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Don Tonino, cinque riflessioni: dalla stampa ai dipendenti comunali Speciale Don Tonino
15 aprile 2013

«La città langue di interiorità». È questa l’immagine più lacerante e attuale consegnata alla città di Molfetta da uno dei messaggi di don Tonino Bello. Si tratta della frase conclusiva dello scritto «Le sentinelle della città», redatto in occasione della visita pastorale alla comunità di san Bernardino nel gennaio 1991. Questo è il primo scritto dei 5 scritti che Quindici propone ai molfettesi per il ventennale dalla scomparsa del Servo di Dio: gli altri quattro presentano le riflessioni di don Tonino per i ragazzi, gli adolescenti, i giovani e persino i dipendenti comunali LE SENTINELLE DELLA CITTA’: AI PROFESSIONISTI «A voi che siete abituati a riflettere un pochino più degli altri, che leggete di più, che ascoltate di più, a voi uomini di cultura, uomini del libro e della routine quotidiana, a voi, sentinelle della città, vorrei porre questa domanda: dove va la nostra città? Dove stiamo andando? Voglio, però, riflettere con voi sulle cose che succedono in casa mia, cioè in quell’ambito, in quegli spazi dove io dovrei sorvegliare, essere vescovo nel senso etimologico: sorvegliante. In fatto di vita spirituale, di vita religiosa c’è molta esteriorità. C’è molta voglia di sacro nella nostra città, ma poco desiderio di santità. Il sacro è una tintura che noi mettiamo all’esterno secondo i nostri gusti. Santità invece è vita interiore, è ascolto, è voglia di attingere alle falde freatiche profonde dove scorre l’acqua del silenzio, dei grandi valori della vita, della contemplazione, dello stupore, dell’amore per le cose, del rispetto per gli altri, dell’amore per dio e della polarizzazione della propria vita attorno a lui. Questa è la santità. Ora io vorrei invitarvi ad essere promotori di questa santità più di quanto non lo sia il vescovo. Perché il vescovo, purtroppo anche il vescovo, è un uomo del sacro. Siate voi i promotori della santità. Io mi appello a quella santità laica ci cui tutti quanti voi potete essere fornitori, protagonisti e propositori. La santità laica, i valori del Vangelo che poi sono i valori che si sprigionano dalle viscere della terra. La solidarietà! La solidarietà non intesa come vago sentimento adolescenziale, ma come farsi carico delle sofferenze degli altri, le sofferenze della città. La trasparenza! La trasparenza nella vita perché non ci sono fratture tra l’audio e il video. C’è molto audio nelle nostre chiese. Ma di video ce n’è poco; si sente bene, ma il video è a strisce; ci sono delle interferenze. L’accettazione dell’altro! La ricerca dell’altro! Capite allora?! Provare dalle viscere del territorio questa esemplarità. Questo è promozione di una cultura nuova per la città. La santità laica, la promozione di questi valori. Che i vostri figli apprendano da voi quelle fierezze che fanno l’uomo grande, quelle fierezze umane; quelle indipendenze interiori, quei riconoscimenti di subalternità solo dinanzi a dio. Servi di tutti, ma schiavi di nessuno. Protesi in questo servizio straordinario all’uomo. Quanto merito vi troverete per essere stati promotori di questa di questa santità urbana, di questa santità laicale, democratizzata, diffusa. La città langue di interiorità!». Cantori della pace : agli adolescenti «Vorrei aiutarvi a scegliere per la vita ... sempre. E scegliere per la vita significa amare la bellezza. Perché questo mondo che sta diventando così turpe, così osceno, sarà la bellezza a salvarlo. Ho ascoltato il vostro concerto di flauti e le vostre poesie. Voglio dirvi la mia ammirazione per la dolcezza del vostro canto, per la bellezza di ciò che avete espresso attraverso la musica e le poesie. Insieme ci siamo immersi in un mondo di bellezza ma - ve lo devo dire e vi dirò anche parole di speranza - ho ascoltato tutto con una profonda tristezza nel