni, un SS che se ne stava seduto per terra, sul lato minore della fossa, con le gambe penzoloni in questa, un mitra di traverso sulle ginocchia, intento a fumare una sigaretta. I fucilandi, completamente nudi, scesero nella fossa per una rampa scavata lungo la parete di fango e, inciampando nelle teste dei caduti, raggiunsero il punto indicato loro dalle SS. Si doisposero davanti ai morti o feriti, alcuni di loro facendo una carezza a quelli che erano ancora vivi dicendo loro sottovoce qualcosa. A questo punto risuonò una salva. Guardai nella fossa, e vidi che alcuni dei corpi erano ancora agitati dalle contrazioni agoniche oppure erano già immobili. Dalle nuche ruscellava il sangue. Questa dunque la realtà. (Tratto da: “HITLER” di JOACHIM C. FEST – RIZZOLI - Novembre 1974)

Quindici OnLine - Tutti i diritti riservati. Copyright © 1997 - 2025
Editore Associazione Culturale "Via Piazza" - Viale Pio XI, 11/A5 - 70056 Molfetta (BA) - P.IVA 04710470727 - ISSN 2612-758X
powered by PC Planet