Gaetano e la Madonna
La costiera sorrentina di colori vividi settembrini era dipinta. Gaetano, fumatore incallito aveva un mostro nei polmoni, tuttavia i suoi rantoli nulla toglievano al profilo sublime della costiera che gli si profilava davanti. Lui lo sapeva. Erano quelli gli ultimi momenti della sua vita. Lui che aveva insegnato la storia dei popoli, quella moderna e contemporanea; lui che tanto aveva amato la gente del Sud, lui che aveva detto di no! al fascismo, ora contava i suoi ultimi istanti osservando minuscole barche allontanarsi dal molo merlettato di bitte nel mare blu. Le bitte. Gaetano le aveva profondamente amate le bitte del porto. Ricordava che da bambino si avvicinava a quelle creature di pietra e sale e con le dita percorreva i profondi intagli che le corde dei pescherecci molfettesi incidevano in ogni ritorno dalle navigazioni. Le sue braccia non bastavano a contenerle in un abbraccio ed allora i suoi fratelli si mettevano di spalle al mare per costruire una catena. Che tempi! Aveva amato e li amava ancora i pescatori. Uomini d’acciaio e paglia che sfidano i marosi d’inverno ed odiano le secche estive. Gente dura, segnata sulla pelle con gli stessi intagli delle bitte sulla fronte. Gaetano era ormai al ritorno dal viaggio. Il suo faro stava per spegnersi per sempre. O forse per riaccendersi in un falò eterno. Il sonaglio della morte tintinna forte nelle tempie per chi fino agli ultimi istanti ne conserva la coscienza. Gli occhi si stavano per chiudere. Gaetano sapeva che tutte le sue parole scritte, le sue dissertazioni, le speculazioni filosofiche e politiche, ad esempio quelle riguardanti la questione meridionale, non sarebbero bastate a cambiare il mondo. Il suo mondo. E che c’è un meridione assolato in cui le ombre tardano a dissolversi, forse perché molta gente preferisce quel riparo ombroso alla luce della Verità. * * * Il compasso di luce settembrina aveva aperto davanti al letto del Professore moribondo un ventaglio di blu cobalto, azzurro e bianco. I gabbiani s’erano aggrumati nel cielo con i loro pindarici tuffi acquatici. Forse la pioggia era vicina. Sapete nelle battaglie navali quando si stagliano all’orizzonte le carene e le prue fanatiche e le vele rafforzate tronfie per i venti e gonfie di voglia d’ avanzare nei nuovi mari? Così dovette apparire al nostro Professore quel dispiegamento di imbarcazioni. Erano davvero tante. Al centro di quel ventaglio un peschereccio con sartìe adornate di bandiere d’ogni posto del mondo e ragazzacci dalle bandane piratesche che si tuffavano nel verdemare e risalivano veloci con una forza acrobatica circense, e suoni provenienti dalle sirene d’ogni natante presente nel porto di Sorrento. Al centro, come un nucleo di materia insondabile c’era Lei: Bellissima, Amata ed Amorevole, Misericordiosa, Materna: la Madonna dei Martiri. Giunta sotto la casa sorrentina di Gaetano, (era riuscita difatti miracolosamente ad avanzare su nuove acque sino all’uscio di casa del professore); sorretta sulle spalle di quattro marinai a torso nudo eccola avanzare sino al capezzale. Maestosa, Bellissima, Dorata per tutti i tesori che gli ex-voto le avevano nel tempo donato. Gaetano, agnostico sino in punto di morte, aveva pensato che non era Sacro tenere sul Petto di Madonna tutto quell’oro là; che poteva essere ridato ai poveri, trasfuso alchemicamente in sangue per chi sangue non ne ha, in pane, per chi pane non ha! La Madonna aveva già letto il suo pensiero e gli disse ad alta voce: «Tolgo il metallo che il diavolo dà! Avanti figlio mio alzati e seguimi. Il viaggio è appena cominciato». Gaetano avrebbe voluto portar via i libri che aveva lasciato sul suo comodino. Non ne aveva l’audacia però. Da lì in poi quel sapere tutto umano non aveva più senso. Così come avrebbe voluto raccogliere i suoi occhialini. Ma gli occhi di quel fantoccio poggiato su un cuscino erano già chiusi. Il viaggio di Gaetano era ormai una luce sul dorso d’un gabbiano. Una campana ridente che cantava un’immensa, sublime, potente libertà. Sorrento 6 settembre 1957 Molfetta 6 settembre 2021