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Don Tonino, ultimo grande riformatore sociale del Sud: oggi il 15° anniversario della morte Nominato il postulatore della causa di beatificazione: è l'arcivescovo di Potenza, mons. Agostino Superbo, già rettore del seminario di Molfetta
15 aprile 2008

 

 
MOLFETTA - 15.4.2008 - Oggi ricorre il 15° anniversario della scomparsa di don Tonino Bello (nella foto tratta dalla copertina di "Quindici", in occasione del decennale della morte). Il processo verso la santità dell’amato vescovo va avanti con la nomina da parte di mons. Luigi Martella, vescovo della diocesi, di mons. Agostino Superbo, arcivescovo di Potenza e presidente della Conferenza Episcopale Lucana, già rettore del seminario regionale di Molfetta come postulatore della causa di beatificazione del servo di Dio.
Per ricordare questo anniversario, come fa ogni anno, Quindici ha pensato di proporre lo stralcio della parte finale della relazione che il sociologo Franco Cassano ha presentato alla libreria Laterza di Bari, parlando di lui come riformatore sociale del Sud. Anzi, l’ultimo grande riformatore sociale del Mezzogiorno. Cassano ha commentato i testi del libro Sud a caro prezzo. Il cambiamento come sfida (Ed. la meridiana, pagg. 98, euro 10,00).
La parresia
Vorremmo tornare su un punto che abbiamo più volte accennato: la franchezza, la semplicità e il carattere diretto della predicazione di don Tonino. Egli possedeva la straordinaria qualità di mettere in crisi tutti gli establishment. In primo luogo quello ecclesiale, con la sua profonda capacità di rovesciare le gerarchie temporali in quelle spirituali, sulla base di una spiritualità molto meridionale, fatta di passione, di nomi, di corpi concreti, bisognosa degli altri e diretta agli altri, senza riparo. Ma don Tonino, proprio grazie a questa sua predicazione visibile, essoterica, concreta, possedeva la capacità di mettere in crisi anche l'establishment della cultura laica, una cultura spesso spaventata dal futuro, riparatasi dietro l'onnipotenza della tecnica, e per tutte le altre questioni disincantata, cinica, chiusa in un'esaltazione della demitizzazione che è il contrario della parresia, perché troppo spesso vuole dire conciliazione con la realtà, con il potere, con i rapporti di forza consegnati nella realtà.
Il problema che don Tonino lascia alla cultura laica è una domanda: è essa ancora capace di parresia? Esiste uno splendido saggio di Michel Foucault proprio su questa parola. Questa parola, dice Foucault, illustra il momento in cui la verità non si allea con il potere, ma quello in cui assume una funzione critica rispetto al potere, l'apertura della dimensione critica nel pensiero occidentale. Una fondazione laica della parresia può quindi essere definita proprio con le parole di Foucault: La parresia è connessa con la libertà e il dovere (..) è un'attività verbale in cui un parlante esprime la propria relazione personale con la verità, e rischia la propria vita perché riconosce che dire la verità è un dovere per aiutare altre persone (o se stesso a vivere meglio.
Nella parresia il parlante fa uso della sua libertà, e sceglie il parlar franco invece della persuasione, la verità invece della falsità o del silenzio, il rischio di morire invece della vita e della sicurezza, la critica invece dell'adulazione, e il dovere morale invece del tornaconto o dell'apatia morale (1996, 9-10). La cultura laica e quella della fede si possono incrociare proprio in questa parresia, nella capacità di rifiutare ogni complicità con il potere e nel dire ad esso la verità, quale che sia il fondamento di questa volontà di dire la verità: il coraggio del cittadino o l'ispirazione divina del profeta. Se si vuole rendere omaggio a don Tonino e alla sua idea di Sud, si deve rimanere fedeli a questo coraggio che osa dire la verità, che osa predicare l'idea di un mondo capovolto rispetto a quello governato dal potere. Per far questo invece di inseguire il potere occorre inseguire il sogno.
Bisogna essere capaci di alzare la testa, così come insegna l'anziano signore che al ragazzo che ha perso la strada risponde, alzando il dito e indicando il cielo: "Seconda stella a destra, poi tira dritto fino al mattino" (SP, 130). Gli ultimi saranno i primi, e la salvezza per tutti verrà solo dalla capacità di rovesciare la serietà feroce delle gerarchie in un gioco tra pari. Questo rovesciamento apre la strada della salvezza non solo per gli ultimi, ma per tutti gli altri. Solo partendo dagli ultimi s'imbrocca la strada giusta. Per questo il sud ha un ruolo cruciale, per questo don Tonino ci ha insegnato la necessità del sud. Non solo nessuno potrà abolire il sud, ma tutti, anche coloro che non sono meridionali, dovranno cercarlo per potersi salvare.
Vale la pena ripetere qui quanto si diceva sulla massima "il potere logora chi non ce l'ha". Rispondeva don Tonino il potere logora chi ce l'ha perché, esso non può resistere al tempo. Abbiamo parlato di straordinario realismo. Ed infatti noi stiamo oggi parlando di don Tonino, un uomo che amava i vuoti di potere.
Don Tonino continua a parlarci e ad emozionarci. Anche i romani pensavano che nella marginale Palestina quel falegname che si dichiarava figlio di Dio fosse solo un pazzo. Eppure oggi noi contiamo gli anni dalla data di nascita di quel pazzo e non da quella dei natali di Roma.
Franco Cassano
 

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