MOLFETTA - Una spalmata di alghe a Cala San Giacomo. Prima i cumoli e alcune zone bruciate, ora un’intera distesa sulla battigia (spianata presumibilmente realizzata da alcuni mezzi, come dimostrano le tracce cingolate). Già
Quindici lo scorso 29 giugno aveva segnalato questa
inquietante presenza sulla cala, usata come deposito delle alghe raccolte alla Terza Cala, secondo una procedura normata dalla circolare del Ministero dell’Ambiente del 2006 (protocollata al n. DPN/VD/2006/0812).
Infatti, il Ministero, riconoscendo il ruolo ecologico e di difesa del litorale svolto dalle biomasse spiaggiate e gli inconvenienti connessi alla presenza di accumuli di alghe lungo le spiagge (i cosiddetti “banquettes”), ha indicato tre possibili modalità di gestione delle biomasse spiaggiate. In primis, il mantenimento in loco delle banquettes(sul modello delle “spiagge ecologiche” adottato in Francia in alcune aree protette marine) che sembra essere la soluzione migliore dal punto di vista ecologico, ma da applicare solo in assenza di problemi alla balneazione e fruizione delle spiagge.
Altra possibile soluzione, lo spostamento degli accumuli (solo in caso di determinate condizioni quantitative e qualitative). Secondo il Ministero, la biomassa può essere anche stoccata a terra all’asciutto, trasportata in zone appartate della stessa spiaggia dove si è accumulata, spostata su spiagge poco accessibili o non frequentate da bagnanti (come Cala san Giacomo) o su spiagge particolarmente esposte all’erosione. Lo stesso spostamento può essere stagionale, con rimozione delle alghe in estate e riposizionamento in inverno sull’arenile di provenienza.
In questo caso, sarà la Regione ad autorizzare la procedura con il rilascio del certificato di VAS/VIA (come stabilito anche dalla sentenza n.12944/06 della Cassazione). Il Comune interessato, a sua volta, dovrebbe emettere un’ordinanza, dopo il parere dell’Assessorato del Territorio e dell'Ambiente, poi trasmessa alla Capitaneria di Porto, al distretto Asl di competenza, alla Provincia.
Infine, la rimozione permanente e il trasferimento in discarica (per oggettive condizioni di incompatibilità fra gli accumuli di biomassa e la frequentazione delle spiagge). Inoltre, alcuni Paesi, compresa l’Italia, nel rispetto della normativa vigente, riutilizzano le alghe come biomasse, ad esempio, per il recupero ambientale costiero, per la ricostruzione paesaggistica o come compost in agricoltura.
Il Comune di Molfetta e l’ASM, come accaduto negli anni precedenti, hanno preferito spostare a Cala san Giacomo i cumuli di alghe, considerate dalla normativa vigente rifiuti urbani o speciali, anche se il D.Lgs. n.152/06 le qualifica come «rifiuti urbani» all’art.184 (tra l’altro, le alghe non sono individuate da uno specifico codice nel catalogo europeo dei rifiuti pericolosi e non). Per questo motivo, il loro conferimento in impianti di recupero o di smaltimento è quasi sempre difficile.
Anzi, sarebbe stato forse opportuno impiegare quelle alghe per il ripascimento dei tratti costieri erosi dal mare, nel rispetto della normativa vigente. Ad esempio, uno dei casi più emergenziali è proprio il litorale di Ponente, poco frequentato dai bagnanti e pure degradato dal rilascio abusivo di rifiuti e dall’azione inquinante dei reflui non trattati scaricati a mare nei pressi di Torre Calderina. Questa particolare destinazione avrebbe dovuto ottenere, però, un parere di competenza trattandosi di un tratto di costa inserito nell’Oasi di protezione WWF Torre Calderina. Necessario lo stesso parere per Cala san Giacomo, che dovrebbe essere ancora inserita nell’area protetta.
Tra l’altro, la cala è prossima a un’area sensibile, il sito SIC Mare della Posidonia Oceanica: e in questo caso sarebbe stato opportuno anche richiedere la certificazione VAS/VIA per l’esecuzione dei lavori. Di contro, si sarebbe anche ravvisato un reato contestabile dalla Procura di Trani.
Il deposito a Cala San Giacomo dovrebbe essere stagionale e temporaneo: non si spiega la moquette di alghe. Il rischio è che non sia possibile poi recuperarle con facilità e senza l’impiego di numerosi uomini e mezzi (con aggravio per le casse comunali e aziendali) oppure che siano abbandonate, nell’attesa che secchino (per poi eventualmente bruciarle) o siano riprese dal mare e depositate su altri tratti del litorale.
Allo stesso tempo, la banquette sulla cala non dovrebbe essere abbandonata al suo destino, bensì ripulita da rifiuti d’origine antropica, soprattutto nel caso di spostamento temporaneo, senza arrecare alcun danno ambientale ai siti di movimentazione e destinazione (eppure, si ritrovano ancora plastica, vetro, alluminio, ecc.)
Quei cumuli di alghe sono state forse spalmate per delineare un deposito temporaneo a norma di legge, prima del trasferimento in discarica (Modugno o Trani)? Ma le modalità di conservazione e rilascio potrebbero far pensare a un vero e proprio deposito permanente su un’area peraltro protetta.
Già lo scorso 28 giugno, durante le operazioni di scarico, pare che alcuni cittadini presenti sul luogo avrebbero protestato con veemenza nei confronti degli operatori perché rilasciare quei cumuli a Cala san Giacomo, marchiata da una gravissima emergenza ambientale, potrebbe aumentare i detrattori ambientali (elementi antropici di disturbo). Tra l’altro, sarebbe opportuno monitorare in modo costante anche i fenomeni putrefattivi (esalazioni maleodoranti) e l’eventuale rimescolamento dei detriti vegetali con i rifiuti.
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