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Artisti in mostra: 36 modi di esprimere la realtà CULTURA
15 marzo 2006

Successo a Molfetta della seconda Rassegna “Artisti in Mostra”, allestita presso la “Sala dei Templari”. Le creazioni in esposizione, 36 differenti esperienze artistiche in fertile dialogo, testimoniano ancora una volta il momento felice che la nostra città attraversa nei domini della pittura, della fotografia e della scultura. Massimiliano Palazzo, autore di un olio su tavola, coniuga, in raffinata prevalenza di bianco e grigio, bellezza formale e capacità evocative, con la sua figura femminile dai lineamenti in semioscurità e l'ombra/doppio riflessa “sulla strada”. Ancora una volta la presenza umana si riduce a ombra nelle belle “lomografie” di Francesco Mezzina (apprezzato collaboratore di “Quindici”), frutto di un'immaginazione che parcellizza e restituisce la realtà in frammenti che si reduplicano quasi “warholianamente”. Alle lomografie fanno da contraltare le “polavisioni” (anch'esse denominate dalla macchina fotografica adoperata) di Nicola Gaudio, lo sguardo all'ecumene di Gaetano Armenio, l'innocenza nell'arsura estiva di Antonio Annese, la finezza espressiva di Nicoletta Morolla (col suo amore per i libri) e i fiori di Lino Sasso. Le creazioni pittoriche di Gaetana Berardi e di Isabella Palmisano sembrano improntate ad un umanesimo inquieto e affranto (è il caso della tecnica mista su tela della prima) o dominato da un'incessante istanza di ricerca di sé e della verità (il dittico della Palmisano). In quest'inchiesta l'uomo, nudo, dapprima da viator affronta le angosce di un labirintico viaggio, per poi rannicchiarsi al momento del raggiungimento della pienezza dell'essere. Dotto il riferimento al “nodo di Salomone”, elemento decorativo di mosaici d'età tardo-antica. S'impongono ancora il vitalismo anatomico di Anna Teresa Solimini e le creazioni fiabesche di Teresa D'Elia (con le sue carte da gioco) e di Gianni D'Elia, che confeziona un pregevole notturno con ratto di bella capelli al vento. Un'attenzione a parte meritano le “riscritture” mitologico/letterarie. Vittoria Facchini ironizza sul giudizio di Paride e sul mito delle tre Grazie: a contendersi le “meline” rosa dell'installazione non sono creature divine di singolare bellezza, ma donnette secche degne di fantasie palazzeschiane. Nico Ciccolella col suo cavallo macilento e sogghignante rievoca l'inganno di Ulisse, mentre il “Barone rampante” di Francesco Cantatore si richiama forse a una nota “evasione per aria” di Italo Calvino... Ogni esperienza è foriera di una sua freschezza: Giulio Giancaspro realizza uno spiritoso polittico con “cani, maiali e altre bestie”, occhieggiando con ironia al mondo pubblicitario; Manuela Centrone espone i suoi suggestivi (e informali) “Non ti scordar di me”. Michele Amato delinea un mondo a tinte fosche (quello post-Torri Gemelle), con visi truci proiettati in un cielo di piombo; Carmela Candido, cui va il grande merito di aver curato l'allestimento della mostra, ci regala un prezioso acrilico sull'agape universale, incarnata negli ineffabili lineamenti del viso di Cristo, che solo l'armonia di colori apparentemente discordi può efficacemente rappresentare. Sempre estroso Pin con i suoi predatori, creature nate da una fantasia che non si lascia imbrigliare in schemi pre-costituiti. Ci piace la finezza della “Campagna” di Lello Ferrero, con le sedie rotte in primo piano a suggerire un'idea di abbandono e alberi innaturali sullo sfondo. Colpiscono la città vecchia di Domenico Angione, la natura morta di Raffaele Cappelluti o i fiori di Chiara Ferrareis, collocati su una superficie che perde gradatamente i contorni della materialità... Gli uliveti di Domenico La Sorsa, la zingara/simil-angelo di Gabriella Milanese, trionfo di una sensualità che si esalta nel sinuoso scivolare della gonna e conserva un moto di pudore nelle braccia a coprire i seni... Le congetture su Richard Meier della sempre efficace ed elegante Marisa Carabellese, con architetture a cielo aperto, fantasie di gabbiani in volo e l'elemento vela a dischiudere memorie di memorabili viaggi. E ancora, ciascuna col proprio peculiare stile, l'amigdala di Anastasia Squeo, trittico che subisce la fascinazione dell'arte egizia, i fossili di Ennio Bufi, le emozioni e i colori di Maria De Gennaro, il “Nucleo vitale” di Pina Pisani, “Senza titolo” di Giulio De Ruvo, “Il viaggio” di Gianni Veneziano, le sculture di Gianni Spadavecchia e Tobia De Candia. Nume tutelare dell'esposizione Corrado Giaquinto, con a inizio sala un dipinto d'incerta attribuzione raffigurante l'Immacolata. Questa mostra rappresenta una cartina al tornasole del panorama artistico molfettese e ne svela alcune tendenze, senza pretendere di apparire esaustiva (non pochi nella nostra città sono gli artisti di considerevole valore che pure non figurano nell'esposizione). Tra classicismo, attenzione all'informale, abile riuso di quanto sedimentato dalle tradizioni, specialmente pittoriche, italiana ed europea, sembra prevalere un'istanza di ricerca che si volge ora al mito ora alla trasfigurazione del reale. E, rifuggendo la banalità del già visto, stupisce diverte disorienta...
Autore: Gianni Antonio Palumbo
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