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Capitolo secondo, teatro di beneficenza Anffas e Unitalsi
15 settembre 2008

Un'irresistibile pièce di Neil Simon, “Capitolo secondo”, ha divertito e deliziato gli spettatori presso il Teatro di Ponente, grazie all'organizzazione dell'A.N.F.F.A.S. Onlus e dell'U.N.I.T.A.L.S.I., sez. di Molfetta. La manifestazione ha avuto luogo per scopi benefici; in particolar modo, nobilissimo obiettivo – che la cittadinanza ha il dovere di incentivare – è la costruzione di una “Casa dopo di noi” in cui giovani diversamente abili possano trovare affettuosa accoglienza dopo la perdita dei propri genitori. “Capitolo secondo” schizza – con quell'umorismo a tratti chassidico che Kezich rilevava nella drammaturgia di Simon – uno sgangherato, e forse per questo estremamente profondo, incontro d'anime. George, proiezione del commediografo stesso dopo la morte dell'amata moglie Joan e le seconde nozze con Marsha Mason – non a caso interprete femminile del cinematografico “Chapter two”–, è uno scrittore vedovo affetto dalle turbe di chi è inconsciamente conscio di non aver mai elaborato il proprio lutto. Leo, suo fratello, verboso e immaturo, è un ragazzone dai gusti vistosamente kitsch e dalla gioiosa vitalità, più o meno a suo agio nello scoprirsi imprigionato in un matrimonio che parrebbe reggersi fondamentalmente sulla necessità di ottemperare ai numerosi inviti a cena. Faye è un po' il suo alter ego femminile; il suo chiodo fisso consiste in un – fallimentare – architettare avventure adulterine per ovviare alla noia di un ménage coniugale felicemente insulso. Jennie è l'anima gemella di George; reduce da un disastroso matrimonio con un attraente atleta (e quant'altro) sbarcalunario, si lascia affascinare dall'intellettuale, suo interlocutore in un'improbabile conversazione telefonica, per poi innamorarsene follemente e convolare a (giuste?) nozze con lui. L'unione tra il vedovo inconsolabile, apparentemente consolato, e la nevrotica Jennie, tra malesseri fisici, lune di miele al vetriolo, viaggi che si limitano ad inameni giri dell'isolato, dopo aver rasentato lo schianto, finirà col decollare. L'happy end è suggellato dalla scelta di “La mer” di Charles Trenet, che disegna un'atmosfera ro-manticamente melanconica, nell'immagine del mare, pascolo d'azzurro dai riflessi d'argento. La scenografia materializza con gusto due interni complementari: l'appartamento di Jennie e il nido della perfetta unione di George e della prima moglie e dell'esplosivo avvio di quella tra l'uomo e la giovane attrice. Accattivante il gioco d'ombre che spesso ci proietta tra le pieghe di una vita notturna costellata d'incontri fugaci, farmaco inefficace contro un'inquieta solitudine. La colonna sonora, raffinata e rétro, contribuisce, con omogeneità di scelte, all'azione scenica. Un plauso agli attori, anche registi, della commedia. L'eccellente Marianna de Pinto conferisce alla nevrosi di Jennie verità e varietà di sfumature: dall'euforico all'euforicamente depresso, dall'aggressivo- acido al romantico, sino persino all'eroico-devoto del finale. Confermando un talento viscerale e sempre più maturo, rende viva una creatura che cela nel profluvio di parole un'insicurezza disarmante. Perfettamente a suo agio Franco Valeriano Solfiti (George), capace, con una vena snob assolutamente consentanea al personaggio, d'incarnare con maestria un uomo contorto, che si dibatte tra una sorta di mistico ascetismo della nostalgia e una depressa, disperata, ricerca d'allegria e di vitalità. Squisito anche Stefano Vona Bianchini, che pennella un Leo di estrema simpatia, nel suo essere canaglia, viveur della domenica, cupido improvvisato, fratello perennemente ansioso e ansiogeno. Eugenia Scotti è una Faye impeccabile; l'apparenza di oca giuliva non è disgiunta da un ben evidenziato desiderio di romanticismo (magari anche di sesso). Le movenze da femme fatale stridono con un tono di voce volutamente infantile, che tradisce l'ingenuo candore della bambina perennemente protesa alla concretizzazione di chissà quale favola d'amore.
Autore: Gianni Antonio Palumbo
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