cuore. Pensavo: speriamo che questi ragazzi un giorno non appendano i loro flauti ad un chiodo della loro stanza in mezzo ai ricordi della loro adolescenza. E lo pensavo con tristezza perché guardavo la situazione in cui ci troviamo in questi giorni. Ho pensato alle turpitudini di questa notte: un ragazzo della Comunità dei tossicodipendenti è scappato; mi hanno chiamato; sono andato a trovarlo; era dietro i frangiflutti del porto: si era bucato. Torno a casa, accendo il televisore per le notizie ... preoccupazione per gas chimici, bombe chimiche. Poi leggo alcuni reportage clandestini (non quelli ufficiali della televisione e dei giornali): bambini che muoiono schiacciati sotto le macerie; ospedali che crollano ... E allora tu dici: quale altra salvezza c’è se non la bellezza. lo sono contento che voi coltiviate anche la musica, l’arte. Perché è la bellezza che salverà il mondo. Non saranno le armi; non sarà la nostra saggezza; non sarà la nostra forza. La bellezza, sì. Amate la bellezza! Coltivate la vostra bellezza! Curate la vostra persona; curate la dolcezza del vostro sguardo e perfino la stretta di mano abbia uno spessore di tenerezza. È la bellezza che salverà il mondo. Vi ricordate! ... per fare il tavolo ci vuole il legno; per fare il legno ci vuole l’albero; per fare l’albero ci vuole il seme; per fare il seme ci vuole il frutto; per fare il frutto ci vuole un fiore; per fare il tavolo ci vuole un fiore. Per fare un tavolo durissimo, il tavolo sanguigno della vita di tutti i giorni, il tavolo ... il simbolo delle cose materiali, della vita cui andate incontro con i problemi della salute, del lavoro, del denaro, della casa, dei rapporti; il tavolo duro della vita. Per fare la vita ci vuole un fiore. Il fiore è il simbolo della bellezza. È la bellezza che salverà il mondo. Scegliete per la vita! Amate le cose pulite, belle: la poesia, il sogno, la fantasia. Benedite il Signore che vi dà questa possibilità di viaggiare senza biglietto, gratuitamente, lungo i meridiani e i paralleli non soltanto del globo ma dell’esistenza. Amate la poesia, amate la bellezza! Diversamente sarà molto difficile che il mondo faccia inversione di marcia». Nostal giche profezie: ai ragazzi «Voi siete testimoni di tutto quello che sta succedendo oggi. Immagino che anche nel vostro cuore c’è tanta tristezza perché vedete questa sofferenza del mondo. Però ricordatevi ... il fatto più tragico non è la guerra ma tutto ciò che ha preceduto la guerra. E io vi vorrei ... felici di vivere, capaci di innamorarsi delle cose belle della vita, del cielo, della terra, del mare, delle persone che vi attraversano la strada, quelli che camminano insieme con voi, poveri e ricchi, quelli che abitano nel vostro condominio e quelli che sono lontani. Amate la gente senza chiedere nulla in contraccambio. Anche quando l’altro non vi potrà dare nulla di buono, amatelo. Non vogliate bene ai vostri compagni soltanto perché sono bravi, perché scambiano con voi tante cose; vogliate bene anche a coloro che non vi danno nulla. Alla stazione di Bolzano, nella sala d’aspetto, c’era tanta gente quella notte di Capodanno al termine della marcia per la pace. Era venuta lì a dormire perché c’era il riscaldamento. lo aspettavo il treno. Si è seduta accanto a me una vecchietta. Era sporca e maleodorante. Ha mangiato qualcosa imbrattandosi tutta la faccia. Poi si è messa a russare. E io ho detto: questa è un frammento di santità, una reliquia. I poveri! Capite? Bartolo, mio amico! Quando andate a Roma salutatelo. A Piazza S. Pietro, subito dopo l’editrice Ancora, sulla sinistra ci sono dei cartoni e lì ogni notte da anni ormai, Bartolo, con la barba lunga, va a dormire. Se lo volete sapere quei cartoni sono come certi ostensori delle chiese; dentro ci sono reliquie di santità. Oh Dio! Ma come si fa allora ad approvare una guerra? Come si fa a starsene zitti? Come si fa a non urlare con tutta la