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Gianni Lannes al Liceo Classico di Molfetta parla di giornalismo d'inchiesta e Francesco Padre
19 novembre 2014

MOLFETTA - Gianni Lannes, giornalista freelance, d’inchiesta, che ha deciso di donarsi alla ‘’controinformazione’’ per salvare il suo lavoro da ogni tipo di censura e condizionamento,  ospite del Liceo Classico nel progetto ‘’incontra-orienta’’, torna a Molfetta, città che per anni è stata al centro delle sue ricerche.

Le verità che ha collezionato nel corso della sua carriera sono quasi sempre in contrasto con le verità ‘’ufficiali’’,  scomode per coloro che la storia la scrivono sfruttando la disinformazione diffusa e girando i propri interessi per ragion di stato.

Quando poi la lotta per la verità la si combatte in acque internazionali, come per il caso ‘’Francesco Padre’’ (anche “Quindici” rifiutò subito la verità ufficiale del trasporto di armi e sposò la tesi dell’affondamento per mano militare, ndr) , allora ogni parola diventa un’arma tanto bollente, pericolosa quanto freni manomessi o macchine incendiate sotto casa.  Lannes infatti, ha messo in gioco la sua stessa vita pur di sbrogliare il filo intricato di questa vicenda, fatto di depistaggi e segreti di stato, eppure continua a ripetere di non essere un eroe, di aver fatto solo il suo lavoro.

E’ il 1994 e a Sarajevo, dove si trova come inviato, la strage del Francesco Padre arriva come una notizia fra le tante; un disastro quasi trascurabile davanti ai 300.000 morti della Bosnia-Erzegovina.

La verità ufficiale fa presto a presentarsi. Alle ore 00.30 del 4 novembre ’94 il Francesco Padre  è avvistato in mare: un bagliore nelle acque internazionali scorto per la prima volta da un aereo americano, soccorso da una fregata spagnola.

In realtà la barca già dal luglio del ’93 era stata inconsapevolmente coinvolta nelle trame internazionali: il motopeschereccio rischia di essere affondato da un sommergibile della NATO, impegnato nell’operazione militare ‘’sharp guard’’, ma  i danni fortunatamente riguardano solo l’attrezzatura del Francesco Padre. Sporta la denuncia, il comandante Giovanni Pansini si trova davanti una richiesta di silenzio e un risarcimento di circa 10.000 euro.

Il ritorno al largo del Montenegro e le conseguenze disastrose non sono accidentali: il Francesco Padre precipita a 300 m di profondità ma il suo recupero svelerebbe la dinamica della strage.

Infatti, una ripresa subacquea ordinata dalla magistratura mostra chiaramente la presenza di un  foro d’entrata e d’uscita sotto la linea di galleggiamento, rivelando la vicenda come uno dei tanti giochi internazionali finiti male, ‘’affondati’’ facilmente ed intenzionalmente.

Nel 2008 la prima inchiesta di Lannes riaccende i fari sulla vicenda: è destinata al programma RAI ‘’La storia siamo noi’’ di Giovanni Minoli, ma non andrà mai in onda.  Il documentario censurato, infatti, giace nel cassetto da ormai cinque anni e  la RAI, diffidata, può dire chiusi i suoi rapporti con Lannes.

Il primo attentato alla vita del giornalista arriva poco prima della sua intervista a Giulio Russo Kraus, docente di ingegneria navale dell’università Federico II di Napoli e perito della procura di Trani, inventore della tesi che accusa la nave di trasporto di armi, la cui morte improvvisa a distanza di pochi mesi ostacola nuovamente Lannes nella sua ricerca.

Parallelamente alle indagini si infittiscono anche le dinamiche della vita del giornalista. La macchina di Lannes è incendiata e il solco dell’esplosione è ancora evidente sotto casa, forse ‘’per ricordargli l’avvenuto’’ afferma sorridendo. Da allora freni manomessi e minacce di morte pendono sulla sua testa, nonostante la scorta affiancatagli per due anni sotto il governo Berlusconi, probabilmente più per controllare il suo lavoro che per proteggerlo.

Il filo rosso della vicenda continua ad essere il segreto: a partire dal Ministero della difesa americano che rifiuta la richiesta di documentazione ai magistrati italiani infossati dalla disinformazione, fatta di traduzioni approssimative e allegati segreti, fino al governo Berlusconi che pronuncia il segreto di Stato il 6 luglio 2009.

La storia di Lannes, tuttavia, spinge la magistratura italiana a riaprire l’inchiesta nel 2009; ad oggi è certezza giudiziaria, ripercorsa nel suo libro ‘’NATO: colpito e affondato’’.

La sua testimonianza dipinge un’Italia eterodiretta, fanalino di coda in un panorama internazionale dominato dagli USA e dalla Mafia  (non necessariamente forze separate).

La nostra ‘’Repubblica delle banane’’ come lui stesso la chiama, non conosce più cosa sia la sovranità popolare, il potere dell’opinione pubblica è irrilevante e i nostri territori continuano a riempirsi di basi militari e nucleari non ratificati dal Parlamento,  la Costituzione è calpestata nel suo ripudio della guerra da  trattati internazionali protetti da allegati segreti, l’abuso di potere è impunito e sempre più largo è il distacco tra paese legale e paese reale.

© Riproduzione riservata

Autore: Gaia Giancaspro
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