Dopo la prima di Tricase, eseguito anche a Molfetta l’oratorio “Ai tremendamente vivi” ispirato al pensiero di don Tonino Bello
Il venticinquesimo anniversario dalla nascita al cielo di don Tonino Bello continua ad offrirci ancora interessanti spunti di riflessione sul pensiero di questo grande profeta del nostro tempo in odore di santità. E su un suo sogno in particolare: che gli uomini vivano all’insegna della convivialità delle differenze, quella stessa nobile agape che lega le Persone divine della Trinità, ma che tuttavia sembra ancora ben lungi dal realizzarsi, anzi, ci si può azzardare a classificarla praticamente ancora come un’utopia. Credevamo, infatti, di esserci lasciati ormai indietro sentimenti nefandi quali razzismo e sciovinismo, ma pare che questi si siano negli ultimi tempi riaffacciati, spesso e volentieri facendo leva su timori artatamente fomentati. Complici un contesto socio-economico di forte disorientamento e un modello di comunicazione sempre più fluido, lasco, pervasivo e amplificante, la diversità, sia essa di etnia, di religione, di condizioni personali o sociali, o anche solo semplicemente di idee, sovente costituisce una valvola di sfogo di frustrazioni personali se non addirittura additata quale causa dei mali del nostro tempo, una diversità vista sempre più come un limite anziché una ricchezza. Quella ricchezza che, del resto, nei secoli ha forgiato attraverso meravigliose e determinanti contaminazioni la cultura di un popolo quale quello italiano, insediatosi su una penisola che costituisce un vero e proprio molo in mezzo a quel grande porto che è il bacino mediterraneo, un molo al quale hanno trovato un approdo sicuro tante nobili culture. E il nostro Servo di Dio ha maturato questo pensiero nella sua terra natia, in quel Salento, penisola nella penisola, «meravigliosa terra di frontiera – finis-terrae – che Don Tonino chiamava “terra-finestra”, perché dal Sud dell’Italia si spalanca ai tanti Sud del mondo» (dal discorso di Papa Francesco nella sua visita ad Alessano del 20 aprile scorso), altro crogiuolo di culture a poche bracciate di mare dai paesi balcanici, a diretto contatto con quelle persone che nonostante le tante difficoltà che si presentavano nel loro lavoro e la loro vita, non hanno mai rinunciato ad accogliere ed integrare chi, in stato di bisogno, è approdato su questa terra. Al dichiarato scopo proprio di omaggiare il popolo salentino e pugliese e di spronarlo a non smarrire mai per nessun motivo questa caratterizzante vocazione alla solidarietà, che l’associazione Auditorium di Castellana Grotte ha sviluppato e affidato alla direzione artistica del M° Giovanni Calabrese, direttore dell’Associazione di Alta Cultura Musicale “W.A. Mozart” di Tricase, e del M° Giuseppe Alesio, direttore del Centro Artistico Internazionale del Mediterraneo, il progetto “Ai tremendamente vivi ovvero: La convivialità delle differenze”, un percorso artistico che, attraverso la musica, la letteratura e le arti visive, diffonda l’opera e l’insegnamento di don Tonino nel segno della Pace. Un progetto sviluppatosi in una mostra di arti visive tenutasi a Tricase, il paese in cui don Tonino ha esercitato il servizio di parroco, dal 21 al 31 ottobre e, in una “Cantata per don Tonino Bello” la quale, dopo essere stata eseguita in prima assoluta a Tricase il giorno precedente, è stata riproposta a Molfetta il 29 ottobre nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù. Un progetto reso possibile anche grazie alla collaborazione della Diocesi di Ugento-S. Maria di Leuca, della Fondazione Cammini di Leuca, del Parco ecclesiale culturale “De Finibus Terrae”, dell’Ufficio nazionale per la pastorale del turismo, tempo libero e sport della CEI e al patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, della Regione Puglia e dei comuni di Tricase e Molfetta, quest’ultimo rappresentato nella replica del concerto nella nostra città dall’assessore alla cultura Sara Allegretta. “Ai tremendamente vivi – Cantata per don Tonino Bello” è un’opera musicale da camera scritta dal M° Francesco Maggio (compositore di origine salentina e direttore di diversi festival internazionali di musica italiana, tra cui quello di Stoccarda, città dove il maestro vive, e di Baku in Azerbaijan), in cui si inserisce una voce recitante testi incentrati sul tema della convivialità e dell’accoglienza tratti dai libri, dalle omelie e delle poesie di don Tonino Bello, sapientemente elaborati dal giornalista Davide Rondoni (opinionista del quotidiano Avvenire e volto del programma Antivirus di Tv2000), e declamati dalla sua stessa calda voce nel corso dell’esecuzione musicale. A interpretare quest’opera l’ensamble cameristica Apulia Classic Orchestra Auditorium diretta dal M° Giovanni Pellegrini. Un oratorio sacro, ma anche laico, come lo ha descritto nel suo intervento a inizio concerto il giornalista de La Gazzetta del Mezzogiorno Ugo Sbisà, perché inevitabilmente si sviluppa a partire da princìpi evangelici, ma investe anche aspetti della quotidianità dell’uomo. Umano e trascendente che si abbracciano, potremmo dire, esattamente come nel mistero dell’Incarnazione. Un abbraccio come quello che in quest’opera si ha tra musica e parole, le quali divengono qui un’unica indissolubile entità. L’oratorio inizia con un incalzare ritmato, con suoni e armonie non sempre di facile presa, a voler simboleggiare un cammino duro, ostico come sovente lo sono le terre del sud, ma che guarda sempre alla meta della speranza. Infatti tutte le asperità si dissolvono all’apparire di una figura muliebre, una Maria, donna dei nostri giorni dalle sembianze di una madre salentina, interpretata dalla seducente voce di Enza Pagliara (una delle artiste più importanti del folk italiano e voce solista dell’orchestra popolare del festival della “Notte della Taranta”), che attraverso i suoni ancestrali e passionali della tradizione locale, quelli della Pizzica, attende con ansia i suoi figli, quei “tremendamente vivi” che con amore vuole sorreggere e porre sotto la sua protezione. Una protezione da tendenze distopiche evocate nuovamente da atmosfere musicali travagliate e inquietanti, anche richiamanti a quelle terre balcaniche martoriate dalla guerra in cui don Tonino volle recarsi per offrire la sua testimonianza di pace anche se era ormai allo stremo delle forze, suoni che suscitano un turbine di dubbi e interrogativi sulla condizione dell’uomo. E poi l’epilogo, una preghiera al Servo di Dio affinché “i nostri cuori rivivano desiderosi di nuovi cieli e terra nuova”. Insomma, una nuova occasione per assaporare ancora una volta il pensiero di un uomo in grado di unire la Terra al Cielo e, si spera, fare tesoro di questa testimonianza. © Riproduzione riservata