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Elezione del sindaco è il momento di decidere
15 maggio 2006

Per Molfetta è arrivato il momento di scegliere. Le donne, e c'è da temere che saranno ancora una volta poche, e gli uomini che la governeranno per i prossimi cinque anni, la città del futuro, anche i metodi e forse la maniera stessa di intendere la politica. CINQUE I CANDIDATI SINDACI Con un piccolo colpo di scena in zona Cesarini, saranno in cinque a contendersi la carica di primo cittadino nelle elezioni del 28 e 29 maggio: Lillino di Gioia, Antonio Azzollini, Tommaso Minervini, Matteo d'Ingeo, Maria Antonia Tulipano. 25 liste e all'incirca 700 candidati ai 30 posti di consigliere comunale. Complicato far previsioni, neppure tenendo presente il dato delle vicine elezioni politiche, solo una certezza: difficile che, come cinque anni fa, uno dei candidati possa sbancare al primo turno. Quasi certo che il prossimo sindaco di Molfetta sarà scelto al ballottaggio fissato per l'11 e il 12 giugno. Fra i candidati una differenza subito si impone, da un lato chi è chiaramente riconoscibile come esponente locale degli schieramenti nazionali: Lillino di Gioia per L'Unione, e Antonio Azzollini per la Casa delle Libertà, dall'altro progetti politici con caratteristiche da decifrare. ANTONIO AZZOLLINI ASSO PIGLIA TUTTO Antonio Azzollini, senatore rieletto di Forza Italia, prova per la seconda volta a diventar sindaco di Molfetta. Il ruolo di senatore deve averlo molto gratificato, ma non per questo lo abbandona il desiderio di gestire direttamente la politica cittadina. Si intende con la fascia tricolore indosso, perché in realtà lui e la sua famiglia negli ultimi anni si sono lasciati sfuggire ben poche delle decisioni importanti. Una volta sfumata, per il niet non tanto di Tommaso Minervini, quanto del suo mentore Franco Visaggio, la possibilità di riproporre pari pari la coalizione uscente, Azzollini ha deciso di rispolverare il vecchio sogno e proporsi di persona. In città prosaicamente si dice che gli prema più di tutto non perdere il controllo dei milioni di euro stanziati per il porto che, in un modo o nell'altro dovranno esser spesi nei prossimi anni; dopo essersi dato tanta pena per farli arrivare a Molfetta, gli piace poco l'idea che possano esser altri a gestirli. Dodici anni fa, un'altra epoca quasi, Azzollini si propose per il Partito popolare e Città futura, che fu il suo partito prima di passare a Forza Italia. Oggi, con ben altre chance di vittoria, è candidato del Polo di centrodestra (Casa delle Libertà), appoggiato da Forza Italia, An, Dc, Fiamma tricolore, Molfetta prima di tutto e Udc. Quest'ultimo partito, che conta come capolista Carmela Minuto, la più suffragata alle ultime amministrative, è stato in bilico fino all'ultimo. Ufficialmente perché impegnato a difendere la candidatura a sindaco della stessa Minuto; più facile credere che prima di collocarsi abbia calcolato quale schieramento goda di maggiori possibilità di vittoria e anche quale sia capace di offrire più prospettive future. Si deve essere consumata una bella trattativa lontano da occhi indiscreti e alla fine il plafond di consensi della famiglia Minuto è andato al Polo. Il sen. Azzollini, nelle sue prime uscite, ha condotto la sua campagna elettorale su Tommaso Minervini, quasi che in città tutti non sappiano che l'ex sindaco nelle azioni di governo ha dovuto accettare per cinque anni, a volte a denti stretti, le indicazioni dello stesso Azzollini, nell'ultimo scampolo di legislatura addirittura assessore in prima persona. In molti si chiedono ancora come farà, se sarà alla fine prescelto quale sindaco, a svolgere un doppio