forza dell’animo? Basta un solo uomo che venga ucciso ed è già un’atrocità assurda. Perché la vita di ogni uomo è disponibile solo per essere amata. Sapete qual è l’opposto del verbo amarsi? Aggiungete una R: armarsi. Quando ci si arma, inesorabilmente ci si odia. Ve lo dico con molta fermezza, con molta libertà e con molto rispetto: quando si costruiscono le armi, necessariamente devono essere usate. Chi fabbrica le armi vuole che siano vendute e consumate. E le armi si consumano uccidendo. lo sono andato a parlare nelle fabbriche d’armi. Agli operai ho detto che il lavoro che loro fanno non può avere sotto stampigliata la sigla che c’era sotto le opere che uscivano dalle mani di Dio creatore: e Dio vide che era molto buono. Fece la luce, fece gli alberi ... e vide che erano cosa molto buona. Ho detto che delle loro opere non si poteva dire: è molta buona. Dissi anche che sapevo che lavoravano come gli altri per guadagnarsi il pane ... E che se avessero il coraggio ... lo pensavo che mi avrebbero fischiato. Invece fu bellissimo. Venne al microfono un uomo e disse che era stato mandato dalla ditta fornitrice d’armi in Iraq per una revisione tecnica; aveva visitato l’ospedale con un suo amico medico e aveva visto su una branda un giovane nero inciampato in una mina antiuomo. Gli erano saltati tutti e due i piedi. Quest’operaio in fabbrica metteva l’ultima spoletta a quelle mine. Tornato in Italia si è licenziato e ha cercato altro lavoro aiutato nel frattempo dalla comunità parrocchiale. Ricordatevi sempre: AMARSI. Ci troviamo in un momento molto molto triste, in cui questa parola, questo verbo spesso è sostituito da quell’altro: ARMARSI. Sulla terra c’è ancora da promuovere una grande e incontenibile opera di giustizia perché ognuno abbia il suo pane e lo mangi insieme con gli altri. Sì, perché questa è la pace: mangiare il pane insieme con gli altri. Vedete! Su questo tavolo consideriamo tutte le ricchezze della terra, immaginiamo che siano cento panini, cento pezzi di pane. Ne mettiamo qui trenta, qua trenta, lì venti e ancora più in là venti. Tutte le ricchezze della terra sono qui: l’energia, l’oro ... Tutte le ricchezze della terra le riduciamo in cento pezzi di pane. Mettiamo ora attorno al tavolo tutti gli uomini della terra; i cinque miliardi e più li riduciamo a cento persone. Tutti attorno al tavolo: qui trenta, più in là altri trema, lì venti e più lontano altri venti. Guardate cosa succede. Queste trenta persone che stanno qui, stendono le mani mangiano anche i pani che stanno di qua; o poi le mani e mangiano più della metà dei pezzi di pane che stanno lì. Così il trenta percento degli uomini mangia l’88% dei pani, della ricchezza. Le altre 70, il 70% dell’umanità deve accontentarsi del 12% della ricchezza. Come si fa a non urlare, a rimanere zitti! Ma voi, amate la vita, amate i vostri giorni; aiutate gli altri a vivere. E quando succede qualche discussione tra voi, non risolvetela con la mano chiusa a pugno, ma sempre con la mano nella mano dell’altro». Alti profili: ai giovani «Ricordo i miei anni del ginnasio: un mare di dubbi. Dubitavo perfino della mia capacità di affrontare la vita. Che età difficile! Hai paura di non essere accettato dagli altri, dubiti del tuo charme, della tua capacità d’impatto con gli altri e non ti fai avanti. E poi problemi di crescita, problemi di cuore ... Ma voi non abbiate paura, non preoccupatevi! Se voi lo volete, se avete un briciolo di speranza e una grande passione per gli anni che avete ... cambierete il mondo e non lo lascerete cambiare agli altri. Vivete la vita che state vivendo con una forte passione. Non recintatevi dentro di voi circoscrivendo la vostra vita in piccoli ambiti egoistici, invidiosi, incapaci di aprirsi agli altri. Appassionatevi alla vita perché è dolcissima. Mordete la vita! Non accantonate i vostri giorni, le vostre ore, le vostre tristezze con quegli affidi malinconici