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Antiracket, Maurizio Altomare: a Molfetta non c'è allarme criminalità, ma la vergogna di box regalati ai fruttivendoli a spese dei cittadini
15 ottobre 2012

Gli eventi di microcriminalità (scippi, furti, incendi di auto e aggressioni, come quella a due vigili urbani) stanno intaccando la vivibilità del Comune di Molfetta. Quindici lancia ormai da anni l’allarme sicurezza: un grido nel vuoto se ancora oggi le Forze dell’Ordine e le istituzioni comunali non sono riuscite ad arginare i fenomeni delinquenziali ed elaborazione forme di monitoraggio. Perciò, Quindici ha intervistato l’avv. Maurizio Altomare, vicepresidente dell’Associazione Antiracket Antimafia (da settembre regionale), soffermandosi sui fenomeni delinquenziali più radicati a Molfetta e sulle possibili soluzioni da adottare. Avvocato Altomare, a settembre l’Associazione Antiracket Antimafia è divenuta regionale. Quali le motivazioni di questa trasformazione e gli obiettivi da raggiungere? «La trasformazione è stata necessaria perché, oltre che dalla Provincia di Bari, le richieste di aiuto e sostegno sono pervenute anche dalle altre provincie pugliesi e, in alcuni casi, anche da fuori regione. Tra l’altro, abbiamo anche introdotto la figura dello psicologo in regime di volontariato, proprio per garantire un sostegno morale alla vittima. Con il cambio di dimensione l’obiettivo è puntare su forti referenze per i singoli territori, in modo che Molfetta diventi il centro di controllo da cui poi, ad esempio, sviluppare corsi di formazione per i nostri referenti territoriali o creare una banca dati per i vari provvedimenti giudiziari accumulati». Quali sono le situazioni delinquenziali che affrontate quotidianamente? «Ci occupiamo di estorsione e usura, con o senza l’aggravante mafiosa. Nel campo estorsivo si va dalla richiesta del pizzo ad altre forme più insidiose e meno evidenti, come l’imposizione alle aziende dei fornitori di materiale, quest’ultimo di qualità scadente, ma di prezzo superiore. È questo un fenomeno a macchia di leopardo, mentre l’usura è presente in ogni città. Oggi, purtroppo, questo fenomeno ha raggiunto caratteristiche preoccupanti, perché la criminalità organizzata ha sostituito i vecchi cravattari, celandosi dietro la classica figura dell’usuraio che si rivela essere solo un prestanome». Sono questi due fenomeni delinquenziali radicati anche a Molfetta? «Fino ad oggi non abbiamo avuto segnalazioni di estorsioni. Tra l’altro, Molfetta non ha mai avuto un clan mafioso molfettese, ma solo famiglie che hanno vissuto nell’illegalità senza mai diventare cosche mafiose. Anzi, sono convinto che qualunque estorsore decidesse di venire a Molfetta sarebbe subito denunciato dagli imprenditori. Diversa è l’usura, avvertito come un fenomeno meno invasivo dell’estorsione perché è l’imprenditore che contatta l’usuraio. A Molfetta abbiamo riscontrato un incremento discreto dell’usura non solo nei confronti degli imprenditori, ma in parte anche dei privati per spese extra ordinem o per debiti di gioco. In passato, molti si rivolgevano all’associazione non per la denuncia, bensì per chiedere denaro con cui tappare i buchi dell’usuraio, considerato come un salvatore, non rendendosi conto di essere sue vittime». Oltre all’usura, avete riscontrato altri fenomeni delinquenziali a Molfetta? Si può parlare di allarme sicurezza a Molfetta tra incendi di auto, furti, rapine e scippi? «Sarò chiaro, sperando di non essere frainteso. A Molfetta non esiste un allarme criminalità, considerando la sua caratura demo-territoriale. Di certo, non si può stare tranquilli e sereni, anche per la presenza di zone urbane locali in cui si annidano sacche di disoccupazione, sottoccupazione o di scarsa aderenza alle regole comuni del vivere civile, che generano fenomeni criminali. Questa situazione è acuita dalla crisi economica attuale perché nella maggiorparte dei casi si tratta di persone che trovano in determinate attività delinquenziali, come furti in appartamenti, rapine e spaccio di stupefacenti, l’unico sostentamento. Inoltre, Molfetta è anche esposta all’esportazione di criminalità da alcune città del circondario, come Bitonto, Andria o Cerignola. Molfetta non è, però, il paradiso terrestre e ci sono dei fenomeni che devono essere controllati e ogni tanto le Forze dell’Ordine riescono a eseguire operazioni contro la criminalità, anche se per la microcriminalità le indagini sono molto più complesse». A questo punto, avvocato Altomare, quali potrebbero essere le misure attuabili, di fronte all’assopimento delle coscienze e al degrado socio-ambientale ed urbanistico della città? «Secondo alcune teorie, anche l’ambiente estetico condiziona i comportamenti del cittadino. Ad esempio, in una città sporca, il cittadino non avrà scrupoli a gettare la carta per terra, mentre lo stesso cittadino eviterà di farlo in una città pulita. Questo è vero anche per Molfetta. Non c’è dubbio che sia necessario rimettere ordine nel contesto urbanistico, ridisegnare la circolazione e rivedere le abitudini socio-ambientali. In particolare, è importante rianimare il rispetto delle regole, a partire dai livelli più alti fino ai cittadini». Senza dubbio, il mancato rispetto delle regole è ormai un leit motiv di Molfetta a ogni livello, soprattutto per il cosiddetto ambulantato diffuso. Infatti, sono stati costruiti i box della frutta, secondo le prescrizioni del Piano del Commercio, ma i fruttivendoli degli stessi continuano a invadere suolo pubblico con le varie cassette della frutta. E questo è uno dei problemi più sentiti dalla cittadinanza. «Questo è l’esempio più tipico del mancato rispetto delle regole. Non dimentichiamo che molti posteggi abusivi, sequestrati in diversi blitz da parte della Procura di Trani, sono stati poi legittimati a posteriori da parte della pubblica amministrazione. In questo modo il cittadino ha capito che può trasgredire la legge perché a posteriori ci sarà qualcuno che legalizzerà la situazione. Non solo, ma quei box ortofrutticoli, regalati a questi fruttivendoli, sono stati costruiti a spese dei contribuenti, tra cui i venditori in sede fissa che rispettano la normativa». In effetti, questi chioschi, che non rispettano le normative vigenti e potrebbero anche variare il Prgc di Molfetta come strutture di occupazione di suolo pubblico, dovrebbero essere anche abbattuti. «Teniamo presente che gli esiti di questa operazione sono molto complessi. Mettiamo da parte la questione rilevante dello spreco di denaro pubblico, perché con la demolizione dei box si sarebbero bruciati migliaia di euro, e fermiamoci su un aspetto alquanto pericoloso. Gli altri che sono in attesa del “regalo” hanno maturato un’aspettativa legittima per lo stesso trattamento. Domani come possiamo risolvere questa situazione? Non sarà facile prendere un’iniziativa in un senso o nell’altro, salvo che non intervengo qualcun altro dall’esterno per risolvere la situazione».

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