Cartoline da Molfetta : Lapidi e megalomania
L’enorme trionfalistica targa dedicata per metà al Sindaco e per metà al Vescovo, che è stata installata dietro la gelateria in piazzetta Giovene, dopo il restauro effettuato, lascia quantomeno perplessi per le dimensioni, la posizione e i contenuti. Bisogna riconoscere che si è trattato di un bel lavoro di recupero di uno spazio da sempre abbandonato al degrado e al parcheggio selvaggio, unitamente al recupero delle antiche cisterne sottostanti di raccolta delle acque piovane, che però restano inaccessibili al pubblico e quindi non visitabili. Tutto ciò comunque non giustifica l’apposizione di una targa così esagerata, che poteva essere limitata ad una più modesta lapide a muro. C’è ora da augurarsi che il sistema di pilomat continui a funzionare a lungo (i vandali e gli interessati a parcheggiare sotto casa sono sempre in agguato) e che questa piazza non faccia la fine indegna di piazza Municipio, diventata un assurdo disordinato parcheggio selvaggio, con auto infilate persino sotto la loggetta della sede del Consiglio comunale. Tornando alle targhe commemorative, proporrei di installarle obbligatoriamente, magari non così grandi, con nomi e cognomi di proprietari, autorizzatori e progettisti, anche sulle opere pubbliche non propriamente belle, anzi terribilmente brutte e dannose per la nostra città. Poiché tutti i cittadini devono sapere chi sono stati gli autori di opere tipo la nuova foresteria della Capitaneria di porto, sulla banchina S. Domenico, che tra l’altro chiude definitivamente la possibilità di un lungomare fino alla Basilica della Madonna dei Martiri, o chi, in un passato non tanto remoto, ha permesso di abbattere la Chiesa di S. Teresa, in piazza Vittorio Emanuele per costruire l’obbrobrio attuale, con la brutta Chiesa in cemento nascosta dietro un palazzo a dieci piani, o chi ha abbattuto il palazzo Cappelluti in piazza Garibaldi, per farne un enorme palazzone privato, senza neppure un minimo richiamo o rispetto dello stile originale (fra le sue colonne c’era lo studio dello scultore Giulio Cozzoli), o chi ha abbattuto il complesso Pansini e Gallo in piazza Roma per farne ancora palazzi privati. Sapere chi ha permesso queste ed altre cose, brutte o belle, credo sia un diritto dei cittadini di oggi e di domani.