ai diari. Non coltivate pensieri di afflizione, di chiusura, di precauzioni. Mandate indietro la tentazione di sentirvi incompresi. Non chiudetevi in voi stessi, ma sprizzate gioia da tutti i pori. Bruciate ... perché quando sarete grandi potrete scaldarvi ai carboni divampati nella vostra giovinezza. Incendiate ... non immalinconitevi. Perché se voi non avete fiducia, gli adulti che vi vedono saranno più infelici di voi. Coltivate le amicizie, incontrate la gente. Voi crescete quanto più numerosi sono gli incontri con la gente, quante più sono le persone a cui stringete la mano. Coltivate gli interessi della pace, della giustizia, della solidarietà, della salvaguardia dell’ambiente. Il mondo ha bisogno di voi per cambiare, per ribaltare la logica corrente che è logica di violenza, di guerra, di dominio, di sopraffazione. Il mondo ha bisogno di giovani critici. Vedete! Gesù Cristo ha disarmato per sempre gli eserciti quando ha detto: «rimetti la spada nel fodero, perché chi di spada ferisce, di spada perisce». Ma noi cristiani non siamo stati capaci di fare entrare nelle coscienze questo insegnamento di Gesù. Diventate voi la coscienza critica del mondo. Diventate sovversivi. Non fidatevi dei cristiani «autentici » che non incidono la crosta della civiltà. Fidatevi dei cristiani «autentici sovversivi» come San Francesco d’Assisi che ai soldati schierati per le crociate sconsigliava di partire. Il cristiano autentico è sempre un sovversivo; uno che va contro corrente non per posa ma perché sa che il Vangelo non è omologabile alla mentalità corrente. E verranno i tempi in cui non ci saranno né spade e né lance, né tornado e né aviogetti, né missili e né missili-antimissili. Verranno quei tempi. E non saremo più allucinati da questi spettacoli di morte! Non so se li ricordate, se li avete letti in qualche vostra antologia quei versi di Neruda in cui egli si chiede cosa sia la vita. Tunnel oscuro - dice - tra due vaghe chiarità o nastro d’argento su due abissi d’oscurità? Quando ero parroco li citai durante una messa con i giovani. Poi chiesi: perché la vita non può essere un nastro d’argento tra due vaghe chiarità, tra due splendori? Non potrebbe essere così la vostra vita? Vi auguro davvero che voi la vita possiate interpretarla in questo modo bellissimo». Per il bene comune: ai dipendenti comunali «C’è un principio al di sopra di noi, al di sopra della nostra esperienza e della nostra vita ed è questo: il bene comune. Il bene comune, il bene della gente. Nella legge 142 del giugno 1990 sulle autonomie locali, mi è parso che, insieme ad articolati di carattere molto tecnico, ci siano degli spessori di umanità, incuneatisi forse anche contro la volontà del legislatore. Per esempio, quando dice: il Comune è l’Ente locale che rappresenta la propria comunità (non dice: la Città), ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo. Allora, voi, dipendenti del Comune, siete responsabili del bene comune, curate gli interessi della comunità, ne promuovete anche lo sviluppo. Non siete dei funzionari; non siete dei burocrati. L’articolo 2 della legge N. 142 vi tira fuori dal pantano della mera funzionalità e vi fa richiesta di fantasia, di poesia (poesia nel senso greco: poieo cioé fare), siete dei facitori, delle persone che costruiscono, che intuiscono, che danno spazio all’estro mentre si fanno carico del Comune. Oggi, diagnosticando i mali che affliggono la nostra nazione, tutti puntano l’indice sulla burocrazia. Bisogna cominciare a dare un’immagine diversa di sé. Non dite: tutti fanno così! Tutti perdono tempo in ufficio! Tutti con un certificato fasullo giustificano le proprie assenze al lavoro! No! Sentitevi responsabili e promuovete il bene comune della città. Resistete a certe mode, a certi modi di pensare, a certe omologazioni al basso. Ci si sta omologando tutti ai profili più bassi. Resistete alle omologazioni al basso! Vedete come