Affonda il “Carmela madre”, salvo per miracolo l’equipaggio
Drammatica avventura di tre pescatori molfettesi
Momenti drammatici la mattina del 2 settembre sul porto di Molfetta. Verso le 10 alcuni passanti hanno notato dal lungomare, tra le onde a poche centinaia di metri dalla riva, tre persone aggrappate ad una tavola e hanno lanciato l’allarme. E’ subito partita la motovedetta CP 2047 della Capitaneria di Porto, mentre sono arrivate sulla banchina Seminario due ambulanze, carabinieri e vigili urbani. Il timore che fosse successo qualcosa ad un peschereccio molfettese, ha richiamato molte persone: marinai che erano rientrati a terra per le cattive condizioni del mare, pescivendoli del vicino mercato e gente di passaggio.
Ad aggravare la situazione è arrivata, qualche minuto dopo, la notizia del naufragio di un peschereccio di Manfredonia con la morte di un pescatore. Solo quando la motovedetta ha comunicato che il motopesca “Carmela madre” era affondato poche ore prima, ma che i tre membri dell’equipaggio erano salvi, è stato tirato un sospiro di sollievo. “L’importante è che gli uomini sono salvi”, hanno esclamato tutti.
I tre naufraghi Giuseppe Cappelluti, comandante, di 54 anni, il figlio Fiorenzo di 17 e il marinaio Francesco De Virgilio di 45, hanno così potuto raccontare la loro drammatica avventura.
Abbiamo assistito personalmente la loro drammatico racconto. La notte tra l’1 e 2 settembre, il secondo giorno di pesca dopo i 90 giorni del fermo bellico, il mare era calmo, anche se il bollettino meteorologico annunciava un peggioramento delle condizioni del mare. Nottetempo i pescherecci erano usciti per guadagnare qualche ora di pesca. Intorno alle 6, il mare ha cominciato ad ingrossarsi fino ad arrivare a forza 7. Il “Carmela madre”, di 16 metri, ha invertito così la rotta per rientrare a Molfetta, preceduto da un altro motopesca. Alle 8.15, a circa 1,5 miglia nord-ovest da Molfetta il peschereccio “Carmela madre”, stato colpito da due grosse onde di traverso, si è alzato a poppa. I marinai si sono ritrovati all’improvviso scaraventati in mare, mentre il comandante è rimasto in cabina, per cercare di governare la barca col timone.
Visti inutili tutti i tentativi, resosi conto della gravità della situazione e che la barca imbarcava acqua, il comandante Cappelluti ha deciso anch’egli di abbandonare lo scafo.
Poi i tre sono rimasti aggrappati al relitto che pian piano affondava, per poi aggrapparsi al passerella di legno che per fortuna non era rimasta legata alla barca e non è stata trascinata sul fondo. Per circa due ore i tre uomini sono rimasti in balia del mare trascinati verso Sud, fin quando sono stati avvistati da passanti sul lungomare di Molfetta. La sorte quindi, è stata favorevole ai tre pescatori grazie ad alcuni fattori: la passerella di legno non legata alla barca, la mite temperatura dell’acqua in questa stagione, ma anche la prontezza del comandante che con la forza della disperazione è riuscito a sfilare gli stivali pieni d’acqua dal figlio Fiorenzo, ormai sfinito.
Mentre i tre “miracolati” venivano curati dagli uomini del Ser nella Capitaneria, sulla banchina Seminario i pescatori commentavano la sciagura sottolineando che il fermo bellico ha causato un enorme danno economico, e quindi molte barche, per recuperare il mancato guadagno, sono costrette a rischiare più del dovuto.
Comunque tutto è bene ciò che finisce bene. Certo, la perdita di un peschereccio è un danno patrimoniale non indifferente, ma niente nei confronti della vita. E tutti i presenti hanno annuito quando un pescatore, volgendo lo sguardo a ponente ha detto: ”E’ stato un miracolo della Madonna dei Martiri alla vigilia della sua festa”.
F. d. R.