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Gaetano Salvemini per le elezioni provinciali e comunali di Molfetta del l914, e Graziano Poli sindaco I nostri fatti memorabili
15 novembre 2004

di Pasquale Minervini (Centro Studi Molfettesi) Dalla “Relazione della minoranza della Giunta delle elezioni” su “La elezione politica di Molfetta alla Camera dei Deputati”, pronunciata il 5 marzo 1915 dall'on. Giacomo Ferri, ma scritta da Salvemini, e stampata allora a Molfetta dalla Tipografia di Michele Conte (imparentato con Francesco Picca), si sa che il 4 luglio 1914 la Giunta, non tenendo conto della deliberazione presa il giorno prima, di sospendere cioè la discussione della relazione sulla elezione di Molfetta del 1913, per l'assenza di uno dei componenti il giurì, convalidò senz'altra discussione quella elezione -contro cui aveva fatto ricorso lo sconfitto Salvemini - e, nonostante le vivaci proteste scritte di alcuni parlamentari, tra cui lo stesso Ferri, restò così confermata l'elezione dell'on. Pietro Pansini (nella foto) nel Collegio politico di Molfetta. Nella nostra città la notizia provocò la protesta del “partito salveminiano”, il quale - come riferisce il “Corriere delle Puglie” - proclamò uno sciopero generale di 24 ore. In seguito a ciò, il 7 luglio, Giustino Fortunato scriveva preoccupato da Napoli a Salvemini: "Che diamine è successo, a Molfetta, prima, a Roma, dopo? La notizia, ieri, de' giornali, m'ha recato dolorosa sorpresa. Se hai da fare, mi basteranno due parole”. Non sappiamo cosa rispose Salvemini, in quei giorni a Firenze; a Molfetta invece, dopo lo sciopero che aveva paralizzato la città, seguì, tre giorni dopo, il ritiro della candidatura del “pansiniano” Gioacchino Poli dalle elezioni provinciali del 26 luglio successivo. Ancor oltre, il “partito del professore Salvemini”, per dare anche a quella elezione provinciale “il significato di assoluta protesta contro le precedenti elezioni politiche”, presentò come candidati alla Provincia di Bari “lo stesso sconfitto del 26 ottobre” e i suoi amici Corrado Balacco, medico, e Nicola Altamura, avvocato, e rese pubblico questo intento affiggendo il seguente manifesto: “CITTADINI, dopo la votazione politica del 26 ottobre 1913, il nostro dovere nelle elezioni provinciali, indette il 26 luglio 1914, è nettamente segnato. Noi dobbiamo servirci della libera esplicazione del voto, che finalmente ci viene consentita, per protestare contro chi volle, eseguì e utilizzò le violenze elettorali del 26 ottobre 1913. Noi dobbiamo proclamare solennemente, che la votazione politica del 26 ottobre 1913 fu il frutto di un sistema di premeditata violazione dei più elementari diritti dei cittadini, tradotta in atto da un piccolo gruppo di faziosi, la cui sola forza consisteva nella illegittima protezione e nella cooperazione e complicità dei rappresentanti del potere esecutivo, ai quali la legge affidava l'obbligo di far rispettare e di garentire la libera manifestazione della volontà popolare. Chi vota i nostri candidati protesterà contro l'elezione politica del 26 ottobre 1913 e la dichiarerà nulla, perché estorta con la violenza e carpita con la frode. I vostri voti abbiano tale efficacia da far comprendere e ritenere, che Molfetta non è città in cui possano aver fortuna certi odiosi metodi di brutale sopraffazione, e che se la nostra coscienza civile e politica ha potuto, in un momento di violenza, essere soffocata, è sempre pronta a sollevarsi per difendere e per affermare la sua dignità, il suo onore ed il suo diritto”. Intanto da Firenze, il 13 luglio, anche Salvemini scriveva preoccupato a Umberto Zanotti Bianco: “Per le elezioni provinciali a Molfetta non c'è bisogno di essere profeti per prevedere che i pansiniani ne faranno di cotte e di crude. Quel che avverrà non so. Io ci vado domani per trovarmi nella mischia e per vedere se riesco a beccarmi una revolverata”. Allo stesso amico dice poi: “Se vuoi diventare definitivamente anarchico vieni a Molfetta fra il 19 e il 26 luglio. A me faresti un gran bene. Perché la tua vicinanza mi eviterebbe di fare qualche sciocchezza grossa. Se vieni, avvisami a Molfetta, dove vado domani affinché ti prepari l'alloggio vicino alla stazione (dove c'era un alberghetto). Vedi se ti è possibile combinare che venga Gallarati Scotti. Non oso chiederglielo perché temo mi prenda per un postulante qualunque. E poi un rifiuto diretto mi dorrebbe più assai che uno indiretto”. Preoccupato anche dal fatto che a Molfetta, amministrata da un Regio Commissario, erano state rinviate le elezioni comunali, al contrario che in altri Comuni, Salvemini scrisse a Giustino Fortunato per sapere se il rinvio fosse stato determinato da un intervento del Pansini sul Ministro dell'Interno Antonio Salandra, suo amico. Il 15 luglio, rispondendogli da Roma, il Fortunato scriveva a Salvemini: "Salandra, che io vidi qui al Senato, non sapeva e non sa assolutamente nulla del rinvio delle elezioni comunali di Molfetta, e non potendo negare il fatto da me affermato, lo