incarico, tenuto conto che, con la situazione che si è venuta a determinare in Senato, il Polo richiederà la presenza assidua di tutti i suoi parlamentari per portare avanti la sua opposizione. LILLINO DI GIOIA: IL MATRIMONIO COMBINATO Centrodestra, quindi, e all'opposto il centrosinistra con le 11 liste che si sono raccolte attorno a Lillino Di Gioia: Democratici di Sinistra, Margherita, Rifondazione Comunista, Udeur, Il Riscatto della Città, Repubblicani Europei, Verdi, Italia dei Valori, Movimento del Buon Governo, Comunisti Italiani ed Ambientalisti. Ce l'ha fatta alla fine Di Gioia a condurre in porto la lunga corsa verso questa candidatura, realizzata pezzo per pezzo, pazientemente e tenacemente negli ultimi anni. Prima con l'opposizione caparbia al sindaco, poi costruendo la sua collocazione all'interno di un centro-sinistra abituato a considerarlo avversario politico, che fino ad un anno o solo a sei mesi fa mai avrebbe pensato di poterlo avere come rappresentante. Di Gioia ha scommesso su questo progetto e, almeno fino qui, ha vinto. L'Unione di centrosinistra, tranne qualche pezzo di cui si dirà fra poco, è con lui. Non si può negare, però, che sia uno strano matrimonio, di quelli che, nati dal caso o combinati da un sensale, possono anche riuscire, anche se all'inizio non hanno avuto il battesimo dei bei sentimenti. Si sforzano di piacersi Di Gioia e quella parte del centrosinistra che nel passato lo ha indicato come nemico e la forzatura a tratti traspare, chissà che fino al 28 maggio non ci riescano davvero. Il candidato non ha derogato di una virgola ai patti stabiliti con i partiti che alla spicciolata hanno finito con l'accettare il risultato delle primarie, soprattutto per quanto riguarda il Codice etico che ha tenuto fuori liste che non hanno voluto rinunciare a candidare protagonisti dell'amministrazione degli ultimi cinque anni. Rivendica la sua storia politica centrista, ma riconosce pubblicamente i valori della sinistra e per meglio chiarire l'identità della coalizione si è spinto ad indicare in Mino Salvemini, segretario cittadino dei Ds, il possibile futuro vicesindaco, e in Nino Sallustio della Margherita, un altro componente della sua giunta, qualora dovesse diventar sindaco. I due hanno ringraziato, ma anche subito dichiarato che non esistono accordi in tal senso, che si è trattato di una fuga in avanti, che le decisioni dovranno esser prese al momento opportuno dalla coalizione tutta. Coalizione che pare, come si diceva, lentamente assuefarsi a questo marito che le è stato quasi imposto e che sa, comunque, che dovrà crederci se vuole arrivare dove spera: al ballottaggio. Per poi giocarsi la partita. Di Gioia ha messo le mani in avanti, anche per stoppare voci che girano in città, nessun apparentamento con liste avversarie, chi vorrà eventualmente votarlo lo faccia e basta. TOMMASO MINERVINI E LE SUE TRE CARTE Al ballottaggio mira anche Tommaso Minervini, che i media locali sbrigativamente definiscono candidato per il “terzo polo”. Lui, come suo solito, preferirebbe formule altisonanti “nuova alleanza”, “voto di libertà”, “Molfetta di tutti”, abbandonato lo slogan del “governo a rete”, che non ha portato molta fortuna alla rete tutta, meno gettonata nelle ultime sue comunicazioni anche la formula che tanto gli è stata cara di “progetto civico”. La sua coalizione comprende Città per Tutti, Partito Repubblicano Italiano, Molfetta che Vogliamo, Rosa nel Pugno, I Socialisti. Due liste civiche, quindi, la sua personale e quella del sodale Sergio Azzollini, il Pri, un partito che a livello nazionale è saldamente nel centrodestra, alcuni esponenti del Psdi (che pure alla primarie aveva sostenuto Lillino