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Cgil, Cisl, Uil all’attacco del sindaco e di Emiliano: l’ospedale di Molfetta, ultimo atto di una morte annunciata, fasulle le rassicurazioni delle istituzioni
Farinola, Di Gioia, Losito
28 luglio 2019

Cgil, Cisl, Uil all’attacco del sindaco e di Emiliano: l’ospedale di Molfetta, ultimo atto di una morte annunciata, fasulle le rassicurazioni delle istituzioni

MOLFETTA – Sindacati confederali all’attacco del sindaco Tommaso Minervini e del presidente della Regione Puglia Michele Emiliano per il declassamento di Molfetta a ospedale di base. Cgil, Cisl e Uil denunciano in una conferenza stampa la situzione del nostro nosocomio.

Lillino Di Gioia, segretario Cisl a Molfetta, afferma che, di fronte alla questione dell’ospedale la nostra comunità è in difficoltà e non tollera l’acquiescenza del sindaco e delle istituzioni regionali.

“Chiediamo solo ciò che al nostro territorio spetta e che è stato garantito a tutti gli altri territori pugliesi, provincie comprese” afferma il segretario riferendosi alla scelta di Corato come ospedale di primo livello al posto di Molfetta o Terlizzi, che hanno una posizione geografica migliore e migliori collegamenti stradali.

L’assenteismo è stato trattato come un alibi per mettere in ombra il piano sanitario occorre fare, invece, una netta distinzione tra queste due vicende, entrambe rilevanti per la nostra città.

La vicenda scandalistica va affrontata nelle sedi dovute e in ogni caso bisogna sempre tener presente che vi sono oltre 300 lavoratori “sani” nel nostro ospedale, non coinvolti.

E’ bene essere garantisti e consentire a chi è indagato di difendersi nelle forme dovute, evitando condanne a priori.

Per quanto riguarda il piano di riordino è in via di “definizione” la sua sesta versione.

In essa si parla di reti di ospedali pubbliche e private, si decide quale debba essere il ruolo di ogni ospedale.

Nella nostra regione vi saranno: 5 ospedali provinciali, 17 ospedali di primo livello, 10 ospedali di base e 25 case di cura private.

Molfetta occuperà l’ultimo gradino e il suo ospedale sarà declassato ad ospedale di base. E’ solo, in realtà, l’ultimo, di una serie di atti che, senza ombra di dubbio, hanno penalizzato la nostra comunità, afferma Lillino Di Gioia.

Fino agli anni 2000 nell’ospedale di Molfetta c’erano 235 posti mentre oggi sono solo 70. Sono stati mantenuti stabilmente aperti i reparti di chirurgia, medicina e ortopedia. Tuttavia, i posti letto per acuti, passano da 2/3 su mille, ad un obiettivo inferiore ovvero 1 su 1.000.

La formazione di comitati civici in difesa del nostro ospedale, nonostante la buona volontà di chi li ha costituiti, non ha sortito effetti.

La carta di Ruvo è stata appesa al muro ed il suo promotore ignorato. Tante promesse e molta acquiescenza da parte delle istituzioni regionali.

Un’altra questione riguarda il fatto che il nostro ospedale è privo di una autonomia amministrativa e sanitaria ma dipende dall’ospedale San Paolo di Bari.

“L’ospedale di Molfetta non ha un suo codice, i suoi dati di attività e i suoi standard di qualità concorrono con quelli del San Paolo” afferma una signora, che interviene dal pubblico.

“Apprestiamoci a capire che cosa è esattamente accaduto nella programmazione regionale” interviene nuovamente il segretario della Cisl.

Vent’anni fa la sanità non era quella attuale. Oggi gli ospedali sono soggetti ad accorpamenti e chiusure. Chiusi gli ospedali di Ruvo, Bitonto, Trani, Canosa e Spinazzola. Oggi tutto è accorpato e funzionale.

Le cinque grandi province sono state adeguatamente coperte da un punto di vista sanitario: su Bari la risposta è stata esaustiva, a Foggia ci sono gli ospedali Riuniti e la copertura è potenziata anche dall’ospedale ecclesiastico di San Giovanni Rotondo, a Taranto c’è l’ospedale dell’Annunziata, che è stato completato così come quello della Murgia che copre i territori di Altamura, Gravina e Santeramo.

Per il bacino del sud barese c’è l’ospedale di Fasano e Monopoli, rinforzato dalla presenza dell’ospedale Miulli ad Acquaviva, che è un ente ecclesiastico.

E il nord-barese?

Il piano di riordino prevede ad Andria, quindi non nella nostra provincia, un grande ospedale, un policlinico. L’ospedale di Corato diventerà di primo livello.

E Molfetta?

Il suo mancato inserimento non è affatto dignitoso e non è una questione di campanilismo. La nostra città presenta dei prerequisiti che la rendono la destinazione naturale per un ospedale di primo livello, a differenza di Corato.

Caratteristiche che non possono essere ignorate a partire dalla sua collocazione geografica: vicina a aeroporti, porti, ferrovie ed autostrade e quindi facilmente raggiungibile dal punto di vista della viabilità.

La città ha, inoltre, una estesa zona industriale e ospita tutte le tipologie di scuole superiori. Anche la struttura stessa dell’ospedale non è seconda a quella di altri Comuni.