vanno le cose nel Golfo Persico? Come la logica della guerra sta andando avanti? È incredibile! È omologazione al basso. Scienziati, pensatori, filosofi, santi, poeti, artisti, economisti, politici, tanta gente ha detto che la guerra non può essere il mezzo risolutore dei conflitti. E intanto siamo non sull’orlo della guerra, ma un passo in là. E si tace! Parlano i poveri, la gente che sta sotto, a livello di calpestio. Ma non viene ascoltata. So che si spartirebbe senz’altro il vostro giudizio se vi dicessi che vorrei fare un appello perché, nel caso dovesse scoppiare la guerra, l’obiezione ad impugnare le armi fosse esplicitata dai nostri soldati. Vi può sembrare utopico, vi può sembrare sovversivo. Ma se vi dico queste cose è per farvi comprendere con un gesto che essere cristiani oggi non significa essere persone che praticano riti secondo le scansioni del calendario e lasciano che tutto il resto vada come va. No! Le esigenze del Vangelo sono esigenze fortissime. E allora non è forse arrivato il momento della resistenza? La resistenza non soltanto sul settore della guerra o della pace, ma anche contro certe forme perverse che ci tirano all’egoismo, all’accaparramento, a mettere le mani sulle cose come se avessimo degli artigli. Abbiamo gli artigli. l nostri occhi sono diventati rapaci, non più capaci di vedere, di contemplare. Comprendete allora cos’è la resistenza? È un’opposizione a certi moduli che scorrono sul nostro video costante: quello lì ... , quell’altro ... , quell’altra ... , questa morale dal basso profilo che si sta costruendo, questo deperimento delle evidenze etiche per cui tutto si sta livellando, tutto sta passando come legittimo, buono, morale e perfino benedetto dal Padre Eterno. Voi, uomini e donne cui del Signore Gesù è rimasta soltanto una incontenibile nostalgia nell’anima, provate a riannodare gli antichi rapporti con Lui, a riascoltare in profondità la sua Parola che scuote, che vi rende inquieti, infaticabili e inappagati ricercatori del bene, del bene comune. Nella vostra vita avete certamente accumulato un bel pacchetto di esperienze: tante soddisfazioni, tante gioie unitamente a tanti dolori, tante sofferenze. In questa contabilità a partita doppia ci sono paure e speranze, slanci e depressioni. Ma, ve ne siete accorti? C’è senz’altro un centro di gravità permanente verso cui precipita tutta l’esistenza, non in termini di ruzzolamento, ma di convergenza. E questo centro è Lui. Vi supplico, amici miei. Io sono vissuto abbastanza per capire che nel fondo di ogni uomo c’è questo gemito profondo, questo anelito, questo bisogno di felicità che nessun altro può darci. I più grandi piaceri della terra non potranno mai soddisfarvi; gli scatti dei vostri stipendi vi daranno soltanto sussulti effimeri lasciandovi sempre sullo stesso standard di felicità, senza traboccamenti, senza stupori. Non ci sono stupori nella nostra vita. Non ci accorgiamo più quando il primo acino d’uva rosseggia tra i pampini in autunno. Oggi l’uva matura in tutte le stagioni. Non c’è più attesa. La nostra vita scorre come la rena nella clessidra, senza brividi. E come se si fossero disseccate le sorgenti della meraviglia, come se le falde dello stupore si fossero d’improvviso rinsecchite. Non facciamo fughe all’indietro; il segreto dello stupore, dell’innamoramento delle cose sta qui: l’età più bella della vita è l’età che hai. C’è un deficit generale di passione, di entusiasmo. Non è vita! Senza uno scatto, senza più estro, senza impennate, senza capacità di ribaltare le cose con guizzo profetico. Sono convinto che il Signore se noi lo ascoltiamo, se noi ci fidiamo, se ci affidiamo ... è capace di darci la freschezza dei vent’anni anche a ottant’anni. E quanto più spericolati saranno i nostri fiduciosi abbandoni, tanto più teneri saranno i suoi accoglimenti».

Autore: Marcello la Forgia
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