Di Gioia) confluiti nella lista Molfetta che vogliamo, I socialisti e la Rosa nel Pugno, partiti di centrosinistra. Le sigle, perlomeno, perché si è consumata nell'ultimo mese, a cavallo con le elezioni politiche, una dura battaglia per l'utilizzo soprattutto del simbolo della Rosa nel pugno. Un braccio di ferro vinto infine dal consigliere regionale Franco Visaggio, che nella lista ha infilato bei pezzi da novanta in quanto a portatori di voti ma, a parte Nunzio Fiorentini, ben pochi socialisti veri. Il nucleo storico dei socialisti molfettesi non ha riconosciuto l'operazione Visaggio. Ad iniziare da Diego Colonna, con lo Sdi protagonista del complesso lavoro che ha portato alla strutturazione della coalizione dell'Unione, che si è visto scippato del simbolo della Rosa nel pugno, non certo della sua identità socialista, che l'ha portato nella lista del Buon governo. Tommaso Minervini si gioca, insomma, tre carte. Una è proprio questa di un suo sedicente ritorno alla patria socialista, di cui si era evidentemente dimenticato nel quinquennio in cui è stato sindaco di centrodestra e finanziava mostre storiche in cui partigiani e repubblichini di Salò erano omologati o faceva affiggere sibillini manifesti in cui era difficile intendere che il 25 aprile si festeggi la Repubblica nata dalla Resistenza. L'altra quella con cui punta a raccogliere il consenso di cinque anni di amministrazione e infine, la più pesante, quella dei più noti detentori di pacchetti di voti, concentrati in massima parte nelle liste che lo appoggiano. MATTEO D'INGEO E IL “LIBERATORIO” Matteo d'Ingeo prosegue la sua corsa con il “Liberatorio politico”, l'unica lista che lo sostiene. Come già annunciato all'inizio della sua avventura, il suo obiettivo è duplice, catalizzare il voto di tutti coloro che a sinistra non accettano di riconoscersi nel candidato sindaco Lillino Di Gioia e proporre un nuovo metodo politico, dal basso e partecipato. MARIA ANTONIA TULIPANO: L'OUTSIDER Quasi a tempo scaduto è arrivata anche una quinta candidatura a sindaco, inaspettata, visto che si tratta di una neofita della politica: Maria Antonia Tulipano. Sarà sostenuta da Popolari per Molfetta e Rinnovamento per Molfetta. In pratica da Pino Amato, di cui la Tulipano sarebbe cognata (quasi ad emulare il rapporto fra Craxi e Pillitteri, sindaco della “Milano da bere” noto alle cronache di allora proprio come “il cognato”). Che Pino Amato sia dotato di un buon patrimonio di voti che lo seguono fedeli in ogni peregrinazione fra partiti e schieramenti diversi, è noto da anni, questa volta dobbiamo registrare la notizia di un veto scattato: i suoi voti sì, il suo nome no. Troppo compromesso in vicende giudiziarie. Così Amato si è inventato un escamotage, correrà da solo, consentendo agli altri di poter dire che nulla hanno a che fare con lui, pronto al ballottaggio a contrattare sui consensi che avrà ricevuto, magari opportunamente dirottati non sul proprio, ma su altro candidato sindaco, che così avrebbe maggiori possibilità di andare al secondo turno, sapendo ricambiarlo con un assessorato sicuro nella prossima giunta. Antonio Azzollini già una volta ha sponsorizzato Pino Amato come assessore, non avrebbe, quindi, difficoltà a sostenere questo gioco. Come nelle migliori pochade, Pino Amato apparentemente cacciato dalla porta, avrebbe già aperta la sua bella finestra. Ci si consenta di dire che, se così stanno le cose è una manovra squallida, per di più utilizzando una donna, quasi a dire che possiamo avere una candidata sindaca solo strumentalmente, non una che si giochi la sua partita fino in fondo.
Autore: Lella Salvemini
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