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Cartelle pazze addio. Boccata d'ossigeno per i contribuenti
15 marzo 2013

Le buone notizie come sempre non fanno notizia. E così ciò
che potrebbe in parte rappresentare una boccata di ossigeno
per quegli italiani che si sentono vessati da Equitalia, passa
in sordina o magari si conquista miseri trafiletti nei giornali
a tiratura nazionale.
Dall’1 gennaio 2013 per i contribuenti italiani non sarà più un’ardua
impresa comunicare all’ente esattore che la cosiddetta “cartella
pazza”, ovvero la cartella di pagamento emessa dal concessionario
della riscossione a fronte di un importo erroneamente iscritto a ruolo
dall’ente impositore, è illegittima, ma basterà una comunicazione
per chiedere la sospensione della riscossione.
Alcuni potrebbero pensare che non è una grande novità o addirittura
che è un’ovvietà. In realtà, prima dell’approvazione della legge
di Stabilità 2013 (Legge n. 228/12, Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato), per il contribuente colpito
da avviso di accertamento esecutivo e/o cartella di pagamento era
tutt’altro che facile porre un rimedio tempestivo ed efficace.
Nel ordinamento italiano non erano normativamente previsti
strumenti per un’agile risoluzione della questione. Tutte le volte in
cui il contribuente veniva a trovarsi in questa sgradevole situazione,
la soluzione percorribile era quella di presentare un’istanza di autotutela
all’ente impositore, chiedendo l’annullamento dell’iscrizione
a ruolo e contestualmente la sospensione amministrativa della riscossione
nelle more del procedimento. In alternativa, si poteva proporre
ricorso, il che significava innescare la procedura giudiziaria che
può essere talvolta dispendiosa in termini economici e comunque di
non breve risoluzione.
In ogni caso, tali procedure non mettevano però il contribuente
immediatamente ed automaticamente “al riparo” dall’attività di riscossione
del concessionario, bensì questa poteva proseguire seguendo
i naturali sentieri dell’esecuzione coattiva.
In sostanza, poteva capitare che, nonostante Equitalia vantasse
una pretesa infondata o illegittima, il processo finalizzato a riscuotere
il presunto credito procedeva la sua inarrestabile corsa alla realizzazione
del dovuto ed il cittadino dinanzi a tutto ciò non poteva che
soccombere inerme.
Con l’approvazione della nuova legge, invece, il contribuente può,
entro 90 giorni dalla notifica del primo atto di riscossione utile o di
un atto della procedura cautelare ed esecutiva, presentare una contestazione
per ottenere la sospensione della cartella, ovvero di ogni
attività esecutiva e cautelare (fermi, ipoteche) all’agente della riscossione
(Equitalia su tutti), per via telematica, fax o raccomandata
(stante la possibilità di fare ricorso in quanto i tempi per proporlo
non restano differiti).
Ovviamente, è necessario provare, su base documentale, che il credito
sia stato interessato da: prescrizione o decadenza del credito,
prima della formazione del ruolo; provvedimento di sgravio emesso
dall’ente creditore; sospensione amministrativa (dell’ente creditore)
o giudiziale; sentenza che abbia annullato in tutto o in parte la
pretesa dell’ente creditore, emesse in un giudizio al quale il concessionario
per la riscossione non ha preso parte; un pagamento effettuato,
prima della formazione del ruolo; qualsiasi altra causa di non
esigibilità del credito. Sono anche previsti ulteriori 10 giorni per
l’invio della documentazione necessaria a fondamento dell’istanza.
Entro 60 giorni poi, l’ente creditore investito della questione, verificata
la regolarità della documentazione fornita dal contribuente,
dovrà comunicare l’esito, positivo o negativo, delle verifiche sia al
cittadino sia a Equitalia, a cui dovrà anche essere inviato l’eventuale
provvedimento di sospensione, sgravio o annullamento del debito.
In caso di documentazione inidonea, l’ente informerà Equitalia per
la ripresa dell’attività di riscossione.
In ogni caso, trascorsi inutilmente 220 giorni dalla comunicazione
ad Equitalia, ovvero nel caso di silenzio dell’ente, le somme contestate
sono annullate di diritto cioè è prevista l’automatica discarica
dei ruoli.
Non è mancata la previsione di sanzioni nel caso in cui il contribuente
dovesse produrre documenti falsi o contraffatti. Pertanto,
restando la responsabilità penale, è prevista l’irrogazione della
sanzione amministrativa dal 100% al 200% dell’ammontare delle
somme dovute, con un minino di 258 euro, che rientra nella competenza
dell’ente creditore e non dell’Agente della riscossione.
Insomma, una novità che può rappresentare una boccata di ossigeno
per i cittadini italiani strozzati dalla crisi di liquidità e un primo
passo verso un rapporto, tra amministrazione e contribuente, improntato
su un dialogo produttivo e tempestivo per una efficace risoluzione
delle controversie primancora che possano sfociare in un
contenzioso vero e proprio.

Autore: Rebecca Amato
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