spiega non altrimenti che avendo Molfetta il Commissario Regio, occorre attendere l'espletamento del suo mandato a tempo determinato. Tu puoi giurare che egli è cascato dalle nuvole alla mia domanda. E la sicura, sicurissima mia impressione è, che egli non è punto influenzato dal Pansini, e che è del tutto indifferente alla lotta”. Perciò - egli conclude - “a Molfetta te ne scongiuro sii calmo. Niente vale nonché la tua vita, la calma del tuo spirito”. Scrivendo ancora a Salvemini, il 21 luglio, per rassicurarlo di aver informato Salandra del suo desiderio di avere per le elezioni del 26 due commissarii speciali di sicura fede imparziale, il Fortunato lo informava anche che per la “battaglia di domenica in Molfetta” l' “Avanti!” aveva annunciato “l'astensione de' pansiniani”. Il 24, infine, G. Fortunato riferiva a Salvemini la comunicazione avuta dal Salandra “di non potere inviare de' commissarii speciali per le elezioni di domenica, dacché sarebbero indubbiamente ritenuti al servizio degli uni e a mortificazione degli altri”, e le sue precise parole conclusive: “il prefetto ha istruzioni di impedire ogni violenza e di far rispettare la libertà di tutti gli elettori”. Infatti, il 26 luglio, mentre i “pansiniani”, come annunziato, “non ardirono neppure presentarsi alle urne”, Salvemini, il dott. Balacco e l'avv. Altamura furono eletti liberamente consiglieri provinciali con i voti di quasi 5.000 cittadini su 11.000 iscritti. Gli stessi eletti, poi, scrissero una lettera-telegramma al Ministro Salandra per inviare “il loro plauso” a lui, “che per la prima volta dopo 13 anni di cruenti violenze aveva assicurata la libertà di voto”, e nello stesso tempo - come si dice nel testo fotoriprodotto negli “Atti delle Giornate salveminiane e Mostra documentaria”del 1988 (curati da G. De Gennaro e pubblicati dalla Tip. Mezzina nel 1992) - per protestare vivamente “contro il rimando delle elezioni comunali e contro la inutile permanenza di un commissario regio che ignaro delle condizioni locali, col pretesto di consolidare le finanze comunali raddoppia le spese elettorali, rimaneggia le quote della tassa di famiglia, crea inutili impieghi, sostituisce la propria opera a quella del futuro consiglio comunale”. Perciò, gli stessi eletti, in fine telegramma, “domandiamo – dicono - che spirati i tre mesi di tale ufficio (commissariale) entro il 26 agosto prossimo si proceda anche per Molfetta alle elezioni comunali”. Queste si svolsero il 25 ottobre successivo e videro Salvemini di nuovo a Molfetta “a fare la guerra elettorale amministrativa”, come egli scrive il 22 ottobre 1914 a Elsa Dallolio. Il 27 seguente, Salvemini comunicava l'esito delle elezioni a Ugo Ojetti, e scriveva che anche in queste “i Pansiniani si sono astenuti” e “noi abbiamo avuto 5.150 voti. Rimasti padroni del campo, ne abbiamo fatti dare 4.500 alla maggioranza, e 650 a una minoranza improvvisata all'ultimo momento. Così abbiamo conquistati tutti i 40 posti di consigliere”. Tra questi sarà poi eletto Sindaco il consigliere anziano dott. Graziano Poli, intimo amico di Salvemini e dell'avv. Francesco Picca, il quale ultimo, che fu Sindaco di Molfetta dal 1902 al 1904, scrivendo a Salvemini il 2 dicembre 1914, così lo informava, da conoscitore, delle prime incombenze amministrative del Poli: “Fui facile profeta per il nostro Graziano, il quale ha preso così a cuore la carica da trascurare le sue abitudini; se ne giova il Comune, ma veggo che ne soffre la sua salute; cosa che mi duole, ma non mi spaventa, perché credo che sia effetto di soverchia preoccupazione e quando in appresso avrà acquistato maggior pratica delle cose e fiducia in se stesso, ci si abituerà a quella vita, ci prenderà gusto e si rimetterà in salute. Ci vediamo ogni giorno ed assicura che gli altri assessori fanno e molto bene il proprio dovere; il che lo spinge a sorpassare il suo programma d'azione. Mi ha fatto leggere una tua comunicazione d'un daziere; molto buona, ma per il 1916, il guaio grosso è per quest'anno seguente con un disavanzo di circa 70 mila lire; ma pare che con qualche rimando, la buona volontà degli amministratori, l'aiuto competente del Segretario, che si porta bene, si riuscirà a superare questa prima difficoltà. Il guaio grosso mi pare il rincaro dei viveri e specialmente della farina, fatta strumento di speculazione eccessivamente ladresca da parte di incettatori e industriali di molini. Stamattina Graziano va a dare giuramento al Prefetto e gli ho detto che ne parlasse per quel rimedio che può dare il governo” (Lettera inedita in, Archivio Salvemini, Istituto Storico della Resistenza in Toscana, Firenze). Dell'Amministrazione Poli, che affronterà fino al novembre 1918 i gravi problemi del periodo di guerra, faranno parte anche gli assessori socialisti Sergio Azzollini e Alessandro Guidati, i quali, come stretti amici di Salvemini, gestiranno lo scontro politico che si avrà tra i salveminiani interventisti e i socialisti neutralisti.
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