Anche a Molfetta lo scandalo delle tessere nel Pd: la denuncia del segretario Antonio Di Gioia che si dimette
Anche il Pd di Molfetta vittima delle tessere fantasma inserite ad insaputa del segretario del partito, Antonio Di Gioia che in seguito a questo episodio si è dimesso dal suo incarico. Mancava solo questo a una brutta campagna elettorale per le elezioni amministrative di giugno. La coraggiosa decisione di dimettersi è avvenuta nel corso dell’assemblea di partito durante la quale Di Gioia ha denunciato pubblicamente l’immissione di circa 300 tessere (286 per la precisione) a sua insaputa. La sera del 28 febbraio, data di scadenza del termine per il tesseramento del Partito Democratico, il segretario Antonio Di Gioia, unico autorizzato ad immettere nel sito del Pd i nomi dei nuovi tesserati, scopre la presenza di questi nominativi di iscritti non inseriti da lui. A questo punto, il giovane segretario fa la sua scelta, comunicata ufficialmente all’assemblea del partito. Di chi può essere la misteriosa manina che ha introdotto i nomi dei 300 tesserati arbitrariamente, non essendo autorizzato a farlo? Come mai questa password non è stata cambiata? Nessuno avrebbe potuto pensare a un gesto simile, oppure si è trattato di superficialità da parte degli stessi dirigenti di partito. Di Gioia non ha fatto nomi, ma i sospetti già giravano fra i dirigenti del partito. L’assemblea si era sciolta subito dopo, senza dibattito, mentre alcuni dirigenti ed iscritti avevano deciso di denunciare questo episodio ai dirigenti del partito anche a livello nazionale. Il giorno dopo i sospetti hanno avuto la loro conferma: le tessere fantasma sono state inserite dall’ex segretario Piero de Nicolo che ha affermato di averlo fatto in piena legittimità e con il consenso dello stesso Di Gioia. Risolto un giallo, se ne apre un altro. Chi ha ragione? Il segretario o l’ex segretario? Come mai De Nicolo aveva ancora la password per accedere al sistema? Insomma, il giallo continua, anche se la segreteria provinciale avvallerà e sanerà questa irregolarità, tant’è che ha inviato già il commissario Gianpiero De Nicolò (con l’accento sulla o, nomen omen) col compito di tentare un’impossibile unità. Oltre a questo scandalo nella relazione del segretario dimissionario c’è stata anche la constatazione da parte di Di Gioia della spaccatura interna al partito, fra quelli che volevano riconfermare la coalizione di centrosinistra vincente nel 2013 e quelli che invece premevano per aderire alla coalizione delle liste civiche di centrodestra, il famoso “ciambotto”, che aveva già designato come proprio leader l’ex sindaco Tommaso Minervini, già membro di Sel, il partito di Vendola. Altri dirigenti, come Pietro Capurso, intanto confermano la volontà di denunciare l’anomalia del tesseramento alle autorità provinciali, regionali e nazionali del partito. Insomma, tempi duri per De Nicolo. Questa vicenda si inserisce nella lotta interna al Pd fra i sostenitori di Matteo Renzi (il gruppo che fa capo al segretario Di Gioia) e quelli di Michele Emiliano (l’area di Piero de Nicolo). Ci si chiede, cosa farà ora Emiliano di fronte a questo pasticcio delle tessere? Come si spiega questo suo silenzio? Ora si aprono scenari veramente preoccupanti per la città di Molfetta che rischia di ripiombare negli anni bui della sua storia, anche recente, e compromettere le elezioni amministrative, nella quali non mancheranno ancora divisioni, scontri e il clima di odio che i cittadini pensavano di essere lasciati alle spalle. Il rischio è l’aumento della percentuale di astensionismo, che finirebbe, però, per avvantaggiare chi riesce ad organizzare e a manipolare i consensi. Un futuro a tinte fosche, che la città non merita.