Nei momenti in cui le condizioni economiche generali non assicurano prospettive di sviluppo, si cerca sempre di discutere sulle cause e cercare possibili soluzioni. Purtroppo solo in questi particolari momenti ci si rende conto di come il miglior “fattore produttivo” su cui puntare sia l’essere umano.
La risposta al cambiamento, al rinnovamento, non può che giungere dalla capacità e dalla visione che solo l’intelletto può offrire. Il capitale è necessario ma da solo non è in grado di garantire delle condizioni economiche positive e stabili nel medio e lungo termine. L’innovazione, il progresso tecnologico e ancora altri fattori positivi, sono tutti processi che solo menti stimolate e preparate possono garantire. Pertanto alla formazione dei giovani è affidato un ruolo fondamentale.
In Italia da sempre, e ancor più nel meridione, si reclama una scarsa relazione tra il mondo della scuola e quello dell’impresa. L’evidenza di questo debole rapporto si rende esplicito quando i nostri ragazzi, appena diplomati o laureati, non sono in grado di offrire alle aziende delle competenze specifiche, necessitando di un periodo di formazione sul campo ben più ampio di quello che normalmente dovrebbe servire ad una risorsa che, almeno sulla carta, risulta professionalizzata.
Occorre rivedere le logiche della formazione in cui l’obiettivo finale deve essere quello di garantire un’istruzione che, senza abbandonare le teorie fondamentali, debba essere in grado di fornire degli strumenti operativi da poter subito riutilizzare come elemento distintivo della propria preparazione. Per assurdo gli ultimi grandi innovatori nel mondo economico contemporaneo, dal compianto Steve Jobs (Apple) a Bill Gates (Microsoft) passando ancora per Mark Zuckerberg (Facebook), ci mostrano come dei “non laureati” siano riusciti a cambiare la tecnologia e gli stili di vita non di un gruppo ristretto di consumatori, ma dell’intero mercato mondiale. Sicuramente essi non possono rappresentare la normalità ma evidenziano come nella forza delle idee e nella capacità di vedere nel futuro siano presenti quei fattori di successo che si tramutano in nuovi beni e servizi di successo, partendo praticamente dal nulla. Volendo ripetere i casi di successo appena esposti, non tanto nella loro dimensione quanto nella loro impostazione, occorre guardare oltre il proprio confine, cercando di interpretare e anticipare le nuove tendenze.
Non sempre il mondo della scuola e quello dell’università sono stati in grado di intercettare tali esigenze. Senza soffermarsi su discorsi complessi e molto articolati, una proposta concreta potrebbe essere ad esempio quella di prevedere la frequenza dell’ultimo anno, sia per quanto riguarda la scuola superiore che per quanto concerne l’università, all’interno di una impresa o comunque all’interno di un contesto lavorativo, sia pubblico che privato. Esperienza professionalizzante da predisporre mediante un percorso di studi dedicato, in cui le giovani menti siano allenate non solo all’apprendimento, ma anche alla ricerca, allo stimolo e alla voglia di apportare contributi personali. Un percorso del genere sarebbe un utile strumento non solo per sancire in modo obbligato un rapporto vincente, ma accorcerebbe, riducendolo, il gap esistente tra una cultura fine e se stressa e quanto occorre invece per rendere quella stessa cultura il vero motore dello sviluppo. Una formazione che dialoga con il sistema produttivo e con il mondo del lavoro è una formazione in grado di migliorare e valorizzare il territorio, puntando sulle caratteristiche specifiche già presenti nonché sulle opportunità che possono nascere ex-novo.
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