Ciò che è certo è che gli abitanti della fascia costiera sono stati penalizzati da una logica punitiva nel piano di riordino ospedaliero.

La scelta di Corato non ha senso infatti, avendo la città un bacino di utenza troppo a nord rispetto alla fascia costiera.

Provate a raggiungere Corato in inverno, quando nevica o quando diluvia, provate a raggiungerla da Giovinazzo, ad esempio.

Provate a raggiungere più volte al giorno Bari per assistere un vostro parente ospedalizzato.

La battaglia per chiedere una modifica del piano di riordino sarà dura ma merita di essere combattuta, senza lotte partitiche o campanilistiche ma con l’obiettivo di garantire ai cittadini il diritto alla salute.

Enzo Farinola, segretario molfettese della Cgil, interviene confermando che Molfetta rimane fortemente penalizzata ed è per questo che si richiede con urgenza un consiglio comunale che riunisca anche i consiglieri delle città limitrofe.

Un consiglio comunale che tiri fuori una soluzione forte e che sia aperto a forze sindacali, economiche e sanitarie.

Ad oggi non c’è confronto con i consigli comunali viciniori.

Noi come sindacati, ribadisce Lillino Di Gioia, non chiediamo concessioni ma semplicemente quello che ci spetta. Il segretario adombra l’ipotesi che, a livello politico, ogni ospedale abbia i suoi santi protettori da Corato, ad Andria, a Bisceglie.

Ricordiamo la recente vicenda del punto nascita a Bisceglie che è stato chiuso e poi riaperto: tutto, dice il segretario, è commisurato a come ci si confronta con chi decide.

Mettere in sordina la situazione, così come fa il sindaco, non è il modo migliore per affrontare uno stato di cose negativo. Noi chiediamo una soluzione così come sono state trovate soluzioni per altri territori.

Che cosa succederà se i 200 milioni di euro previsti per l’ospedale di Corato non verranno stanziati?

E se quelle di Emiliano e del sindaco fossero solo fasulle rassicurazioni?

È bene chiarire, sostiene il segretario, che il tutto esula da questioni politiche e partitiche. Non esistono divisioni rispetto alla garanzia di un diritto come quello alla salute.

Entro il 31 dicembre del 2020 la vicenda deve trovare una sua conclusione, così è scritto nel piano di riordino.

“Dico, con rammarico, che Molfetta non reagisce a questa situazione di stallo, è chiusa su se stessa e passiva, non solo per quanto riguarda la sanità”, conclude il segretario della Cisl.

Franco Losito, segretario cittadino della Uil, offre conferma rispetto a quanto detto negli interventi precedenti.

Una signora interviene nuovamente dalla sala dicendo che quello di cui il sindaco parla come potenziamento (pronto soccorso, senologia, nuove sale operatorie e quattro posti letto di terapia intensiva post operatoria) rientra in una progettazione da sei milioni di euro, già cantierata nel lontano 2012 e non realizzata.

Per quale ragione?

Il piano di riordino è certo che declassa e depotenzia gli attuali reparti.

L’ospedale di Molfetta ha perso le sue strutture complesse e ha perso i primari che le dirigevano. Sono i primari a “fare” l’ospedale e a produrre risultati.

Non può il presidente della Regione sferrare attacchi all’ospedale molfettese utilizzando la vicenda scandalistica dell’assenteismo chiosa l’ex sindaco, attuale consigliere comunale di Sinistra Italiana, Paola Natalicchio, avvicinandosi ai sindacalisti e rivolgendo il suo intervento al pubblico.

Non è scusabile la reazione emotiva del presidente Michele Emiliano, anche perché su 30 dipendenti indagati, con posizioni molto differenziate tra loro, ve ne sono oltre 300 che si comportano in modo rigoroso da un punto di vista lavorativo afferma l’ex sindaco di Molfetta.

Tra gli indagati vi è solo un medico e nessun infermiere, il resto appartiene al personale tecnico e amministrativo.

Emiliano non deve dire: “Devono andare tutti in galera”. Non può dirlo perché, come evidenziato dai numeri, non c’è uno scandalo di dimensioni preoccupanti, non c’è un’infezione morale.

Il sindaco deve restituire la propria voce e tornare in prima linea a presidiare la sanità pubblica afferma Paola Natalicchio.

Nessuno deve permettersi di strumentalizzare un’indagine per attaccare i nostri lavoratori e parlar male di Molfetta.

Per creare un clima di sfiducia nei confronti del nostro presidio ospedaliero.

Gli altri lavoratori, non coinvolti, devono essere rispettati.

Raffreddiamo gli umori e l’emotività e poniamoci tutti uniti e in prima linea senza rotture e in difesa della nostra città. L’assenteismo va distinto da altro.

Gianni Porta, consigliere di opposizione di Rifondazione, parla di un ordine del giorno del consiglio regionale proposto dall’esterno, anche dai rappresentanti sindacali.

Il governo regionale deve, inoltre, partecipare al consiglio comunale nella persona, ad esempio, del presidente della terza commissione regionale, Pino Romano, che è direttamente coinvolto nella questione del piano di riordino.

Il consiglio comunale deve esprimersi in forma aperta e noi, sostiene il consigliere Porta, ci impegneremo affinché ciò accada e siano coinvolti tutti i soggetti istituzionalmente interessati.

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