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Comitato 2 sì per l'Acqua Bene Comune: il referendum? Mai applicato
15 novembre 2011

Le amministrazioni locali hanno davvero fatto partire i processi di ripubblicizzazione dei servizi pubblici? Sono davvero diminuite le tariffe del 7% grazie alla soppressione del «full recovery cost»? Siamo davvero certi di poter parlare di ripubblicizzazione dell’Acquedotto Pugliese ad opera della regione Puglia? I due quesiti referendari sono stati applicati? Alcune domande cui Federico Cuscito (nella foto, il secondo da destra) ha risposto nell’assemblea informativa organizzata dal Comitato «2 sì per l’Acqua Bene Comune» in Sala Turtur, a quasi 5 mesi dal referendum del 12-13 giugno. «Il 14 luglio, ad un mese dal referendum, la Corte di Cassazione ha proclamato valida la votazione - ha spiegato Vito Messina, rappresentante del Comitato- un mese dopo, manifestando un assoluto menefreghismo, è stato emanato un decreto legge con cui si nega l’esito della democrazia referendaria ». Altro elemento di delusione è stato l’annullamento della «Staffetta dell’acqua», iniziativa di Federutility prevista per il 20 ottobre a Bari. A poche ore dall’evento, ne è stata annunciata la cancellazione: una vera e propria fuga per evitare il confronto con la verità, perché, sebbene i rappresentanti delle imprese defi niscano l’acqua “pubblica”, nei fatti la considerano una merce e un prodotto di scambio da cui ottenere profi tti. Inoltre, è stato proposto in Regione un emendamento che nega alle famiglie disagiate un fondo per sanare le diffi coltà, quindi anche l’accesso all’acqua pubblica. Essendo ciò politicamente inaccettabile, la Regione ha deciso di tagliare i ponti con il Comitato per non essere oggetto di altre proteste. «A questo punto oggi non si sa ancora di che tipo di ente parliamo quando ci riferiamo all’Acquedotto Pugliese », la precisazione di Cuscito. Nonostante ciò, il Comitato non ha mai cessato di chiedere alla Regione la trasformazione dell’AQP da spa a soggetto di diritto pubblico, la sua uscita da Federutility e l’attuazione immediata del referendum attraverso la riduzione delle bollette con l’eliminazione del profi tto pari al 7%, come sancito dal secondo quesito del referendum. Anche in questo caso non manca l’opposizione di coloro che sostengono l’uso di quel 7% per riparare gli impianti (non per i privati): ma se è utilizzata per tale scopo, allora, perché non inserirla nella voce “costi” di ogni bolletta?. Naturalmente a questa opzione non ci sono risposte. Conclusioni chiare: non si riesce ad attuare il referendum perché la Regione Puglia aggira in continuazione l’ostacolo e anche le istituzioni comunali, che dovrebbero sostenere la ripubblicizzazione dell’acqua, con le società che gestiscono gli enti idrici, si oppongono al referendum. Il caso della ripubblicizzazione dell’acquedotto in Puglia, però, non è il primo caso in Italia. In molte città si stanno svolgendo queste battaglie democratiche e per fortuna non tutti sono apatici nei confronti di un problema generale. Per esempio, a Napoli il problema è stato superato e il 3 dicembre a Bari l’assessore ai Beni Comuni di Napoli, Alberto Lucarelli, ne spiegherà la risoluzione. Il 12 novembre, invece, sempre a Bari si terrà una giornata formativa interna al movimento.

Autore: Elisabetta Ancona
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