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Egli è quel Sol che bea
15 dicembre 2009

Inno al Sole, cantata di Vito Giuseppe Millico sull’ode di Giuseppe Saverio Poli, è un’opera di cui si era certi dell’esistenza grazie alla trasposizione del testo in “Saggio di poesie” di Poli stesso; tuttavia si ignorava quale fosse la musica che accompagnasse l’ode prima che il maestro Gaetano Magarelli ne scoprisse il manoscritto all’interno dell’Archivio Diocesano di Molfetta. Il promotore di tale ricerca è stato il dott. Giuseppe Saverio Poli, discendente dell’autore dell’ode, e ne ha determinato il seguito nell’organizzazione di un concerto nella Cattedrale di Molfetta, il 14 novembre, con la partecipazione dell’Orchestra da camera Nino Rota, diretta dal maestro Antonio Magarelli, con Angela Nisi nel ruolo di primo soprano e Annamaria Bellocchio nel ruolo di secondo soprano. L’opera nasce, probabilmente negli ultimi anni del XVIII secolo, in un contesto culturale molto fervido quale era la corte borbonica di Napoli, grazie al sodalizio intellettuale di due pugliesi: Millico, evirato compositore di Terlizzi, conosciuto anche come “il Moscovita” per aver intrapreso parte della sua carriera a servizio della corte degli zar, e Poli, scienziato di Molfetta e istruttore di Francesco I di Borbone. L’entusiasmo con cui il maestro Gaetano Magarelli ha presentato “Inno al Sole”, durante la conferenza stampa a Palazzo Poli di Molfetta, la sera precedente al concerto, non lasciava alcun dubbio circa la professionalità e il notevole impegno per la messa in scena della prima esecuzione in tempi moderni della cantata. E’ stato un lavoro di ricerca e organizzazione che ha coinvolto l’organico della manifestazione nella consapevolezza di segnare un momento importante per la cultura locale. Il tema della cantata, composta da settantuno quartine, celebra le virtù del sole mediante il costante utilizzo di figure mitologiche. Dopo aver descritto le qualità del Sole, le bellezze della terra che scaturiscono dal suo benefico influsso, l’angoscia che la sua assenza provoca nel cuore degli uomini, il poeta nelle ultime cinque strofe declina il tema descrittivo nella contemplazione mistica. “Se tu così mirabile, / Se tu sì eccelso sei, / Ch’è mai quel Fabbro altissimo, /A cui tu l’esser dei!”...... “Egli è quel Sol che bea”, sembra chiudersi l’ode in una commovente dichiarazione, ma segue un inaspettato recitativo, dopo una pausa significativa, in cui l’autore invita al solo atteggiamento possibile verso il Creatore: la contemplazione e il silenzio. E’ l’espediente tecnico, utilizzato da Millico, perché siano messi in maggiore risalto gli ultimi versi, creando un moto di sconcerto nello spettatore. L’evento non è stata una semplice e sterile celebrazione di un illustre concittadino del passato. Differenti figure professionali del nostro territorio hanno unitariamente concorso alla scoperta di uno stralcio della nostra storia perchè possa risorgere a vita nuova in una ampia divulgazione di una cultura che ci appartiene. Tuttavia ci si chiede se così grandi fummo, se così eccelsi tuttora siamo, perchè manca un teatro, nella città in cui siamo?

Autore: Angelantonia Soriano
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