Dissipare l’ombra di Caino. Appunti sulla nonviolenza
Riproponiamo le riflessioni di don Tonino Bello a 31 anni dalla morte
Le origini della violenza e le chiare indicazioni della nonviolenza dettate da Dio già nell’Antico Testamento. L’episodio è quello del primo omicidio, che poi è un fratricidio che raccoglie tutte le ragioni che ancora oggi muovono la violenza e le guerre. Tutte le guerre. Caino e Abele. Don Tonino Bello fece una esegesi del testo biblico nel convegno Un nome che cambia. La nonviolenza nella città civile, organizzato nel 1998 a Molfetta dalle edizioni la meridiana e La Casa per la pace. Il testo oggi è un libretto dal titolo Dissipare l’ombra di Caino, Appunti sulla nonviolenza, edito dalla meridiana. Don Tonino Bello indicando chiaramente che la violenza abita da sempre l’umanità perché è in noi e noi ne custodiamo la matrice afferma anche che non potremo dirci riscattati da lei mai. Per questo del Caino che ci abita e che di fronte alla diversità (anche oggi nei confronti degli altri) reclama diritti di primogenitura fino ad arrivare a uccidere l’altro per restare senza altri da sé, va dissipata l’ombra. Nel testo biblico don Tonino indica il più antico dettato costituzionale sulla nonviolenza. Ne proponiamo stralci in questo anniversario rimandandovi alla lettura completa del testo per sottrarci. Perché un don Tonino ridotto a frasi e citazioni è accomodante. Di certo però non è don Tonino che scosse le coscienze, le comunità, la Chiesa. Scosse di cui abbiamo bisogno. La nascita di Caino, la nascita di Abele. La nascita di “lancia” e la nascita del “soffio”. Vediamo ora tre differenziazioni. La prima è una differenziazione di cultura: uno è contadino l’altro è pastore. Caino succedette a suo padre che era contadino: Dio pose l’uomo nel giardino perché lo “coltivasse e lo custodisse”. Caino, succedendo nel mestiere a suo padre, è destinato anch’egli a coltivare il giardino e la terra. Abele, invece, inaugura una nuova cultura, quella del pastore che, storicamente, è più antica di quella del contadino. La seconda differenza è di culto. Il culto è strettamente condizionato dalla cultura. Ogni cultura fa sorgere il culto su misura, e di qui la pluralità di altari. L’autore sacro sembra già intravvedere dei segni molto inquietanti nel fatto che ciascuno presti la sua adorazione a Dio separatamente dall’altro. Caino offre i frutti della terra, Abele il frutto del suo gregge. Tutto normale in apparenza, eppure la diversità tra i due è così profonda che si manifesta nella peculiarità degli atti religiosi. La terza è la differenza di accettazione da parte di Dio. “Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta”. E qui non immaginate quante pagine siano state scritte dai Padri della Chiesa per difendere Dio, perché sembra quasi che sia il Padreterno a fare le discriminazioni e che quindi le violenze debbano risalire a Lui. La risposta più giusta, quella che è accreditata dagli autori, dagli esegeti, sul perché Dio preferisse Abele, sembra la seguente: Dio preferisce Abele perché è il minore (parte dagli ultimi, per fare una traduzione nel linguaggio contemporaneo). Se cercate nella Bibbia, in molti casi è così: così fu per Isacco nei confronti di Ismaele, come fu per Giacobbe nei confronti di Esaù. Questa preferenza del Signore per il più piccolo è percettibile continuamente... anche Giuseppe è il più piccolo tra i fratelli, preferito a tutti. Anche Davide è il più piccolo. In conclusione, la fraternità ha introdotto una triplice differenziazione: di cultura, di culto e di accoglienza divina. Bisogna accettarla. La differenza va accettata. Non si discute. Noi la discutiamo troppo. Va accettata, non va respinta... (……..) Ogni omicidio è un fratricidio. Nel linguaggio biblico l’insegnamento fondamentale è questo: ogni omicidio è fratricidio. Questo omicidio è accaduto perché non si è voluto accogliere il posto e la funzione del fratello. Quando non accolgo l’altro, compio sempre un omicidio. (……….) Ma ecco l’ultima scena, Dio protettore. Il Signore gli disse: “Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!”. Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l’avesse incontrato. Il racconto qui ci stupisce davvero perché non si chiude con la scena del fratricidio giudicato. L’ultima parola non è di Caino, ma di Dio che ora pone la vita fallita di Caino sotto la sua rigida difesa. Anche questa vita fallita è proprietà di Dio e non viene da lui abbandonata. Siamo giunti alla conclusione che nessuno può uccidere. Non si rimedia a una morte aggiungendo altre morti. Dio riserva a sé il diritto alla vita. Le nostre logiche subiscono dei forti scossoni. Possiamo trovare senz’altro delle giustificazioni, addomesticare, addolcire, interpretare, contemperare perfino le logiche di morte che sono oggi sul mercato con il testo biblico, ma a me interessa mettere in crisi la vostra coscienza. E questo testo mi sembra il più antico dettato costituzionale sulla nonviolenza. A cura di Elvira Zaccagnino